Scusate il ritardo

Scusate il ritardo

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Scusate il ritardo, il film che consacra definitivamente Massimo Troisi come nome di punta della commedia italiana dei primi anni Ottanta, riprende i punti fermi della poetica dell’autore napoletano: il rapporto con le radici culturali, l’indolenza nell’affrontare la vita, la disillusione. Nel mettere in scena l’amore e la crisi dell’amore tra il suo personaggio e quello interpretato da Giuliana De Sio, Troisi ragiona anche sulla crisi creativa, sulle difficoltà a realizzare un’opera seconda, a dare seguito a un percorso. Dopo aver esordito alla regia con il film “in trasferta” Ricomincio da tre, Massimo Troisi torna con Scusate il ritardo nella sua Napoli; ne viene fuori una commedia dimessa, non priva di angolature oscure, che sembra più una versione proletaria delle ansie borghesi di Woody Allen che una rilettura della commedia nazionale.

Il vantaggio del Cesena

Vincenzo è un disoccupato che non ha alcuna intenzione di modificare la propria posizione, dominato da un’indolenza assoluta. Circondato da familiari sempre indaffarati (la madre si occupa della casa, la sorella è sposata e ha una figlia, il fratello è un attore comico di successo), la sua nullafacenza appare ancora più evidente. La svolta potrebbe però giungere con l’incontro con Anna, una compagna di scuola della sorella di Vincenzo che il ragazzo conosce durante il funerale di un suo parente. [sinossi]

Napoli, si sa, è terra di grandi letterati e drammaturghi, da capostipiti quali Eduardo Scarpetta e Salvatore Di Giacomo agli esponenti della Nuova Drammaturgia Napoletana, Manlio Santanelli, Enzo Moscato e il compianto Annibale Ruccello – morto appena trentenne in uno spaventoso incidente d’auto –, fino alle esperienze di Gennaro Vitello e Antonio Neiwiller, e quindi al gruppo Falso Movimento creato da Mario Martone. Eppure, al di là dell’altissimo contributo culturale, nessuno dei citati ha avuto la capacità di sezionare e raccontare l’intimo umore di una città solare e umbratile a un tempo, con la medesima forza, arguzia e simpatia (da intendere nel senso etimologico del termine) dimostrata da Eduardo De Filippo nel teatro e Massimo Troisi dapprima sui palchi ma poi, e con maggior fortuna, dietro e davanti la macchina da presa. A ventisei anni dalla morte di Troisi, scomparso poco più che quarantenne nel giugno del 1994, Napoli non è riuscita a trovare un suo sostituto, e difficilmente sarà possibile trionfare in una simile cerca, in un’impresa così ardua. Lo stesso discorso lo si può ampliare all’intero spettro della commedia italiana, impossibilitata a trovare un degno erede di un cantore così dimesso, introverso e straripante a un tempo, comico eppur interiormente disperato, romantico nell’accezione più pura. Per quanto nella memoria collettiva nessun titolo possa probabilmente competere con Ricomincio da tre, che rinnovò con devastante potenza la prassi della commedia dell’epoca, per di più in un esordio sul grande schermo, in realtà è in Scusate il ritardo che Troisi dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio la portata autoriale, poetica e anche teorica del proprio sguardo. Non che questo abbia a che vedere con i temi che prendono corpo sullo schermo, e che sono sempre gli stessi, declinati in modo non troppo dissimile all’opera prima: l’inadeguatezza del vivere, l’indolenza assoluta del protagonista, che gravita a pochi passi dal nichilismo (più dichiarato che reale, ovviamente), l’incapacità e la scarsa voglia di trovare un proprio posto nel mondo che lo circonda. Ma se proprio queste qualità spingevano il personaggio di Troisi (Gaetano, in quel caso) in Ricomincio da tre ad abbandonare la terra natia per trasferirsi a Firenze e vivere dunque, nonostante tutto, da emigrante, in Scusate il ritardo Vincenzo – questo il nome del personaggio che interpreta il regista, anche sceneggiatore con la fida Anna Pavignano – è radicato a Napoli, e semmai vuole impedire che la donna di cui si è innamorato e con la quale ha intrapreso una relazione inevitabilmente in perenne stato di crisi lasci la città per andare/tornare a Perugia.

Scusate il ritardo è il secondo film per il cinema diretto dall’allora trentenne Massimo Troisi, e arriva a un paio di anni di distanza dall’esordio Ricomincio da tre, che con il suo clamoroso successo (oltre 15 miliardi di lire nel 1981) lanciò sulla ribalta nazionale il nome del giovane comico napoletano: quell’opera prima fu così devastante sotto il profilo dell’incasso che si trova ancora in sala quando Scusate il ritardo inizia la sua corsa al botteghino. In realtà è interessante notare come tra queste due sortite cinematografiche Troisi dirige un mediometraggio per la Rai, che va in onda durante una puntata speciale del programma trasmesso da Rai 3 Che fai… ridi?: si tratta di Morto Troisi, viva Troisi!, in cui con un approccio prossimo al macabro il regista e attore inscena il proprio funerale. Una scelta iconoclasta che spezza il vincolo tra servizio pubblico e spettatore, quel vincolo che prevede che la commedia debba essere priva di asperità e non turbare la quotidianità di chi da casa si sintonizza sui canali televisivi. In quel mediometraggio, di cui si è serbata poca memoria, nonostante la brevissima carriera di Troisi – appena sei lungometraggi, tra i quali anche il celeberrimo Il postino che risulta firmato dal solo Michael Radford –, si nasconde il senso intimo e profondo della sua esperienza attoriale e autoriale, alla ricerca di una dimensione dell’io che sappia contrastare con la vitalità esibita della cultura partenopea. Non è un caso se Troisi nel corso della sua carriera abbia spesso messo i suoi personaggi in conflitto, con il proprio spazio e il proprio tempo. Al contrario di molti suoi colleghi, predecessori, contemporanei e successivi, Troisi non ha alcun bisogno di accomodarsi nel bozzetto napoletano, né si perde nella restituzione pedissequa e imbalsamata dei cliché sulla città, e il suo temperamento. Con un approccio che ricorda quello alleniano nei confronti della Grande Mela, Troisi racconta Napoli attraverso gesti quotidiani, costruendo un mondo che deflagra nella costruzione degli interni, nella scelta del mobilio, nelle espressioni tra famigliari, e via discorrendo. L’epidermide partenopea è materia facile da gestire, ma Troisi scende in profondità, racconta le viscere di un personaggio e con esso anche di un popolo, eternamente insoddisfatto e sentimentale, fragile e ossuto.

Certo, Scusate il ritardo è dominato dall’incredibile vis comica di Troisi, che trova una volta di più (l’ultima) un perfetto contraltare nel personaggio interpretato da Lello Arena, qui impegnato nelle vesti dell’amico Tonino, depresso perché la sua fidanzata ha deciso di lasciarlo per mettersi con “uno svedese”. Ed è indubbio che lo spettatore che aveva affollato le sale in cui veniva programmato Ricomincio da tre si sia avvicinato a Scusate il ritardo per trovarvi all’interno la medesima comicità, la stessa ironia beffarda, lo stesso gusto per la battuta reiterata. Ma Troisi alza il tiro, e così il suo film – che racconta come già scritto della crisi di un giovane che non ha ancora capito, e forse mai lo farà, cosa vuole dalla vita – diventa anche una riflessione sui luoghi comuni con cui è stata raccontata Napoli, ma anche nei quali vive il sistema-cinema stesso. Perennemente battuta dalla pioggia, umida, per niente solare, la Napoli di Scusate il ritardo è una città che riflette in pieno le turbe interiori del protagonista della vicenda. E il film è anche un accorato studio, su se stesso, delle ansie e delle paturnie che accompagnano l’opera seconda, quella che deve testimoniare la reale capacità di un regista, dopo che l’esordio ha aperto il campo della discussione. Come il Nanni Moretti di Sogni d’oro (“è il mio film più bello”) anche Troisi ragiona su di sé, sul proprio modo di intendere il cinema, il racconto per immagini, lo studio della comicità. A suo modo intimorito, questo secondo film è ancora più struggente, intimo, sincero al di là di ogni cosa. Troisi non vuole solo sollazzare i suoi spettatori, vuole condividere con loro il suo mood, e Scusate il ritardo è anche una riflessione per niente banale sulla morte, la malattia, la perdita e la paura della stessa. Si apre, non a caso, su un funerale, e al suo interno Troisi si permette di inserire soluzioni narrative su cui di solito la commedia preferisce glissare, come ad esempio il tentativo di suicidio di Tonino. Non c’è reale soluzione alla vita e alle sue miserie, e non la si può pretendere da una commedia, se questa vuole essere davvero pura: e torna l’accostamento naturale tra Troisi e De Filippo, altro straordinario cantore di interni – Scusate il ritardo è un film chiuso negli appartamenti, nelle stanze da letto, un’atmosfera così soffocante che l’Anna splendidamente interpretata da Giuliana De Sio non può che cadere a terra svenuta. Nessuno ha raccolto l’eredità di Troisi, perché nessuno ha il coraggio per smentire fino in fondo i luoghi comuni e allo stesso tempo tenersi a distanza dall’iconoclastia fine a se stessa.

Info
Il trailer di Scusate il ritardo.

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