Amnesia

Il regista francese Barbet Schroeder, con l’ultima fatica Amnesia, porta in Piazza Grande a Locarno un dramma intimo e sincero sulla memoria, sull’intima vergogna e sulla complessità della Storia, lucida riflessione sulle implicazioni psicologiche derivate dal nazionalsocialismo. Impreziosito da un magistrale cameo di Bruno Ganz.

(Sad) People from Ibiza

Ibiza, primi anni Novanta. Jo, musicista berlinese di 25 anni, sogna una notte da DJ all’Amnesia, centro della rivoluzione elettronica. Martha vive sola davanti al mare da quarant’anni. Una notte Jo bussa alla sua porta: la solitudine di questa donna lo intriga. I due diventano amici, ma i misteri che circondano Martha si moltiplicano… Trascinata da Jo nel mondo emergente della musica elettronica, Martha metterà in discussione le proprie certezze. [sinossi]

La Verità, quella assoluta, non esiste. Ognuno, semmai, ha la propria, filtrata dal proprio vissuto, dalle proprie esperienze, dai propri traumi. Dalle proprie amnesie. Barbet Schroeder presenta in Piazza Grande a Locarno – dopo una passerella cannense per pochi intimi – la sua ultima fatica Amnesia, film potente e ambizioso nel quale torna ai temi a lui cari dell’ambiguità della Storia e della distruzione delle certezze più granitiche. Nella vita di Martha, cittadina tedesca non ebrea fuggita dalla Germania quarant’anni prima a causa dell’orrore nazista, si sommano inquietudini e vergogna, ma non pare esserci spazio per il dubbio: è una donna ormai senza patria e senza lingua, viva eppur sperduta nella propria esistenza, in fuga da un passato – storico ancor più che personale – che la perseguita. Non è mai tornata in Germania, non ha mai più parlato tedesco, si finge una turista inglese e nasconde con cura le proprie origini, cristallizzando nella propria solitudine il senso di colpa di un intero Popolo. Ma rimangono, nella sua casa affacciata sul mare, quel vecchio violoncello e quella fotografia, come a ricordarle che da se stessi non si può fuggire. Siamo nell’Ibiza del 1990, fra immacolate case bianche non ancora raggiunte dalla corrente elettrica e scogliere a strapiombo sul mare. Sono gli anni della crescita esponenziale dell’isola spagnola, anni di musica elettronica e sedicenti DJ, anni di campionamenti e batterie elettroniche, anni nei quali l’Amnesia, leggendaria discoteca locale, diventa il fenomeno di costume che, al pari del Pacha, ancora oggi muove ogni estate frotte di giovani da tutta Europa. Ma sono anche gli anni immediatamente successivi alla caduta del Muro di Berlino, gli anni nei quali la Germania inizia a riprendersi, con la riscoperta della propria unità identitaria dopo anni di ostracismo e vergogna.

A partire da un titolo volutamente ambiguo e per molti versi fuorviante, l’ultima fatica di Schroeder – fotografata in un abbacinante 8K dallo storico collaboratore Luciano Tovoli – scandaglia la memoria, addentrandosi progressivamente nei fantasmi di Martha. Attraverso la sua amicizia con Jo, giovane ed entusiasta DJ tedesco che sogna l’esordio all’Amnesia, riemergono i ricordi della sua fuga in Svizzera durante il Reich, la sua amicizia con un violoncellista ebreo presto deportato, la sua decisione di tagliare i ponti con una nazionalità vissuta come marchio a fuoco di malvagità. Mentre il rapporto fra i due vibra come le onde sonore, da una parte il violoncello di Martha, dall’altra i loop di Jo, segno di una sorta di passaggio di consegne generazionale, le certezze di Martha su quella terra natìa abbandonata molti anni prima cominciano a vacillare. Perché la Storia è complessa, e generalizzare è sempre sbagliato. All’apice, l’incontro-scontro con il nonno di Jo, interpretato da un Bruno Ganz in stato di grazia, capace di entrare per pochi minuti e stravolgere come un uragano di emozioni l’intero film. Nel tono tremolante della sua voce e nello strazio delle sue lacrime trattenute a stento, appare tutta la distruzione di un uomo costretto a collaborare dalle SS, i suoi lunghi anni di rimpianti, ma d’altra parte la consapevolezza che fosse l’unico modo per salvarsi, mentre le sue vittime, da lui protette per lungo tempo prima di essere scoperte, sarebbero state comunque uccise. Una prospettiva completamente ribaltata, alla quale Martha non aveva mai pensato. Ed ecco che la sua costante fuga e la sua decisione di non tornare mai più in Germania appaiono all’improvviso come atti di codardia, rinuncia ad una Resistenza attiva, amnesia storica convogliata in direzione di una salvezza morale personale.

Film profondamente coraggioso nel tentare un approccio quasi inedito, e mai così lontano dalla retorica, alle scorie del nazismo, Amnesia segna il ritorno di Barbet Schroeder sull’isola di Ibiza quasi cinquant’anni dopo il suo esordio More. Ma se l’opera prima preferiva lasciare la memoria del nazionalsocialismo sullo sfondo, preferendo concentrarsi sul concetto di salvezza e sugli effetti devastanti dell’eroina, in questo lavoro è proprio il ricordo del reich il punto focale, il fulcro intorno al quale Schroeder costruisce la propria narrazione fatta di multilinguismo, dubbi e musica. Non sappiamo quanto ci sia di autobiografico nel film, ma è impossibile non pensare alla storia del settantaquattrenne regista francese nativo di Teheran, figlio di donna teutonica che, come Martha, ha avuto la possibilità di ripiegare a Zurigo durante l’ascesa di Hitler, condividendo forse con la protagonista gli stessi rimpianti. Quel che è certo, invece, è che Amnesia si rivela una piccola gemma nella filmografia di Barbet Schroeder, profonda nel cantare il dubbio e la memoria, ma al contempo mai dimentica del puro piacere di una narrazione che scorre ritmata come la musica. Perché la Verità, quella assoluta, non esiste, ed il buon Cinema è il miglior mezzo per metterla in dubbio.

Info
Il trailer di Amnesia.
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