Un prince

Un prince

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In concorso lungometraggi alla 23ª edizione del Festival Internacional de Cine de Las Palmas de Gran Canaria, Un prince è la quinta opera di Pierre Creton che racconta torbidi intrecci erotici gay con un approccio di distanziamento e con uno stile lezioso affidato a voci off dal sapore letterario, quando non con lo stile dei naturalisti descrittivi ottocenteschi.

Erba siamo, erba diventeremo

Pierre-Joseph è un giovane studente di orticoltura che entra in una scuola di giardinaggio. Lì incontra una serie di mentori che saranno fondamentali nel suo processo di apprendimento e nella scoperta della sua sessualità, che corre parallela alla scoperta dei segreti della botanica. [sinossi]

Una storia di passioni sessuali torbide ambientata nel mondo dell’orticoltura e raccontata come un trattato di botanica. Questa è l’eclettica operazione del cineasta francese Pierre Creton per il suo quinto film, Un prince, nel concorso lungometraggi alla 23ª edizione del Festival Internacional de Cine de Las Palmas de Gran Canaria, dopo la premiere alla scorsa Quinzaine des Cinéastes. L’approccio che solitamente è definito come lo sguardo da entomologo cede il passo allo sguardo di un botanico, i soggetti osservati non sono nemmeno come formiche da osservare con una lente bensì esseri inerti, scrutati nelle loro dinamiche fisiologiche, con un approccio di estrema lentezza. Il film è incentrato sul giovane Pierre-Joseph, studente di orticultura in Normandia, sembrerebbe negli anni Ottanta o poco oltre da alcuni riferimenti (Margaret Thatcher, il disastro di Bophal, mentre la citazione alla serie Il trono di spade alla fine certifica il passaggio del tempo), e sulle sue relazioni sessuali con il suo insegnante Alberto e con il suo datore di lavoro in vivaio Adrien. Pierre Creton compie un’operazione di distanza estrema rispetto all’oggetto della storia, mediante l’uso predominante di voci over. Si tratta dell’io narrante dei vari personaggi, che copre pressoché tutto il film, alle voci diegetiche sono riservati dialoghi insignificanti. Ma l’apice dello straniamento si raggiunge per il fatto che le voci extradiegetiche non sono quelle dei personaggi bensì di attori esterni, che non compaiono nel film, quali Mathieu Amalric, Françoise Lebrun e Grégory Gadebois.

Nelle sue memorie, Pierre-Joseph racconta delle sue scoperte botaniche così come delle sue esperienze sessuali, anche rese con crudi dettagli, descrizioni morfologiche dei peni come fossero quelle di un organismo vegetale, con lo stesso tono e con lo stesso spirito di osservazione scientifica. Tutto il film è dominato da un senso lezioso delle voci over, che oscilla tra uno spirito letterario e uno stile dei trattati naturalistici tassonomici, descrittivi ottocenteschi. Alberto, l’insegnante, conserva lo spirito di quegli scienziati di una volta, quelli delle esplorazioni e degli erbari. Viene scelto dalla direttrice della scuola per la sua erudizione, per la conoscenza tanto della letteratura quanto delle piante, e per la sua attività di esplorazione che lo ha portato a fare viaggi e conoscere l’umanità. La botanica è un momento di intersezione tra il sapere scientifico e l’arte, le piante, i fiori, le foglie sono modelli per disegni, tavole naturalistiche, mentre la classificazione delle piante su base genetica, come osserva il docente, ha una struttura come quella di una partizione musicale. La natura e la cultura sono i due poli cui oscilla il film. Ci sono interni lussuosi, quadri antichi, raffigurazioni medioevali, ma anche i bassi istinti, l’animalità, nella sessualità ma anche nei grugniti di un personaggio a tavola. La fisiologia degli organismi prevede la nutrizione, e Creton indugia sui pasti, sui piatti in primo piano, consumati fino ad arrivare alla ‘scarpetta’, per trarne fino all’ultimo la linfa vitale. Il regista usa un approccio botanico per perseguire il grado zero emotivo. I personaggi sono disposti come un giardino botanico, e la serra diventa metafora di un mondo asettico, isolato, ibernato oltre che teatro di incontri sessuali. Le illustrazioni botaniche nel film si mescolano sempre più con raffigurazioni pornografiche. E si arriva a quella scena grottesca del rapporto di Pierre-Joseph da maturo, interpretato dallo stesso Creton, e un uomo dai tanti peni come un’idra o come una radice tuberiforme. Senza scadere nel ridicolo, il regista sancisce così l’identificazione massima per il suo personaggio di sessualità e botanica. E nella natura del tutto rientra ovviamente anche la morte. Ci sono due scene di decesso nel film, rese come assolutamente naturali, quella dell’apicoltore che giace a terra accanto a una chiazza di miele che cola dall’apparecchiatura, e quella finale con il cadavere che si dissolve nell’erba. La natura funziona secondo cicli chiusi e la materia organica confluisce in quel mondo vegetale sulla cui metafora il film si costruisce.

Info
Un prince sul sito della Quinzaine.

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