Intervista a Carlos Vargas
Nato nel 1986 in Colombia, Carlos Vargas inizia la carriera nel cinema lavorando a Berlino come direttore della fotografia e produttore. Negli ultimi sei anni, i suoi frequenti viaggi in Africa hanno alimentato la sua passione per le narrazioni alternative. Nel 2023 Melody of Love, regia di Edmundo Bejarano, film in cui ha lavorato sia come produttore che come direttore della fotografia, viene presentato al Tribeca. Esordisce anche nella regia ora con Era Oculta, il suo lungometraggio d’esordio, ambientato sullo sfondo vibrante di Maputo, Mozambico.
Abbiamo chiacchierato con Carlos Vargas in occasione della presentazione del film al Tribeca.
Puoi raccontarmi qualcosa di quando hai incontrato il pittore Phambi e dei motivi per i quali hai deciso di fare un film su di lui e sulla scena artistica di Maputo?
Carlos Vargas: La prima volta che ho incontrato Phampi, ho scoperto di avere un legame piuttosto forte con lui. Ricordo il primo giorno in cui ci siamo conosciuti, indossavamo esattamente gli stessi vestiti. Portava una maglietta nera esattamente come me. E pure gli occhiali erano gli stessi, del tipo che compreresti a un venditore ambulante per 5 dollari. Abbiamo capito che c’erano molte affinità e così ci siamo detti: «Iniziamo un progetto?», «Dai, iniziamolo!». A quel punto lui mi ha mostrato alcune foto dei suoi dipinti. Da uno dei suoi quadri, ho scoperto che aveva paura delle capre. Quel dipinto mi ricordava mio padre che veniva dalla campagna e, quando era bambino, si prendeva cura delle capre. Per me, è stata una connessione immediata con lui, volevo davvero creare qualcosa con lui, anche se in quel momento non avevo ancora bene in mente il soggetto. Inoltre, quando ero giovane, ero anche io un rastafariano; quindi, sono rimasto davvero stupito quando ho scoperto che a Maputo c’è un così grande movimento rastafariano. In un certo senso, ho incontrato me stesso quando avevo 17 anni, Phambi mi è parso come una sorta di alter ego. Ho pensato che fosse un punto di partenza per mettere insieme una storia. Un punto di svolta importante nell’intero progetto è avvenuto nel momento in cui ho incontrato Paula, Ednora e Ixon, figlio di Phambi. Le due donne mi hanno ispirato per il loro desiderio di essere indipendenti. Per loro lavorare come modelle serve per guadagnare abbastanza soldi da essere indipendenti e non aver bisogno di un uomo. La relazione con Phambi e Ixon mi ha fatto riflettere e mi ha dato un certo tipo di elementi per creare il film.
Perché hai deciso di iniziare il film con Phambi su questa grande ruota panoramica del luna park?
Carlos Vargas: Dal punto di vista concettuale, per me era molto importante mostrare un personaggio il più vicino possibile allo spettatore, per capire come si tratti solo di un essere umano che cerca di raccontarci una storia e che possiamo semplicemente concedergli uno spazio perché ci racconti qualcosa. Ed è anche un momento riflessivo sui suoi pensieri interiori. Phambi torna spesso in quel luna park, è un suo momento gioioso, ci mostra anche che è anche un po’ come un bambino che si diverte. In questi particolari momenti di gioia è importante godersi la vita, sono momenti in cui scopri l’ispirazione, diventi forte per superare le situazioni avverse nella vita. Questa è stata la ragione principale per mostrare la ruota. Ho avuto anche altre ispirazioni cinematografiche. Per esempio, dal film Che ora è laggiù? di Tsai Ming-liang, nel finale a Parigi. Mi piace molto perché mostra la relazione tra tempo e movimento. E questo è importante per me.
Perché il titolo Era Oculta (Hidden Era)? A cosa si riferisce?
Carlos Vargas: Indica la mancata percezione dal mondo esterno del Mozambico, o la mancanza di conoscenza delle persone su cosa sia realmente il Mozambico, o agli stereotipi che molte persone avranno di tutta l’Africa. Voglio svelare qualcosa che è in un certo senso molto speciale e segreto, e come creare un ponte tra questi personaggi meravigliosi e il resto del mondo. Il titolo indica che sveleremo qualcosa che, al momento, è ingiustamente sconosciuto, e che otterrà l’attenzione che merita.
Torniamo al concetto di libertà che appartiene a Phambi e alle due donne che lottano per l’emancipazione. Come hai detto questo tipo di società che racconti è diversa dalle idee che abbiamo sull’Africa, pensiamo che la donna sia sottomessa in tutte le società africane. Era un aspetto che volevi sottolineare?
Carlos Vargas: Sì, assolutamente. Per noi, nella riflessione e nel processo creativo del film, era molto importante semplicemente dichiarare una specie di stato mentale. Quello che ho percepito da loro, era questa voglia di essere liberi. Di essere la persona che volevano davvero essere, e di renderlo possibile nella realtà. Vedo Paola, Nora e Phambi, che sono, in realtà, ciò che stanno interpretando. E ci riescono. E penso che questo film li incoraggerà, probabilmente anche a credere, e anche a ispirare altre persone a non smettere di sognare. C’è la parte in cui il protagonista va dal suo maestro e gli chiede il segreto per diventare un artista importante, o come guadagnare soldi con l’arte. E non ottiene risposta, perché non c’è risposta. È come un miracolo che si può manifestare nel tempo. Io pure non ho una risposta a questo. Ma è ciò che ci fa continuare a sognare. E questo è davvero essere liberi, avere la libertà di realizzare ciò che sentiamo veramente e ciò che amiamo veramente.
A proposito del maestro, alcuni dipinti che si vedono nel suo atelier parlano di guerriglia. È un riferimento a qualcosa che succede nel Paese?
Carlos Vargas: Il maestro è un artista molto noto. È probabilmente il pittore contemporaneo più importante del Mozambico. È chiamato Butcheca. Sta toccando questo tipo di argomento. Non è così facile in Mozambico parlare di guerra. Ma ha scoperto che certi elementi, e in particolare i guerriglieri di cui parla, sono più nelle strade di Maputo. Questo non deriva dalla tradizione, ma riflette una certa realtà, ciò che accade all’interno della città. Lui crede che ci siano parecchi guerriglieri in città, che cercano di fare una specie di rappresentazione del guerriero eroe. È un pittore brillante. È davvero unico nel suo genere. Ha già vinto due Biennali in Africa. Ed è stato davvero il maestro di Phambi. Come ho detto, è molto difficile affrontare argomenti come la guerra. Non possiamo dimenticare che nel nord del Mozambico c’è una guerra, una guerra silenziosa. Perché hanno trovato un grande giacimento di gas che fa gola a diverse parti del mondo. L’arte sta creando questo ponte tra la società e gli artisti, aprendo modi per parlare di argomenti difficili. Questo è un altro esempio di quanto sia lontana l’arte mozambicana. Fino a quanto possano esprimersi alla società in questo senso, parlando di argomenti difficili, emancipazione, essere un artista, avere la dignità di artista.
Ci sono molti momenti nel film in cui Phambi viaggia con un suo dipinto. E viaggia su un furgone aperto. Metti sempre la mdp dentro il mezzo così come nella barca o in altre situazioni. Così la camera viaggia con lui. Perché questo stile?
Carlos Vargas: Torniamo alla domanda precedente. Riguarda molto quel senso di libertà, ma anche il ritmo del film. Poiché la camera si muove solo una volta durante tutto il film, proprio alla fine. Volevo o avevo bisogno di certi elementi che mi fornissero un po’ di azione e un po’ di ritmo. Volevo mostrare anche la città. Ci sono certi momenti in cui le angolazioni della camera non mostrano solo Phambi, ma anche lo skyline di Maputo. Questo riguarda non solo i furgoni ma anche le barche e le giostre del luna park. Tutte queste cose mi hanno dato di nuovo la possibilità di continuare con questo tipo di movimento attraverso il film. Il furgone non è il mezzo di trasporto principale a Maputo, è una situazione un po’ romanzata. Molti elementi del film li abbiamo fatti funzionare noi. Non tutti a Maputo possono permettersi di viaggiare da soli. Per me è anche un riferimento a certe opere di Apichatpong Weerasethakul. Io una volta viaggiavo così, sul retro di un furgone aperto, perché mio nonno ne aveva uno simile. E noi mangiavamo anche lì dentro, con 15 dei miei cugini. E quelli sono ricordi fantastici. Quindi si collega a una specie di libertà, a una specie di energia. Non è del tutto legale, è un po’ pericoloso ma è bellissimo. C’è tutto il vento. Si ha una bella sensazione.
Credo che la stessa sensazione di libertà sia espressa nella scena in cui il bambino fa volare l’aquilone. Confermi?
Carlos Vargas: Assolutamente. Ixon in quel momento sta rubando il ruolo da protagonista a Phambi. Tutti dicono che Phambi è un grande protagonista. Ma suo figlio è due volte meglio. Sta esprimendo non solo la libertà, ma anche il futuro. Il padre gli sta insegnando a non smettere di credere nell’arte. Per lui è davvero importante continuare a sognare. Gli aquiloni rappresentano questo stato. E il fatto che non hai bisogno di tante cose per divertirti. Loro giocavano davvero con molti aquiloni. Per me è stata una grande ispirazione.