Daughters of Abdul-Rahman

Daughters of Abdul-Rahman

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Presentato al 43° Cairo International Film Festival, nel concorso internazionale, Daughters of Abdul-Rahman è l’esordio al lungometraggio per il regista giordano Zaid Abu Hamdan. Sfruttando l’espediente narrativo di una riunione di quattro sorelle, il film è una comedy of manners sulle contraddizioni della società giordana, dove il patriarcato gioca ancora un ruolo non secondario.

Jordanian Wedding

Quattro sorelle si ritrovano dopo anni, nella loro cittadina natale in Giordania. Due di queste vivono sempre lì, conducendo una vita morigerata secondo i dettami dell’interpretazione più rigida della sharia. Altre due sono scappate da quella vita e quel mondo, vivendo pienamente in stile occidentale. Il loro anziano padre scompare proprio prima che loro si ritrovino. Durante la sua ricerca emergeranno tutti i conflitti tra le diverse scelte di vita. [sinossi]

Il re si è incontrato con il comitato per i diritti umani per il relativo rapporto annuale del paese, la Giordania. Con questa notizia alla radio, che ha tutta l’aria di suonare ironica, si apre Daughters of Abdul-Rahman, esordio alla regia di un lungometraggio per il giordano Zaid Abu Hamdan, presentato nella competizione internazionale del 43° Cairo International Film Festival. Segue poi una notizia di un massacro di civili compiuto dall’esercito siriano, per inquadrare il contesto in cui si svolge i film. Un film tutto al femminile che vede protagoniste quattro sorelle che si ritrovano dopo tanto tempo, per vari motivi mentre incombe il matrimonio di una cugina, donne che rappresentano una società complessa, tesa tra tradizione e modernità. Due di queste conducono un’esistenza scialba, nell’osservanza rigida dei dettami religiosi più ortodossi. Zainab indossa il velo hijab, quello che copre solo i capelli; è una sarta, è zitella e vive, accudendolo, con l’anziano padre, vedovo, e con problemi di demenza senile. Viene scoperta dal padre indossare l’abito da sposa che sta confezionando, che rappresenta per lei il rimpianto per una vita diversa. Amaal è una donna sposata, apprensiva con i suoi figli, con un marito prevaricatore. Indossa, quando è in luoghi pubblici, il niqab, il velo integrale con solo una fessura per gli occhi. Samah ha sposato un uomo di successo e fa parte di un jet set dorato di Amman. Indossa abiti sexy, tacchi a spillo e non porta veli. Anche Khitam, la sorella più giovane, fa una vita agiata, a Dubai, pratica lo yoga ed è vegana. Anche lei ha la chioma, folta e riccia, scoperta.

Zaid Abu Hamdan costruisce un campionario di personaggi femminili, rappresentativi degli svariati ruoli che può avere la donna in un paese arabo. Il regista mette così in scena una comedy of manners sulla società giordana, e in generale panaraba, nella coesistenza di stili di vita agli antipodi, nella persistenza di un patriarcato difficile da estirpare da un lato, ma anche nella contemporanea presenza di sacche di modernità dove la donna è emancipata. Le due sorelle libere e ‘moderne’ si sono allontanate per vivere la loro vita, ma anche nei sobborghi dove si svolge il film tutto è mescolato. Una loro zia, per esempio, appare disinibita e aperta e trova disdicevole che Amaal porti il velo integrale. Zainab ha una cliente che vorrebbe una sottana più sexy, lei le propone di coprire di più il seno ma questa ribatte che a suo marito piace. E quando la donna velata totalmente, Amaal, incontra la donna disinibita, Khitam, le fa semplicemente i complimenti per l’acconciatura.

La scomparsa del padre sembra non essere poi così importante, è un segnale, come la luce della casa che non si accende, e funziona come un MacGuffin per innescare il meccanismo narrativo, per creare il conflitto drammaturgico tra modi differenti di concepire la femminilità nella società islamica. Il confronto tra le donne, il superamento delle iniziali barriere, porta a uno sviluppo e a una presa di coscienza da parte delle sorelle più morigerate. Il film non è neutrale, prende posizione contro la sottomissione femminile. Questo con l’episodio chiave in cui Amaal acquista coraggio e rivela che il marito sta per vendere come sposa la loro figlia quindicenne. Segue la missione per salvare la ragazzina delle quattro donne finalmente unite. Momento che segna la presa di coscienza, di coraggio e dignità, di Amaal che si toglie finalmente l’odioso velo integrale, e la solidarietà femminile e la riunificazione delle sorelle. La tradizione non è completamente da rifiutare, se non comporta soprusi o iniquità. Così le sorelle, stavolta tutte velate, si ritrovano in preghiera sulla tomba della madre.

Daughters of Abdul-Rahman è un film schematico, semplice, a tratti prevedibile, ma sentito. Ne è riprova l’entusiasmo con cui sono state accolte tutte le scene di riscatto femminile dal pubblico egiziano al Festival del Cairo.

Info
Daughters of Abdul-Rahman sul sito del Cairo Film Festival.

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