Rough Cut

Rough Cut

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Nonostante la penna e la produzione del nume tutelare Kim Ki-duk, Rough Cut si allinea placidamente ai tanti gangster movie sudcoreani senza offrire particolari spunti di interesse. Più convincente nei suoi sviluppi puramente spettacolari piuttosto che nelle suggestioni teoriche, l’esordio di Hun Jang gioca sul contrasto tra il viziato e rissoso attore Su-ta e il magnetico malavitoso Gang-pae con le stesse dinamiche di tantissime altre pellicole.

Il pugile e la ballerina

Su-ta è un divo del cinema arrogante e aggressivo, che finisce sempre per interpretare ruoli da gangster. La sua tendenza a venire alle mani anche nella vita reale probabilmente è di aiuto alla sua fama, ma quando ferisce gravemente un altro attore sul set del suo nuovo film, scoppia la polemica e la produzione viene sospesa. Stranamente, nessuno degli attori disponibili vuole ricoprire il ruolo, ora vacante, di avversario. Gang-pae, nonostante la giovane età, è diventato il numero due sul ring della criminalità organizzata. Combattente dalla bravura innata, viene spesso chiamato a risolvere i problemi più spinosi della banda. Nel tempo libero, tuttavia, va spesso al cinema di nascosto, e quando si imbatte in Su-ta in un locale di divertimenti gli confessa di aver sempre desiderato di fare l’attore… [sinossi – catalogo Far East]

L’eccessivo rumore attorno al gangster movie Rough Cut è senza dubbio dovuto all’ingombrante presenza nei credit di Kim Ki-duk, cineasta che non necessità di presentazioni e che da alcuni anni – sostanzialmente dall’arido e manieristico L’arco (2005) – vive un periodo poco ispirato, una parabola discendente che preoccupa. La collaborazione alla sceneggiatura dell’opera prima di Hun Jang non è casuale, visto che il regista esordiente, e già al lavoro sul secondo lungometraggio, è stato aiuto regista per L’arco e assistente di produzione per La samaritana (2004) e Ferro 3 – La casa vuota (2004). Insomma, una gavetta di tutto rispetto.

Della poetica di Kim Ki-duk non vi è praticamente nulla. Rough Cut si allinea placidamente ai tanti gangster movie sudcoreani senza offrire particolari spunti di interesse. Nonostante la struttura metacinematografica, più convincente nei suoi sviluppi puramente spettacolari piuttosto che nelle suggestioni teoriche, l’esordio di Hun Jang, classe 1975, gioca sul contrasto tra il viziato e rissoso attore Su-ta (Kang Ji-hwan) e il magnetico malavitoso  Gang-pae (So Ji-seob) con le stesse dinamiche di tantissime altre pellicole: la “trovata” metalinguistica è sfruttata solo in maniera superficiale, consentendo ad esempio dei divertenti siparietti comici e un teorico maggior realismo nelle sequenze action metacinematografiche. Lo spazio dedicato al film nel film, infatti, rappresenta dal punto di vista del puro intrattenimento la parte più interessante e meglio scritta di Rough Cut: la differenza tra realtà e finzione emerge con una certa violenza nella sequenza del primo finto scontro tra il gangster e l’attore (ed è quindi interessante vedere come sia complesso non rimanere intrappolati nella dicotomia vero/falso) e ha una sua efficacia anche nell’ambigua sequenza dello stupro. Come già accennato, risultano assai godibili gli intermezzi comici, generati dal contrasto tra la paciosità del buffo regista e la naturale aggressività del gangster: si vedano i ciak ripetuti fino allo stremo delle forze, l’imprevista abilità nell’improvvisare di Gang-pae, gli imbarazzi della troupe.

Merita attenzione il giovane attore So Ji-seob, perfetto nel ruolo del gangster e volto da seguire nelle future performance – non ci si deve stupire, visto che la scuola sudcoreana ha sfornato negli ultimi dieci anni una serie impressionante di bravi e ottimi attori, da Jang Dong-kun a Song Kang-ho, passando per Hwang Jeong-min e via discorrendo. Valga lo stesso discorso per le scene di combattimento, in linea con la consueta spettacolarità e realismo dell’industria coreana, forse attualmente meno ispirata nei contenuti ma sempre ad altissimo livello dal punto di vista tecnico. In poche parole, Rough Cut ci è sembrato, nonostante la componente metacinematografica, uno dei tanti prodotti medi sudcoreani, appesantito da sottotrame alquanto sbrigative (le vicende professionali di Gang-pae malamente abbozzate e le due storie d’amore narrativamente superflue) e da uno sviluppo ampiamente prevedibile e meccanico (il parziale rovesciamento dei ruoli, il duello nel fango, l’escalation finale).

Info
La scheda di Rough Cut sul sito del Kofic.
Il trailer originale di Rough Cut.
La scheda di Rough Cut sul sito del Far East.
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