The Chase

The Chase

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Opera terza del regista coreano Kim Hong-sun, The Chase è un atipico thriller venato di umorismo, melodramma e afflati sociali fatto di continui cambi di tono e di ghettizzazione degli anziani, di investigatori improbabili e di mense popolari, di inseguimenti e di brutali omicidi, di amorevoli cure e di verità atroci. Alla lunga, però, lo script finisce per perdere smalto e credibilità, tradendo parte delle sue potenzialità in soluzioni contraddittorie e in un plot twist forzato quanto prevedibile. Al Far East di Udine.

Papaveri da oppio

Il proprietario di un palazzo, novello Scrooge, è conosciuto da tutti per la sua avarizia. Quando alcuni inquilini muoiono in modo sospetto, un poliziotto in pensione lo avvicina raccontandogli di aver lavorato a un caso simile 30 anni prima senza però riuscire a risolverlo. La tirchieria dell’uno e il goffo eroismo dell’altro conferiscono a questa insolita coppia un’umanità che li rende irresistibili anche quando gli equilibri si spostano dalla commedia al dramma e al thriller… [sinossi]

In The Chase Shim Duk-soo è un anziano fabbro burbero e scontroso, proprietario di un intero blocco di case popolari nel modesto quartiere di Aridong. Apparentemente privo di compassione e avaro al punto che, anche di fronte al ritrovamento di un cadavere nel fiume, la sua prima e unica preoccupazione sarà il rischio di perdita di valore del terreno, gira per le strade in sella al suo motorino costantemente alla ricerca dei suoi crediti da recuperare, inviso a un’intera collettività che lo vede come una sorta di mostro senza cuore. Nel suo profondo, però, non riesce a essere crudele, e pur piombando ripetutamente nelle case dei suoi inquilini morosi mai ne ha messo uno solo alla porta o in mezzo alla strada, ma ha sempre aspettato anche invano tempi migliori, capendo le necessità di chi tenta in tutti i modi di elevarsi dalla sua condizione ma, in una società classista e ghettizzante come quella coreana, non ci riesce. A rendersi conto di questa sua bontà di fondo sembrano essere solo la giovane e bella Kim Ji-eun, che Shim nonostante le aperture alla cordialità di lei continuerà a chiamare semplicemente “Appartamento 205”, e la matura ma ancora piacente Bae Jong-ok, amore segreto e inconfessato di Shim sempre gentile nel dispensare sorrisi e toast caldi. Quando, dopo i ritrovamenti dei due anziani archiviati come incidenti o morti naturali, a morire apparentemente suicida sarà proprio il detective in pensione Choi, moroso di vecchia data che giusto la sera prima aveva parlato a Shim di come i due precedenti «omicidi» gli ricordassero il modus operandi di un serial killer mai catturato 30 anni prima, il vecchio fabbro e immobiliarista si vedrà irrompere di fronte Park Pyeong-dal, vecchio partner di Choi e perfetto stereotipo del detective cinematografico anni Settanta-Ottanta, impulsivo e sgargiante nel vestire, litigioso e violento, anch’egli ancora ossessionato dal vecchio caso. Insieme troveranno il primo cadavere di donna dopo le “esercitazioni” del killer con gli anziani, rendendosi conto di come nel frattempo Kim Ji-eun, la dolce e sorridente “Appartamento 205”, sia invece stata rapita dall’omicida. Uno conosce a menadito il profilo dell’assassino e il mestiere del poliziotto, l’altro conosce alla perfezione Aridong e l’intero vicinato, e da buon fabbro sa aprire ogni serratura ed entrare in ogni casa: la loro alleanza, fra false piste, intuizioni, spassosi inseguimenti “geriatrici” e meste ambulanze, sarà una corsa contro il tempo per risolvere il caso e salvare Ji-eun, che nel frattempo viene mostrata da qualche parte legata a un lettino, sottoposta a misteriose flebo.

Tratta dal web manga a firma del fumettista Jepigaru che già era stato trama di Aridong’s Last Cowboy, film-tv trasmesso nel 2014 dal network coreano KBS, l’opera terza del regista coreano Kim Hong-sun The Chase apre la mattinata dell’ultima giornata del Far East edizione 2018 configurandosi come un thriller che, sin dai primissimi minuti, avrebbe tutte le potenzialità per funzionare. Atipico nei suoi continui e vorticosi cambi di tono fra la più violenta brutalità, la commedia agrodolce e il melodramma, innervato di afflati politici e sociali su una senilità vista come un peso e diventata ormai sempre più ghettizzazione, isolamento e mancanza di rispetto da parte delle nuove leve, forte di almeno un protagonista, l’avaro Shim Duk-soo incarnato dalla fisicità strascicata e dal sapido umorismo del sempre bravo Baek Yun-Shik, che catalizza buona parte del film su di sé e sulla sua interpretazione, The Chase inizia facendo esattamente quello che ci si aspetta da un medio-buon thriller popolare, ovvero intrattiene e a tratti intriga costruendo personaggi ben caratterizzati anche nelle loro ambiguità, mentre lavora sulla suspense e sulla crescita della tensione portando il pubblico a partecipare attivamente all’indovina chi nei confronti dell’assassino, e nel frattempo alterna in maniera tutt’altro che stupida serio e faceto nella creazione di una “strana coppia” di investigatori sulle tracce di un pericoloso e spietato serial killer impunito da 30 anni che sembrerebbe aver ricominciato il suo giro di morte. Certo, i vari Park Chan-wook e Bong Jong-hoo della trilogia della Vendetta e di Memories of Murder, tanto per citare due caposaldi coreani del genere relativamente recenti e sicuramente tenuti a mente da Kim Hong-sun, restano a distanza di sicurezza per non dire siderale, ma The Chase, per lo meno fino al deragliare narrativo verso il quale andrà ostinatamente l’epilogo, fa il suo lavoro di onesto cinema popolare fra il ritmo bilanciato e la tenuta narrativa che rimane su un binario magari privo di particolari guizzi, ma per gran parte del suo scorrere procede salda e focalizzata. Ci sono inseguimenti e botte in testa, c’è una lunga lista di sospettati dalla quale depennare chi non può essere l’omicida, ci sono baby gang da inseguire e con le quali fare a pugni, c’è la donna dei toast che sotto il suo sorriso potrebbe nascondere qualsiasi segreto, c’è un guardiano notturno che mai ha nascosto il suo ossessionato odio quasi razzista nei confronti degli anziani, c’è un poliziotto non troppo sveglio che finirà per supportare dall’esterno l’indagine non ufficiale, e c’è pure un anziano dottore talmente innocuo e servizievole con la moglie malata e con i poveri per i quali fa volontariato da far sembrare la sua vita e la sua aria da «bravissimo uomo» (in questo senso, sembra avere fatto scuola l’Arthur Mitchell/Trinity della quarta stagione di Dexter) quasi una copertura, ma la sua unica “colpa” si rivelerà quella di coltivare papaveri da oppio per alleviare il dolore alla consorte. O per lo meno così pare, mentre il patinato Park Pyeong-dal, l’ex-poliziotto dalla «memoria prodigiosa» convinto della sua colpevolezza, viene trascinato via dagli infermieri che lo riportano al suo reparto ospedaliero e al suo morbo di Alzheimer.

Nella sua ultima sezione però, con almeno un paio di improbabili quanto paradossalmente prevedibili e telefonati plot twist che, fra chi ribalta il suo ruolo e chi si dimostra assurdamente indistruttibile nonostante ripetute coltellate e colpi di pistola, fanno scartare il film non solo dai binari della credibilità, ma proprio da quelli del suo senso e del suo genere, The Chase trasforma il suo potenziale in delusione, palesando all’improvviso tutti i difetti di scrittura nelle caratterizzazioni dei personaggi che vengono contraddette dai loro comportamenti passati e presenti, e dimenticandosi in un certo senso dalla stessa catena di omicidi che sta(va) alla base dell’indagine. Il film e l’atrocità del piano criminale sul quale si impernia diventano un qualcosa di diverso e di ben poco ragionevole, fatto di annientamento della volontà e di nervi distrutti, di vendette e di arresti, di disabilità fisica indotta «per far stare zitta la donna» e di mutismo per malattia, di fughe impossibili e di sbalestrate rese dei conti sotto la pioggia scrosciante mentre, nella folle motivazione che sta alla base dell’agire dell’assassino, la catena di omicidi diventa una sorta di orpello che perde qualsiasi tipo di utilità in favore della centralità del rapimento di Ji-eun, così simile a quello che si scoprirà subìto in passato, in quello che nient’altro è che un mero e prevedibile espediente narrativo, dalla “signora dei toast” Jong-ok della quale ancora adesso il killer e rapitore, sicuro di non essere riconosciuto in quanto tale e confuso nel resto della cittadinanza, è assiduo cliente. I tentativi della coppia di anziani e improvvisati detective, passati da colossali buchi nell’acqua e da progressive rivelazioni, da ripetuti colpi di scena e da sospetti (in)fondati, da porte forzate e da scontri sempre più violenti, convergono così verso un finale incoerente che sconfessa buona parte di quanto costruito in precedenza, cedendo alle sirene di un’imprevedibilità che si rivela invece la risposta più scontata, banale, resa “stramba” da uno scarto tematico per molti versi assimilabile a un tradimento nei confronti dei personaggi, della vicenda e del pubblico. Ed ecco che il rimbambito Park, il personaggio dalla scrittura più problematica nel continuo spostamento del suo ruolo nella memoria e nei ripetuti attacchi che subisce, diventa una sorta di Highlander dopo una vita da sostanziale vigliacco, ecco che Shim da burbero padrone di casa diventa un eroico salvatore un po’ moraleggiante, ecco che la trama e l’assassino scartano dai binari della credibilità inoltrandosi in un qualcosa di atroce eppure illogico, che nulla o quasi c’entra con gli omicidi degli anziani e delle giovani donne destinati a rimanere in sostanza senza movente. Peccato, perché di The Chase buone erano le premesse, discreto era lo sviluppo, funzionali erano gli attori e condivisibili erano gli spunti sociopolitici, fotografia di una Corea in cui non è semplice essere anziani. Un film, però, finisce solo quando scorrono i titoli di coda, non prima, e perché la sua onesta medietà non diventi mediocrità deve stare attento a non scivolare né prendere scorciatoie che facciano perdere la sua strada maestra. Caratteristica che, nell’intreccio messo in scena questa volta da Kim Hong-sun, parrebbe mancare. Ma, si spera, ci saranno altre occasioni in futuro per migliorarsi, aggiungendo al talento visivo del giovane regista e alla sua capacità di cambiare tono la necessaria coerenza di fondo per portare avanti lo stesso discorso fino alla fine.

Info
Il trailer di The Chase.
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