Spiritwalker

Spiritwalker

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Presentato al Trieste Science+Fiction Festival 2021, Spiritwalker di Yoon Jae-keun rielabora in salsa adrenalinica i salti da corpo a corpo alla Quantum Leap. La componente fantasy è ben gestita e non prende mai il sopravvento sull’intreccio da poliziesco action, sostenuto dalla consueta impeccabile fattura del cinema mainstream sudcoreano e da un cast di livello.

Fallen

Un uomo perde la memoria e si risveglia nel bel mezzo di un incidente in auto nel corpo di qualcuno che non riconosce, senza sapere di chi si tratti. Presto capisce che il suo spirito è bloccato in un altro corpo e ogni 12 ore si trasferisce in uno nuovo. Alla disperata ricerca di se stesso, incontra una donna che afferma di conoscerlo. Mentre il mistero s’infittisce, s’imbatte in un’organizzazione segreta che sembra dargli la caccia. Prima che sia troppo tardi, deve trovare il modo di ritornare nel suo corpo… [sinossi – sciencefictionfestival.org]

Questa volta non è colpa di Azazel o della fisica quantistica. I passaggi da un corpo all’altro del protagonista, al ritmo di svizzera precisione di due al giorno, dipendono da una nuova e potentissima droga. La pezza d’appoggio tra fantascienza e fantasy di Spiritwalker, via via spiegata con qualche dettaglio in più, in realtà non ha molta importanza: a contare davvero è l’apparato spettacolare che cavalca a ritmo tonitruante i continui face/off e la consueta perizia tecnico-artistica che sembra il minimo comun denominatore del mainstream sudcoreano – almeno per le produzioni che superano i confini nazionali tra festival, piattaforme, home video e distribuzione tradizionale.

Dietro alla patina levigatissima di Spiritwalker troviamo, non a caso, il produttore di The Gangster, The Cop and The Devil di Lee Won-tae e di The Secret Reunion di Jang Hun, ma potremmo persino risalire ad altri più che apprezzabili prodotti mainstream del cinema sudcoreano dei primi anni della nuova onda per fissare alcuni paletti: al di là del genere, visto che vale per i thriller ma anche per le commedie e tutto quel che segue, la base di partenza delle pellicole sudcoreane è sempre solidissima, casomai le crepe si possono individuare sul piano narrativo.
Paradossalmente e guardando al rovescio della medaglia, una sorta di déjà vu estetico\produttivo resta appiccicato al pur incolpevole Spiritwalker, al pari di molte (tante, troppe) produzioni hollywoodiane e sudcoreane. La perfezione stanca? No, ma è chiaro che qualche limite di forma c’è – non sempre i tentativi di mescolare le carte riescono, tipo The Villainess di Jung Byung-gil – e sarebbe interessante qualche cambio di rotta, almeno ogni tanto.

Il film di Jung ci permette di rimarcare per contrasto la tenuta narrativa di Spiritwalker nonostante il ritmo alquanto sostenuto e l’afflato da popcorn movie. La sceneggiatura di Yoon Jae-keun svela pian piano le proprie carte, assecondando la curiosità dello spettatore inizialmente spiazzato, ma senza eccessi caotici. La ricetta è infatti abbastanza semplice e lo script serve da collante, comunque non banale, al susseguirsi di cambi di corpo e volto. Più che apprezzabile, ad esempio, il meccanismo che leverà di torno, uno dopo l’altro, i vari cattivi (che a turno ospiteranno il protagonista).
La possessione dei corpi, tra l’altro, offre al protagonista ma soprattutto al film la fertile possibilità di sfruttare le potenzialità dei vari villain, facendo avanzare la storia grazie ad abilità che altrimenti rappresenterebbero una pietra tombale per il malcapitato (ma non sprovveduto…) Ian Kang. Efficaci le sequenze di combattimento, soprattutto il triello nell’appartamento, gli inseguimenti e un po’ meno le sparatorie – tanto alla fine le armi bianche spuntano sempre fuori. Come detto, l’intero cast è all’altezza del compito: sul piano attoriale, sul piano fisico e grazie anche alle lombrosiane facce da gangster che sono uno dei tanti plus valori del cinema sudcoreano.

Info
La scheda di Spiritwalker sul sito del Trieste S+F Festival 2021.

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