L’effetto acquatico

L’effetto acquatico

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Tra personaggi bislacchi e situazioni assai originali, L’effetto acquatico procede agile e frizzante, grazie alla notevole leggerezza del tocco della regista Sólveig Anspach. Alla Quinzaine 2016.

Sì, nuotare

Samir, quarantenne gruista in un cantiere a Montreuil, si innamora a prima vista di Agathe, istruttrice di nuoto. Pur di poterle stare accanto si iscrive in piscina e in mancanza di un piano migliore chiede di essere un suo allievo, anche se sa perfettamente nuotare. Ma la sua bugia dura poco e Agathe detesta le bugie, e i bugiardi. Ma non finisce qui. Agathe è mandata in trasferta lavorativa in Islanda. A Saimir non resta che provare a raggiungerla.

Capita che i registi muoiano, lasciandoci dei film incompiuti che poi in qualche maniera e, soprattutto se la fase di lavorazione al momento del decesso era avanzata, riescono a vedere la luce dello schermo. É successo in passato per Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick, in questo ultimo anno per Non essere cattivo di Claudio Caligari. Suona strano, ma può capitare anche che l’autore, anzi l’autrice passata a miglior vita, sia una brillante realizzatrice di commedie, in grado di immaginare rocambolesche e tenere avventure, dipingere una galleria di personaggi grotteschi e vitali, dare libero sfogo a un’inventiva mai auto-compiaciuta né ruffiana. È toccato alla talentuosa regista islandese naturalizzata francese Sólveig Anspach, questa volta, non arrivare a vedere la fine del suo film, L’effetto acquatico, né poter godere della calorosa accoglienza che gli è stata tributata alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2016.

Terzo capitolo di una trilogia che comprende i precedenti Back Soon e Queen of Montreuil (visto alle Giornate degli autori di Venezia 2012), L’effetto acquatico inizia in pieno stile Nouvelle Vague, con la protagonista Agathe (Florence Loiret Caille) intenta in un colloquio di lavoro al bancone di un bar, con un tipo viscido che non esita a farle presente la natura all’occorrenza “intima” del posto in ballo. La reazione della donna è immediata, quasi pirotecnica e si chiude con la selezione di un brano iper-rockettaro sull’adiacente juke-box. La scena è stata seguita con un sornione interesse da Samir (Samir Guesmi), gruista in un cantiere di Montreuil. É lei la donna della sua vita, lo ha gà deciso. Non gli resta che rintracciarla e conquistarla. Una volta scoperto che fa l’istruttrice di nuoto, finge dunque di non saper nuotare e diventa suo allievo. Ma le bugie hanno le gambe corte, si sa.

Fin qui, è la prima parte del film, dove l’acqua innestata di cloro di una piscina comunale di Montreuil si fa conduttrice di un’attrazione crescente e palpabile tra i due personaggi, che sono contornati da un’umanità che va dai buffi inservienti della piscina a un’insegnante burbera dalla battuta pronta, e dove la regista trova il modo di tratteggiare con guizzi di comicità cristallina anche i personaggi di passaggio. La sua affezione nei confronti dei due protagonisti è totale, senza remore: impossibile per lo spettatore resistere al broncio e alle smorfiette di Agathe, così come ai sorrisi inebetiti di Samir (notevole la performance di Samir Guesmi, con una presenza scenica e fisiognomica che ne fa un incrocio tra Adam Sandler e John Turturro), e a quel suo costumino fluorescente con la palmetta, che ne fa sempre il centro del nostro sguardo. Questi due personaggi potrebbero portarci ovunque, e li seguiremmo lo stesso. E in effetti va proprio a finire così, perché quando le bugie di Samir vengono a galla tutto cambia ne L’effetto acquatico, ma non nelle direzione in cui ci porterebbe la classica rom-com americana. Agathe vola infatti verso l’Islanda, dove la attende un convegno di istruttori di nuoto e una nuova, ma altrettanto scoppiettante, serie di personaggi. Samir non può certo mancare all’appuntamento, anche se non sa che finirà per essere scambiato con il rappresentante israeliano della convention e si ritroverà a sponsorizzare un inesistente progetto “Together”, che prevede l’edificazione di una piscina per arabi e israeliani.

C’è un po’ di tutto ne L’effetto acquatico, dal romanticismo al doppio, dallo slapstick all’avventura on the road, dagli equivoci alla perdita di memoria, dal tepore intimo di una piscina agli spazi ampi della terra islandese. Questo procedere per accumulo però ben si accorda ai toni comici prescelti dalla Anspach che sono sempre all’insegna del non convenzionale, dell’irriverenza, dello scherzo talvolta anche crudele, ma senza mai perdere la tenerezza.
Con leggerezza nel tocco e spiccata sensibilità Sólveig Anspach innesta dunque il classico “boy meet girl” con una serie inesauribile di invenzioni, gioca con le ambientazioni, gli oggetti, gli abiti dei personaggi, li prende in giro senza mai farne delle macchiette, ricusa qualsiasi cliché. Tra ellissi e personaggi dati per scontati (in particolare quello di Didda Jónsdóttir, che tutti nella diegesi sembrano già conoscere), va detto che non tutto funziona alla perfezione ne L’effetto acquatico e la causa è da rintracciarsi probabilmente nella morte prematura della regista, ma in fondo importa davvero poco in questa fantasmagoria di situazioni e personaggi, che mette addosso una strana voglia di amare e nuotare, in maniera bizzarra, naturalmente.

Info
La pagina dedicata a L’effetto acquatico sulla pagina della Quinzaine.
  • l-effet-aquatique-2016-Sólveig-Anspach-01.jpg
  • l-effet-aquatique-2016-Sólveig-Anspach-02.jpg

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