Amour fou

Amour fou

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Presentato nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2014 e ispirato al suicidio del poeta Henrich von Kleist, Amour fou è un rarefatto dramma sentimentale che conferma il talento singolare della cineasta viennese.

La crepa nel muro

Berlino, nel bel mezzo del Romanticismo. Il giovane poeta Heinrich cerca a più riprese di convincere la cugina Marie, a lui vicina, di affrontare insieme la morte, in un doppio suicidio. Malgrado l’insistenza di Heinrich, Marie prende le distanze da questo gesto estremo. Deluso dal rifiuto, Heinrich focalizza le sue attenzioni sulla giovane sposa Henriette, afflitta da un male incurabile… [sinossi]
E ora addio;
possa il cielo donarti una morte solo a metà così gioiosa
e indicibilmente serena come la mia.
Heinrich von Kleist – Lettera d’addio

Gradita ospite della sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2014, la viennese Jessica Hausner conferma con Amour fou di essere una cineasta interessante e singolare, sostenuta nel suo percorso artistico dalla collaborazione col direttore della fotografia Martin Gschlacht [1].
Certosino nella messa in scena, ma non ingessato, nonostante la rigida composizione geometrica delle inquadrature, Amour fou non è solo il ritratto di un amore impossibile in un interno, ma amplia virtualmente il proprio sguardo oltre le mura domestiche, tratteggiando attraverso le parole misurate e le staticità dei personaggi la fine di un’epoca e i limiti di una piccola borghesia ripiegata su se stessa. Siamo nel 1811, a pochi anni dalla Rivoluzione francese, poco prima di una Restaurazione che riuscirà solo a rallentare un processo irreversibile.

A scardinare la claustrofobica architettura filmica di Amour fou è la bizzarra relazione tra il giovane e tormentato scrittore e poeta Henrich e la riservata e modesta Henriette Vogel. La loro storia/non storia, passione/non passione, è come una crepa in un muro, inizialmente invisibile e via via irreparabile. Inabissato in una melanconia che lo rende un personaggio in perenne bilico tra simpatia e irritazione, Heinrich è un paradossale portatore di vita, di movimento, di apertura verso l’esterno. È Heinrich a liberare Henriette dalla sua torre d’avorio, da quel susseguirsi di quadri fissi, da duetti musicali che sembrano pennellati da svogliati pittori. Celata nella prima inquadratura dietro un vaso di fiori gialli, perennemente contornata da una tappezzeria soffocante, Henriette esce con e grazie a Heinrich all’aria aperta, riscopre il movimento, cammina tra i boschi, percorre in carrozza uno splendido viale alberato.
Costretta in circoscritte porzioni di interni, in una fissità che rinuncia ai già ridotti spazi scenici, Henriette è un’inconsapevole scheggia impazzita. Il suo emblematico microcosmo casalingo, in perfetto stile Biedermeier, non può più trattenerla. Non sono più sufficienti le composizioni floreali. E poco importa che il deus ex machina sia Henrich, che la malattia sia altro, che il dubbio continui a raggiungerla, a frenarla.

Coi trattenuti movimenti di macchina, i quadri fissi, i geometrici campi e controcampi, e persino coi limitati e superficiali accenni dei Vogel alla situazione politica e storica, Jessica Hausner riesce a comporre una vicenda sentimentale drammatica e al tempo stesso stemperata da una acuta ironia. La tragedia, invece, è tutta nell’ultima sequenza, nell’ultimo quadro fisso, con la figlia in primo piano e sullo sfondo, sfuocata, la famiglia borghese: un passaggio di consegne madre/figlia che prefigura il Congresso di Vienna, la Restaurazione, l’ottuso rifiuto dell’uguaglianza e della democrazia. E la condanna di una povera bambina che suona il piano e che canta, prima attrice di una rappresentazione funebre.

Note
1. La liaison artistica risale ai tempi del cortometraggio Flora (1995).
Info
Il sito ufficiale di Amour fou.
Amour fou sul sito del Festival di Cannes.
Il trailer originale di Amour fou.
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