Ranas
di Daniele Arca
Storia di un viaggio iniziatico, tra echi arcaici e mitologici e forma da action hollywoodiano, Ranas, cortometraggio di Daniele Arca, rivela un notevole polso sia nel ritmo narrativo, sia nell’intreccio tra fabula e simbolo. In concorso al Molo Film Fest di Roma.
Se la morte arriva così in fretta…
Lorenzo e “Gabbo”, due ragazzini delle medie che vivono a Carbonia, Sardegna, in occasione di un’eclissi solare decidono di intraprendere un cammino verso le montagne come gesto di coraggio. Lorenzo si porta appresso anche la pistola del padre, morto qualche tempo prima e che desidera disperatamente rivedere. Forse al termine di quel viaggio ci riuscirà. [sinossi]
Carbonia: nata in epoca fascista nei pressi di una miniera di carbone e divenuta nel corso dei decenni la città più abitata del Sulcis, la regione sud-occidentale della Sardegna, e una delle più popolose dell’intera isola. Qui, assieme alla madre, in una delle palazzine di pochi piani al margine della città, vive Lorenzo, orfano di padre. L’unico desiderio del ragazzo è di poterlo rivedere anche una sola volta, magari in sogno. Finché un giorno, a scuola, alla vigilia di un’eclisse di sole, una professoressa non spiega alla classe che, anticamente, questo fenomeno era celebrato come un momento di congiunzione tra i vivi e i morti, per il tramite di sacerdotesse salmodianti ma anche delle gesta di giovani coraggiosi. E così Lorenzo convince l’amico e compagno di scuola Gabbo a seguirlo in un viaggio sulle basse montagne lì nei pressi. Mentre la madre è distratta in una conversazione al telefono, ruba la pistola del padre dal ripostiglio e raggiunge l’amico, che nel frattempo gioca con le rane in riva al fiume e guarda passare le ragazze sul ponte sopra di lui.
Ranas, cortometraggio di Daniele Arca in concorso al Molo Film Fest di Roma, si apre con una veduta sulla città e la voce fuori campo del giovane protagonista in sardo-campidanese (come tutti i dialoghi del film), sono le parole che sta scrivendo sul suo diario: “Da quando sei sparito, tutto in questa città sembra uguale a prima. Ma non è possibile”. Poi scrive anche che la colpa della sua morte è delle donne, includendovi anche la madre. E così fra rabbia, frustrazione e cieche speranze, prende l’avvio quello che si presenta come un vero e proprio viaggio iniziatico, che vede protagonisti Lorenzo, il “cavaliere”, e il suo amico e compagno di classe Gabbo, a mo’ di “scudiero”, quasi costretto dal carisma dell’amico a seguirlo, ad attraversare simbolici ponti sul fiume e ad entrare in caverne dentro le quali le fiaccole si smorzano e il buio trionfa. Perché bisogna mostrare coraggio, trovare l’uscita.
Una fabula, quella ideata e messa in scena da Daniele Arca, che sembra ricalcare gli schemi desunti dal linguista e antropologo formalista Vladimir Propp nel suo studio sulla struttura narrativa. Abbiamo l’Eroe con la sua arma (la pistola), l’Aiutante (Gabbo), degli Antagonisti (due brutti ceffi sui trent’anni che li sorprendono in una casa vuota e in rovina) e una Ricompensa (rivedere il volto del padre). In tutto questo ci sono anche tre ragazze (un numero non a caso cerimoniale: tre le Moire o Parche, tre le sirene di Ulisse, e così via) che, dopo aver finito di chiacchierare fra loro di maschietti e di eventuali storielle, all’approssimarsi dell’eclisse si mettono a cantare in coro quella che sembra una formula magica di protezione per i due eroi in viaggio. Il loro canto è però anticipato dal gracidio delle rane che Gabbo si porta in tasca e che costituiscono il legame con la natura, il basso, il “comico” (come Le rane di Aristofane, in cui ironia e nostalgia del tragico si fondono). A ricordarci che, in fondo, i due eroi sono pur sempre dei ragazzini che giocano a fare gli uomini, del tutto impreparati a gestirne le conseguenze.
Un curioso e riuscito connubio tra mito, antropologia e action hollywoodiana (la pistola spianata in primissimo piano, lo sparo con stacco in ellissi), fra allusioni a rituali dal sapore arcaico e un senso dell’escalation ritmico-narrativa tutto contemporaneo, ma senza mai strafare: la regia di Arca rimane pulita, funzionale, evita tentazioni cinefile e rimane lucidamente ancorata al territorio e al suo giovane protagonista che, come un Icaro della periferia (in senso lato, esistenziale) decide di sfidare il sole per ritrovare il volto del Padre e, con esso, il suo posto nel mondo.
La pagina dedicata al Molo Film Festival sul sito del Caffè Letterario di Roma.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Ranas
- Paese/Anno: Italia | 2022
- Regia: Daniele Arca
- Sceneggiatura: Daniele Arca
- Fotografia: Pierfrancesco Carta, Simone Sarais
- Montaggio: Daniele Arca
- Interpreti: Adelaide Boero, Andrea Atzori, Clara Corda, Costanza Fadda, Daniela Musiu, Diego Cadeddu, Emma Fenu, Giovanni Pilia, Isabella Onano, Lorenzo D'Auria, Matteo Loglisci, Rita Pau
- Colonna sonora: Carloenrico Pinna
- Produzione: Società Umanitaria Cineteca Sarda
- Durata: 18'