Zoology

Presentato al Trieste Film Festival tra le Sorprese di genere, Zoology del regista russo Ivan I. Tverdovsky, è una storia surreale e allegorica, con echi kafkiani, sul riscatto sociale di una donna cui è improvvisamente cresciuta una voluminosa coda.

Essere secondo natura

Nataša, una donna di mezza età che lavora allo zoo, vive con la madre in una piccola cittadina di mare. Fa sempre le stesse cose e sembra che la vita ormai non abbia più alcuna sorpresa per lei, finché un giorno… le cresce una coda e la sua vita improvvisamente cambia. [sinossi]

Nataša, la protagonista di Zoology è una donna di mezza età, non avvenente, grassottella, che conduce un’esistenza mediocre. Lavora come impiegata in un ufficio dello zoo in una piccola cittadina di mare, occupandosi delle forniture di cibo per gli animali. Viene bullizzata dalle sue colleghe, vive con l’anziana madre e alcuni gatti. Zitella: di uomini neanche parlarne. La vediamo per la prima volta nel suo ufficio, la sua figura stagliarsi su uno sfondo algido, finché non cade svenuta all’improvviso. Cosa è successo? Un’intossicazione? Le perfide colleghe ironizzano sul fatto che non possa sicuramente trattarsi di un disturbo da gravidanza. In realtà alla donna è ‘semplicemente’ cresciuta una coda. I medici non si sbalordiscono più di tanto, nemmeno il radiologo che le fa le lastre. Nessuno pensa di trovarsi di fronte a una incredibile anomalia medica che vada subito studiata e pubblicata su qualche journal of medicine, o comunicata ai giornali per farne titoloni in prima pagina. La situazione è surreale e kafkiana. Anche tecnicamente il regista non si preoccupa più di tanto di rendere credibile il trucco. E paradossalmente questa nuova protuberanza, una mostruosità che dovrebbe rendere repellente una donna già bruttina, diventa al contrario uno strumento di riscatto nella sua vita, un’estroflessione carica di nuove potenzialità, finora inespresse. E proprio dal mostrare questo organo al medico, dal manifestare qualcosa che doveva essere tenuto nascosto per vergogna, che la protagonista riscopre se stessa, si accetta e si fa accettare dagli altri.

Nataša non è la donna scimmia di Ferreri da esibire in un baraccone. Basta un po’ di trucco, basta sistemarsi un attimo, nell’abbigliamento e nella pettinatura. Così, e qui è la vera metamorfosi, Nataša ci appare come improvvisamente piacente, i suoi inestetismi diventano delle gradevoli rotondità. La vediamo ammirarsi allo specchio, e la rimiriamo a nostra volta. E a quel punto anche l’avvenente dottore non può che capitolare e iniziare una passionaria relazione con la donna con la coda.

Tutto Zoology, come suggerito dal titolo stesso, si muove su un’assonanza e una specularità tra gli uomini e il mondo animale. La fauna umana che popola mondo di Nataša rappresenta un bestiario, un mondo di freak, di persone grasse, sgradevoli, brutte spesso anche interiormente. Tanti animali sono presenti o semplicemente evocati. I gatti a casa di Nataša, i topi che le colleghe mettono per scherzo nel suo cassetto, i cruciverba con la parola ‘ippopotami’, e naturalmente le belve dello zoo. Verso di queste Nataša prova un rapporto di empatia, le guarda e si fa guardare da loro. È proprio questa sua interconnessione con il mondo zoologico, testimoniata anche dalla sua metamorfosi, a salvare la donna dalla mediocrità, nell’accettazione istintiva di se stessa, per quello che è.
Film potenzialmente interessante se non fosse per le sue cadute di gusto, e nel trash. Quello che non funziona per Tverdovski è il voler essere anche “cronenberghiano”, come nella scena di sesso in cui il dottore ridicolmente pratica una fellatio all’appendice della compagna.

Info
Zoology, il trailer.
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