Cirkus Columbia

Cirkus Columbia

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Ambientato in un paesino bosniaco poco prima dello scoppio della guerra della ex Jugoslavia, Cirkus Columbia si muove non troppo agilmente sui toni della tragicommedia.

Bosnian Rhapsody

Jugoslavia, 1991. Divko Buntic è un farabutto. Torna nel paese d’origine dopo aver trascorso molti anni in Germania, seguito da un’attraente compagna e un gatto nero di nome Bonny. Con l’appoggio del sindaco, sfratta la ex moglie e il figlio Martin, occupa l’appartamento e comincia a tormentarli per tentare di mandarli via. Ma la guerra serbo-bosniaca-croata è alle porte e i rapporti tra compaesani stanno per cambiare. Così come Divko sta per dare una svolta alla sua vita… [sinossi]

La ventiduesima edizione del Trieste Film Festival si è aperta con un’anteprima di prestigio, quella del nuovo film di Danis Tanović. Il regista bosniaco, già candidato all’Oscar nel 2002 per No Man’s Land, autore poi del controverso Triage scelto un anno e mezzo fa per inaugurare il Festival di Roma, è ormai abituato ad avere i riflettori puntati addosso. Ma evidentemente non ha perso quel sense of humour che ne caratterizza tanto il carattere che le opere. Commentando la folla oceanica radunatasi di fronte al Teatro Miela, nella speranza di assistere all’anteprima serale del suo Cirkus Columbia, Tanovic ha pensato bene di introdurre la proiezione scherzandoci un po’ su: “Ero contento di vedere così tante persone in fila, nonostante la bora, ma temo anche che un’attesa al gelo talmente lunga e fastidiosa possa avere esiti nefasti, qualora il film non dovesse piacere. Potrebbe essere la fine della mia carriera!”.

Alla prova del nove, il pubblico triestino ha dimostrato di saper perdonare al cineasta la prolungata esposizione ai venti sferzanti e implacabili del golfo, tributandogli dopo la proiezione un sincero e poderoso applauso. Per quanto ci riguarda il giudizio complessivo su questa pellicola, che ripropone l’ossessione di Tanović per la guerra e per le conseguenze che può avere sulla gente comune, resta ambivalente. Da un lato l’abituale commistione di elementi tragici e di altri dichiaratamente paradossali, farseschi, assicura brio e originalità all’intreccio. Nel dipanarsi del racconto affiora però un’impressione, quella che l’idea della tragedia incombente, intrecciandosi con toni da commedia resi decisamente meglio, funzioni un po’ a scatti, lasciando troppo sullo sfondo il precipitare della situazione.
Difatti in Cirkus Columbia l’azione si colloca agli albori del conflitto nell’ex Yugoslavia, più precisamente nelle settimane che precedettero il drammatico coinvolgimento della popolazione bosniaca in eventi bellici, che avevano già insanguinato il confine tra Serbia e Croazia. Praticamente la quiete prima della tempesta. Con quel precario equilibrio tra vicini musulmani, serbi, croati, destinato a crollare come un castello di carte, nel microcosmo di un paesino bosniaco dove venti di intolleranza, corruzione e diffidenza reciproca hanno cominciato a far breccia tra famiglie abituate in qualche modo a convivere. Il fulcro di una narrazione complessa, corale, che dedica ampio spazio ai personaggi minori (col rischio, semmai, di spezzettare un po’ troppo il ritmo), resta ad ogni modo l’apparizione inquieta del tizio tornato in paese dalla Germania, con un mucchio di soldi guadagnati all’estero, la speranza di una vita migliore, una donna giovane e bella al suo fianco, ed il comprensibile disagio dovuto al modo in cui se ne era dovuto andare via; lasciando lì, per giunta, una ex moglie inviperita e il figlio, Martin, cresciuto senza particolari punti di riferimento. Come è facile immaginare, l’insediarsi in paese della strana coppia (l’esule arricchito e la bella forestiera) porterà non pochi attriti, generando gelosie, ripicche, piccoli incidenti tra cui la sparizione del magnifico gatto nero al quale Divko Buntic, il protagonista emigrato in Germania, si  dichiara affezionato in modo quasi morboso!

Ecco, a proposito del protagonista, è anche la performance intensa e brillante di un Miki Manojlovic magnetico come sempre a permettere che i tempi comici si fondano, almeno nelle scene migliori, con quell’impronta ansiogena destinata a propiziare l’escalation drammatica del finale. Ben concepito, insomma, un cast che vede anche la partecipazione della star internazionale Mira Furlan insieme ad altri attori slavi, più o meno giovani, la cui interazione sembra funzionare egregiamente. Tuttavia non sono poche le pellicole (da parte croata varrebbe la pena di ricordare almeno il vivace How the War Started on My Island, di Vinko Bresan) che, a ridosso dei vari conflitti susseguitisi nei Balcani, hanno insistito su una caratterizzazione tragicomica di tali episodi, atta a far emergere con feroce ironia l’insensatezza della guerra e delle rivalità etniche. Il rischio è quindi che la pur accattivante sarabanda allestita da Tanović risulti, infine, meno pungente di quanto vorrebbe essere.

Info
Il trailer di Cirkus Columbia.
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