Zoolander 2

Zoolander 2

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Tra alto e basso, teoria e coprolalia, Ben Stiller con Zoolander 2 travalica il demenziale per spingerci fino alle scaturigini della cultura pop.

Le freak c’est chic

Quando una catastrofe colpisce il “Centro Derek Zoolander per i Bambini Che Non Sanno Leggere Bene e Che Vogliono Imparare A Fare Anche Tante Altre Cose Buone”, Derek Zoolander e Hansel si ritirano a vita privata. Ricevuto un invito per un grande evento di moda nell’antica e misteriosa città di Roma, i due non resistono al richiamo del successo e fanno ritorno alla civiltà. Ma il mondo della moda è cambiato drasticamente. Dovranno lottare per trovare il loro posto e fermare un complotto mortale che mira a distruggere le speranze di far tornare l’alta moda al suo glorioso status. Solo Derek e Hansel hanno il potere di salvare la moda. [sinossi]

Cosa resta delle amabili vestigia di una top model, una volta raggiunta l’età pensionabile e perduta la sua “grande bellezza”? Non era certo possibile per Ben Stiller evitare di affrontare un tale interrogativo nel riportare sul grande schermo, a ben quindici anni di distanza dalla loro prima sortita, personaggi divenuti oramai iconici come il suo Derek Zoolander, l’etereo compagno di passerelle Hansel (Owen Wilson), il perfido Mugatu (Will Ferrell) e tutto il variegato carrozzone del mondo della moda. Nato in sordina (tiepida fu allora l’accoglienza del pubblico), ma cresciuto costantemente con il passare degli anni (sempre sia lodato l’home video), il mito di Zoolander (2001) nel suo esaltare e sbertucciare l’effimero, rivela paradossalmente radici ben solide ed ingredienti segreti di natura primigenia, in grado di scatenare crasse risate di pancia negli esemplari umani appartenenti a più di una generazione. E questo secondo capitolo, Zoolander 2, al tempo stesso spassoso e autoriflessivo, non esente da considerazioni teoriche e filosofiche (“Chi sono io?” è dopotutto qui un interrogativo centrale), conferma ancora una volta l’acume dell’attore e regista statunitense, perfettamente in grado di far precipitare nei suoi film elementi di ficcante satira sociale e considerazioni di varia natura, frutto di un’approfondita conoscenza dell’universo che va a raccontare. Tutte doti che ogni buon comico che si rispetti, deve possedere in abbondanza.

Non è un caso dunque che il suo film migliore, un capolavoro di teoria e comicità, sia ad oggi Tropic Thunder, tra le più convincenti ed esilaranti riflessioni sul sistema produttivo, linguistico e autocelebrativo della macchina dei sogni hollywoodiana. E che l’operazione Zoolander 2 potesse ambire ad una simile e avvolgente capacità di metafora, non era affatto scontato. Eppure il ritorno del top model in grado di fermare una lama rotante con la sola espressione del volto funziona, attivando sia ganasce ridanciane che materia grigia, rendendo dunque questa saga e i suoi protagonisti degni del culto che da oltre una decade li accompagna.

Il merito della riuscita è da attribuire a scelte azzardate e sorprendentemente vincenti, a partire dalla location prescelta, quella città eterna che forse non è la capitale europea della moda (più calzante sarebbe stata la scelta di Parigi o Milano), ma che per via dei suoi echi felliniani prima e sorrentiniani poi ben si presta ad accogliere un universo circense che è al tempo stesso splendente e decadente. Roma si rivela infatti impeccabile come sfondo “partecipante” per un’irriverente messa in scena di ciò che costituisce l’essenza stessa non solo della moda quanto piuttosto della cultura pop tutta, ovvero quel suo essere la mescolanza di due inconciliabili opposti: l’effimero e l’eterno.

Roma è pop dunque, ed è effimera, così come il mondo della moda e quello delle rock star, odierne o del passato; queste ultime condividono forse con i fotomodelli il segreto di un elisir di lunga vita, ma, e di questo il film ci erudisce, si distinguono per avere il dono dell’intelligenza. D’altronde il nostro Derek non ha mai brillato per attività cerebrale e non se ne è mai fatto un cruccio, anzi si è impegnato socialmente in tal senso fondando il “Centro Derek Zoolander per i Bambini Che Non Sanno Leggere Bene e Che Vogliono Imparare A Fare Anche Tante Altre Cose Buone”, il cui edificio a forma di libro, adagiato sulle rive dell’Hudson, crolla miseramente proprio all’inizio della pellicola, provocando la morte dell’amata moglie di Derek e la perdita della patria potestà sul piccolo Derek Jr. Risvegliato dal suo eremitaggio grazie all’arrivo di un postino-mercurio incarnato da Billy Zane, Derek Senior fa ritorno sulle passerelle, ma solo per finire dileggiato, con il sodale di un tempo, Hansel, sotto una pioggia di pre-scatologiche prugne secche. È dunque giunto per lui il tempo di rimettersi in pista, sincronizzarsi con la contemporaneità, recuperare la mimica facciale e, con essa, il figlio perduto. Ad affiancarlo nella missione ci penseranno la pettoruta agente dell’Interpol incarnata da Penelope Cruz e l’imperitura naïveté di Hansel, mentre l’avversario, non serve forse dirlo, è quello di un tempo: il riccioluto Mugatu.

Vero e proprio quid già del prototipo, fa sfoggio di sé in Zoolander 2 un’ipertrofica galleria di cammei che è, se possibile, ancora più nutrita che pria e, manco a dirlo, mescola, come l’intera pellicola, l’alto e il basso, il presente e il passato. Ecco dunque Justin Bieber e Sting, Katy Perry e Lenny Kravitz, gli anni ’80 dei Frankie Goes to Hollywood e la pervasività multipiattaforma della musica pop odierna. Tutto trova il suo posto, con una velocità fulminea e rocambolesca, sovvenzionata da una trama che apre all’action (il recupero del figlio perduto) e da una vetrina (ancora Roma) che consente epifanie di ogni genere.
In un film che si presenta già come un cult prima ancora di nascere, fanno inoltre la loro comparsa dei culti pagani, con buona pace del corrente Giubileo: le Terme di Caracalla (location resa iconica da La dolce vita prima e La grande bellezza dopo) nascondono, dietro un mosaico dalle fogge arditamente rimaneggiate, l’antro segreto predisposto per un sacrificio umano, mentre Adamo ed Eva nel paradiso terrestre sono accompagnati da un nuovo, mefistofelico, personaggio. Sacro e profano, paganità assortite e divinità vere o presunte regnano incontrastate in questo maelstrom a-temporale che tutto ingloba e fagocita, con un appetito onnivoro e omnidirezionale.

Non mancano naturalmente elementi di aggiornamento, certo necessari per un sequel che si rispetti, si va dalla comparsa in location improprie di un “taxi Uber” all’amarcord sui cellulari piccoli di un tempo, alle T-shirt istantanee adorne di un nuovo tormentone. Ponendosi quale apoteosi del demenziale, Zoolander 2 fa sfoggio poi, oltre che della già citata pioggia di prugne secche, anche di un eloquente “Palazzo di Caca”, tutto costruito con iperecologici escrementi. Inoltre, nella sua giocosa stanza delle torture, Mugatu si prodiga in una gustosa esegesi delle origini della pasta alla Puttanesca, mentre illustra le funzioni di un marchingegno spara spaghetti affiancato da un roseo maialino secerni-lardo. Due strumenti perfetti per una graffiante e ludica presa in giro degli elementi dell’italica cucina. Dei sofisticati calembour basati sulle imperiture canzoni dei Police risollevano un po’ il livello del discorso, per questa allegoria inarrestabile di alto e basso, teoria e coprolalia. Impossibile non cogliere poi, per noi, un interessante riferimento al dibattito in corso sulla legge per le unioni civili, quando ci viene presentata la statuaria top model Tutto, che non è un transessuale, ma qualcosa che va oltre, come ben indica il suo epiteto. Il personaggio ci veicola infatti quella che per ora, sfortunatamente, è ancora una magnifica utopia ma, secondo il film, in Italia è già realtà: la legalizzazione del matrimonio con se stessi.

Ecco dunque che emerge grazie alla costante autoreferenzialità di Zoolander 2, il segreto del suo successo: quello sfacciato relativismo di ogni cosa (dopotutto è la stupidità a salvare il mondo) quel suo essere aperto e tollerante (un freak show non può essere altrimenti) e riuscire al tempo stesso a veicolare una morale edificante (ancora la riconquista del figlio), senza mai risultare pedante o paternalistico. E questo è qualcosa che spesso, alla commedia nostrana (ma non solo), fa vistosamente difetto.

Info
Il sito ufficiale di Zoolander 2.
La pagina Facebook del film.
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