A Quiet Place – Giorno 1

A Quiet Place – Giorno 1

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A Quiet Place – Giorno 1, prequel del dittico di John Krasinski, è un connubio non molto riuscito tra horror e mélo, in cui la tragedia personale di una donna oscura fin troppo lo scontro con gli spietati predatori che, questa volta, piombano su New York. Ottima l’interpretazione di Lupita Nyong’o, ma a rubare la scena a tutti è il gatto.

L’ultimo giorno della mia vita

Una donna gravemente malata di nome Sam si ritrova intrappolata a New York durante le prime fasi di un’invasione di creature aliene dotate di udito ultra sensibile. Con lei ci sono il suo gatto e Eric, un giovane uomo più terrorizzato di lei. [sinossi]

Non sono serviti i dieci minuti iniziali riguardanti il fatidico day one di A Quiet Place II (2020) per scongiurare la realizzazione di un prequel vero e proprio. Un prequel-spin-off, ad essere precisi. Il capostipite A Quiet Place prendeva le mosse in medias res in un mondo già distrutto, i cui pochi superstiti si nascondono terrorizzati da mostruosi predatori alieni ciechi dall’udito ipersviluppato. Ne derivava un film costruito sui silenzi e su forme di comunicazione alternative (il linguaggio dei segni, che comportava necessariamente l’uso di sottotitoli a schermo: cosa inusuale nel cinema americano). In qualche modo con A Quiet Place John Krasinski – attore e regista –, in coppia con la moglie Emily Blunt, riconduceva l’horror, pur senza troppa originalità, al suo grado zero: il silenzio e il grido, il buio, la paura. Il nascondino letale con il mostro. Con il secondo capitolo, meno organico e assai più prevedibile di quello precedente, la stessa squadra riprendeva esattamente dal finale del primo – più l’inserto di quei dieci minuti di antefatto – aggiungendo un tassello già superfluo a una saga provvista di una buona tensione, a tratti persino avvincente, ma dal fiato corto. Insomma, valeva la pena insistere? Probabilmente no. Ma, com’è noto, la tendenza dell’industria del cinema è da tempo quella del riavvio, del “ritorno sul luogo del delitto”, allo scopo di spremere fino alla fine l’idea che funziona, riproponendola ancora e ancora sotto una nuova, per quanto minima, prospettiva. Che nel caso di A Quiet Place – Giorno 1 è quella dell’apocalisse in diretta, affrontata da una donna già condannata a morte da un cancro all’ultimo stadio, ma che vuole, quantomeno, scegliere come morire. La gradazione si sposta perciò verso la tragedia personale, il dramma umano. A dar voce all’anima più intimista di questo nuovo episodio viene chiamato al timone Michael Sarnoski, giovane regista di Milwaukee, che ha diretto Nicolas Cage in un altro film di genere (in quel caso una sorta di action/revenge) sempre contaminato con il dramma, ovvero Pig – Il piano di Rob (Pig, 2021). Sarnoski scrive e dirige, mentre Krasinski, il creatore della saga, si limita a produrre. A differenza dei primi due film, prevalentemente rurali, Day One è ambientato interamente a New York, il che ha richiesto ovviamente un ricorso maggiore alla computer grafica: non solo si vedono molte più creature, che sfrecciano fra i tetti, si calano già dalle pareti, o infestano persino le gallerie della metropolitana, ma anche ponti che vengono fatti saltare dall’esercito, grattacieli devastati, strade deserte con vertiginosi punti di fuga prospettici che raccontano di un mondo alla fine dei suoi giorni. L’influenza di The Last of Us (tanto l’omonimo videogioco quanto la serie HBO), si sente forte e chiara. Queste scene di puro spettacolo visivo sono le più riuscite del film e, se non altro, faranno felici gli appassionati di scenari (post)apocalittici. Le peggiori, invece, sono quelle dialogate: troppe battute, sottovoce o meno che siano, che sssi vorrebbero struggenti e risultano invece banali, nonostante la splendida Lupita Nyong’o si impegni al massimo per conferire spessore e dignità al suo personaggio.

Si potrebbe forzare la lettura del film asserendo che i mostruosi alieni, in questo caso, stiano a rappresentare i demoni personali di questa donna, la sua lotta affinché la morte la trovi viva. Quello che ne scaturisce è una sorta di horror-mélo apocalittico, che in più di un’occasione scivola maldestramente nel patetico, il che non è esattamente un bene per un prodotto che dovrebbe in primo luogo suscitare brividi nel pubblico. In A Quiet Place – Giorno 1 le parentesi di tensione sono brevi, se paragonate ai lunghi intermezzi lacrimosi, durante i quali la malata terminale Sam si ritrova suo malgrado a prendersi cura di uno studente di legge originario del Kent soggetto ad attacchi di panico. A vegliare sui due sventurati, l’inseparabile gatto della donna, con la sua grazia felina e silenziosa, come uno spirito guida, un Maneki neko, il gatto della fortuna della cultura giapponese. Un gatto bellissimo e, verrebbe quasi da dire, bravissimo, che finisce per rubare la scena a tutti, al punto che viene da stimare più l’animal trainer che il regista/sceneggiatore… Sia chiaro, il connubio orrore-dramma non è certo vietato, qualche esempio è lì a dimostrarlo: basti pensare al meraviglioso Martin (1977) di George A Romero. Ma è una miscela a dir poco insidiosa e padroneggiarla non è alla portata di tutti. Infine, una nota involontariamente comica: nel capitolo precedente, Djimon Hounsou compariva nei panni di un personaggio buttato lì senza uno spessore né una storia. Qui ritorna, ma solo per fare da ponte all’episodio precedente: per il resto, il trattamento che gli viene riservato è il medesimo.

Info
A Quiet Place – Giorno 1, il trailer.

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