Broken View

Broken View

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Presentato in concorso alla 59° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Broken View del filmmaker e studioso belga Hannes Verhoustraete è un’opera che mescola immagini di repertorio relative al colonialismo e al precinema, per un forte ragionamento sull’etica delle immagini.

La forza delle immagini

Si parte dall’invenzione della lanterna magica, e da come questa sarebbe stata impiegata per “vendere” il progetto coloniale, non solo nel regno belga ma anche ai colonizzati stessi. Per quanto fragili, queste immagini di vetro sono giunte a migliaia fino a noi. Riccamente colorate a mano, corrotte, orribilmente affascinanti, sono la materia principale del film, insieme a diapositive, fotografie e filmati d’epoca, illustrando la tensione fra esperienza estetica e ricaduta dell’ideologia coloniale. L’autore tenta di mappare lo sguardo coloniale da una broken view, una veduta incrinata, analizzando come esso persista nel tempo e plasmi il nostro modo di vedere, di pensare e di parlare del passato. [sinossi]

C’è una connessione tra il colonialismo e il precinema? Ovvero tra una delle pagine più vergognose della storia e quella forma di intrattenimento borghese che ha portato alla settima arte, alla fabbrica dei sogni che tutti amiamo. È il discorso portato avanti in Broken View del filmmaker e studioso belga Hannes Verhoustraete, opera presentata in concorso alla 59° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Un film costituito prevalentemente da materiale di repertorio relativo all’occupazione coloniale belga del Congo e alle lanterne magiche, le fantasmagorie e tutti quei dispositivi che cercavano di rappresentare l’immagine in movimento. Hannes Verhoustraete dimostra il ruolo di propaganda delle nuove tecnologie di visione, per fornire una versione edulcorata, una vera e propria attrazione, di quella che era la sopraffazione europea in Africa, sia a un pubblico belga, sia ai colonizzati congolesi. Bastava infatti mostrare, a questi ultimi, immagini in movimento per generare in loro sentimenti di venerazione e di paura.

Possiamo visitare un castello medievale, ammirarne la bellezza e al contempo sapere che è stato edificato a suo tempo con il sangue di uomini ridotti in schiavitù, magari uccidendo gli operai meno efficienti a monito per tutti? Il discorso di Hannes Verhoustraete è similmente un ragionamento sull’etica delle immagini, dell’arte, della bellezza, su ciò che sta oltre la cornice dell’inquadratura. Dietro quelle fotografie colorate a mano di scene del Congo si cela una situazione di predominio rapace. Si può così mettere in cattiva luce l’origine stessa del cinema, della settima arte, usando la stessa come mezzo, con il cinema, documentario o di footage, in un cortocircuito. Broken View inizia e finisce con la stessa scena, quella, sempre da una ripresa d’epoca, dell’allestimento di un set coloniale, di una messa in scena. Un uomo bianco, col tipico copricapo, che poi è lo zio del regista che ha recuperato quel filmato, raduna gli abitanti di un villaggio e li mette in posa, ricreando quella estetica stereotipata della vita africana, con le immancabili donne che portano in testa pesanti orci, con i bambini forzatamente sorridenti.

Ragionare sui fuoricampo e sui profilmici delle visioni propagandistiche coloniali significa anche ragionare sull’immagine mancante. Tra una foto di indigeni laboriosi e sorridenti, felici di servire il padrone bianco, e l’altra, passa lo sterminio del re Leopoldo II, come segnalato dalla voce over. Ed è fondamentale il discorso sullo sguardo. Tante persone riprese, sia nel materiale di repertorio che in quello ripreso ex novo, guardano in camera. In alcuni momenti il regista compone due immagini nello stesso riquadro, raffiguranti l’una i belgi, l’altra i congolesi, nel tentativo di raffigurare uno sguardo reciproco, che è impossibile, un tabù. Così come gli europei non vedono la sofferenza degli indigeni africani, la loro schiavitù e lo sterminio, così i congolesi non vedono quella fetta della popolazione belga che pure soffre, il sottoproletariato, la gente dei quartieri poveri, i lavoratori umili come i minatori. Quest’ultima immagine è recuperata, avendo il footage relativo, da Hannes Verhoustraete nell’ultima parte del film.

Sergio Leone, dalle idee di sinistra, girò i suoi western, che tanto amiamo, nella Spagna franchista; Francis Ford Coppola, come si vede nel documentario Viaggio all’inferno di Fax Bahr, George Hickenlooper ed Eleanor Coppola, filmò Apocalypse Now nelle Filippine facendosi dare gli elicotteri militari dal dittatore Marcos. Sono due esempi di conflitto etico tra opera d’arte e modalità con cui è stata realizzata. Con Broken View la contrapposizione riguarda lo stesso sguardo cinematografico ancestrale.

Info
Broken View sul sito della Mostra di Pesaro.

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