Baby Driver – Il genio della fuga

Baby Driver – Il genio della fuga

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Sintesi inedita tra action a quattro ruote e videoclip musicale, Baby Driver – Il genio della fuga dimostra tutta la dimestichezza e l’inventiva col cinema di genere di Wright ed è un prodotto perfetto del pop contemporaneo.

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Baby è un giovane e abilissimo talento del volante, costretto da un debito contratto con la persona sbagliata a partecipare a una serie di rapine. La sua peculiarità è trovare energia e ispirazione per le fughe in auto dalla musica, che lo accompagna in ogni inseguimento come nella gran parte dei momenti della sua vita. Quando il debito sta per estinguersi, tornare alla vita normale si rivela più complicato del previsto. [sinossi]

Edgar Wright è tra i registi più contemporanei del cinema contemporaneo. Una definizione che si giustifica alla luce di tre ragioni fondamentali. Prima di tutto, la capacità di cogliere alcuni elementi essenziali che contraddistinguono la nostra epoca e di saperli miscelare come componenti di storie originali per un pubblico ampio. Secondo, il suo amore per il cinema di genere e per alcuni cult più popolari non ha mai un gusto solo autoreferenziale, ma si esprime con generosità nei confronti di un pubblico sia giovane che giovanile. Terzo, i suoi film sono sfacciatamente postmoderni, costruiti per un’audience al contempo cinica e desiderosa di emozioni forti, ma anche ambiziosi sia per ritmi narrativi che per invenzioni stilistiche.

Baby Driver conferma e arricchisce di nuovi dettagli questo quadro generale, già delineato dalla sintesi tra action americano e british touch della Trilogia del Cornetto e raffinato dalle sinergie videoludiche di Scott Pilgrim. Alla base di Baby Driver c’è ancora una volta un perfetto mix di generi, stavolta costruito in maniera quasi geometrica per la capacità di giustapporne in maniera programmatica due in particolare: l’action a quattro ruote e il musical. Che gli inseguimenti nei film siano il frutto di perfette coreografie in cui le macchine corrono, si sfiorano e si colpiscono come in un balletto è cosa risaputa, ma mai qualcuno aveva trasformato l’idea in un gioco narrativo e visivo così esplicito.
Wright, grazie all’esperienza maturata nei videoclip della band inglese Mint Royale, decide proprio di realizzare un lungo video in cui il mondo si muove veloce al tempo di una playlist di un tardo adolescente con problemi di acufene. Come i migliori eroi della modernità (il riferimento più marcato è a The Driver di Walter Hill), anche Baby viene caratterizzato dalla trasformazione del proprio difetto in una forza che lo rende unico. Ma, al contrario di questi, non è un eroe solitario e asociale per scelta, ma per goffaggine e immaturità: una variante d’azione del nerd contemporaneo, ossessionato in maniera quasi maniacale da iPod, occhiali da sole e canzoni pop.

Il talento visivo di Wright riesce a rimodulare come le frequenze di una stazione radio questo meccanismo della “danza degli inseguimenti”, evitando grazie a una serie di ritmi, idee e situazioni diverse di renderlo ripetitivo sulla lunga distanza. A questo contribuiscono anche gli altri personaggi che si adattano con tenerezza o con violenza ai tempi e ai ruoli imposti dalle sue playlist: assassini romantici o psicopatici, figure paterne o padronali, donne protettive o romantiche. Tanto che, al contrario della ridondanza, forse l’unico vero difetto di Baby Driver è quello di non credere fino in fondo nelle potenzialità innovative del suo progetto musicale e di mescolarle talvolta con diluenti romantici, altre con schizzi pulp per non disperdere l’attenzione del pubblico più grande. Ma è anche vero che è un difetto che asseconda l’altra natura del film: quella di essere un perfetto prodotto pop contemporaneo, veloce, affabile e grintoso al pari di molti dei pezzi che si sentono nel film. Un’esecuzione capace di imprimersi ma anche di confondersi tra le tante canzoni dedicate a un/una Baby qualunque.

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Il trailer di Baby Driver – Il genio della fuga su Youtube.
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