Ghadi

Ghadi

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Un’opera prima spensierata e leggera che diverte e fa riflettere. Ghadi del libanese Amin Dora parla al cuore dello spettatore, gli regala sorrisi ed emozioni, ma anche una buona dose di morale a buon mercato. Un film sull’amore, sui rapporti familiari e sulla tolleranza. Presentato in concorso in Alice nella Città.

Un angelo caduto dal cielo

Nei dintorni di una città costiera libanese Leba, l’amato insegnante di musica, sposa Lara il suo amore di gioventù. Dopo aver avuto due splendide bambine, Yara e Sarah, nasce finalmente un maschietto. Crescendo, il bimbo passa la maggior parte del suo tempo alla finestra provando ad imitare i canti di suo padre, ma riuscendo solo ad emettere suoni indistinti che spaventano e disturbano i vicini. Non capendo il motivo di quei suoni insopportabili, la gente del paese inizia a soprannominarlo Ghadi (demone) e propone una petizione tra gli abitanti per far espellere il ragazzo e la sua famiglia dalla città. Leba non vuole accettare l’allontanamento del figlio e insieme ai suoi amici escogita un modo per far cambiare opinione ai suoi vicini. La loro soluzione sarà geniale e commovente. [sinossi]

Se non fosse per l’abbondante dose di morale a buon mercato che Amin Dora e lo sceneggiatore Georges Khabbaz disseminano tra le pagine dello script e per l’epilogo decisamente accomodante, un film come Ghadi potrebbe ambire a ben altri traguardi. Tuttavia si tratta di un peccato di gola che, al contrario di altre occasioni, ci sentiamo di perdonare vista la pregevolezza di quanto offerto dall’opera nella sua interezza, a cominciare dalle innumerevoli trovate drammaturgiche per finire con la regia eclettica e l’efficacissima prova corale del cast. Quella propinata dal regista e visual artist libanese è una morale che non suona come stucchevole, gratuita o esclusivamente mirata al compiacimento dello spettatore, ma è qualcosa che nell’economia dell’operazione si confonde nel messaggio che la pellicola trasmette attraverso il grande schermo.

Frizzante, spensierato e caratterizzato da quella leggerezza che non è sinonimo di superficialità, Ghadi è un film sull’amore, sui rapporti e i legami familiari, ma soprattutto sulla tolleranza e la capacità di accettare e rispettare l’altro. Il pregiudizio, la malattia e l’handicap diventano chiavi per aprire le porte della comprensione, della considerazione della condizione e del pensiero altrui, come opportunità per unire e non per separare. L’affetto immenso che il protagonista prova per suo figlio Ghadi e l’avventura folle nella quale si trova coinvolto per non vederselo portare via sono il baricentro del plot, ma anche lo strumento drammaturgico che guiderà ogni gesto e pensiero, comprese le bugie dette però a fin di bene. Temi logori nella loro universalità, questi, che gli autori riescono però a non fare scivolare nella ragnatela della banalità, poiché affrontati con attenzione e cura, senza che la retorica prenda il sopravvento sulla storia e sulle azioni dei singoli personaggi. Quest’ultimi nascono proprio dall’amore di coloro che li hanno concepiti, quel qualcosa in più che traspare dal disegno di ciascuno di loro, delle rispettive on line e che a giochi fatti si rivelerà il valore aggiunto.

Dal punto di vista narrativo, il racconto è caratterizzato da una sorprendente scorrevolezza che rende la fruizione piacevole e coinvolgente. Anche se ci mette qualche minuto di troppo a carburare (la parte di Leba da piccolo poteva essere asciugata), il dopo è una mitragliata di battute folgoranti e di situazioni al limite del paradossale che regalano sorrisi e spunti di riflessione. Il cambio di registro dà uno scossa decisiva al film, con il tono favolistico che si impossessa definitivamente del film proiettandolo al di sopra della sufficienza. Registicamente parlando, Dora dimostra di conoscere le armi del mestiere e di sapere dirigere gli attori. Ciò traspare in maniera cristallina e consente a Ghadi di spiccare il volo.

INFO
Ghadi sul sito di Alice nella Città.
Il sito ufficiale di Ghadi.
Ghadi su facebook.
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