Corsa a Witch Mountain

Corsa a Witch Mountain

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Corsa a Witch Mountain sottolinea in maniera preoccupante la mediocrità di buona parte delle produzioni targate Disney, contraddistinte da una cronica mancanza di idee in fase produttiva e di scrittura.

Scalate discendenti

La difficile vita di Jack Bruno, un tassista di Las Vegas, viene ulteriormente complicata dall’incontro con due adolescenti in fuga, Sara e Seth, che un bel giorno saltano improvvisamente dentro al suo taxi. L’uomo si rende presto conto che i due passeggeri sono dotati di eccezionali poteri paranormali e che dovrà proteggerli da un’orda di spietati nemici… [sinossi]

Non ci aspettavamo poi molto da Corsa a Witch Mountain, produzione Disney rivolta al pubblico giovane, remake del già modesto e, almeno nel Bel Paese, poco conosciuto Incredibile viaggio verso l’ignoto (Escape to Witch Mountain, 1975), avventura con suggestioni sci-fi tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore statunitense Alexander Key. La nuova versione, affidata alla regia di Andy Fickman, autore del poco memorabile Cambio di gioco (2007) e probabile regista di Jonny Quest, annunciato per il 2010, ci offriva però l’interessante possibilità di mettere a confronto le produzioni live della Casa del Topo in due periodi temporalmente distanti ma assai simili nelle difficoltà artistiche. Passato a miglior vita il padre-padrone Walt, la Disney era qualitativamente sopravvissuta sul versante animazione fino all’esaurimento dei progetti già avviati dal suo fondatore, per poi ristagnare tristemente in produzioni catastrofiche o ostinatamente ripetitive (Taron e la pentola magica rappresenta, probabilmente il punto più basso, ma cosa dire di pellicole ampiamente sopravvalutate come La Bella e la Bestia, Aladdin, Il gobbo di Notre Dame, Atlantis: L’impero perduto e via discorrendo?), mentre sul versante live si era da tempo smarrita la freschezza di film come Pollyanna (1960) di David Swift o l’eccentricità di simpatiche pellicole come Il fantasma del pirata Barbanera (1968) di Robert Stevenson, finendo per spremere come limoni titoli di successo. La saga di Witch Mountain – il suddetto Incredibile viaggio verso l’ignoto, Ritorno dall’ignoto (1978) di John Hough e i televisivi Beyond Witch Mountain (1982) di Robert Day e La montagna della strega (1997) di Peter Rader – si arricchisce quindi di un nuovo capitolo, ennesimo segnale di un percorso produttivo che raramente si accosta al nuovo – rappresentano delle ammirevoli eccezioni, ad esempio, il poco fortunato The Black Hole (1979) di Gary Nelson e il sottostimato Tron (1982) di Steven Lisberger.

Il segnale assai negativo, purtroppo, è il livello davvero basso di  Corsa a Witch Mountain, remake che gioca tutte le sue carte su un cast interessante (Dwayne “The Rock” Johnson, la più che promettente AnnaSophia Robb, Carla Gugino e via discorrendo), su un ritmo incessante e su qualche effetto speciale, trasformando quella che doveva essere un’avventura fantastica di due ragazzini alieni in un film costruito su misura per il roccioso Dwayne Johnson, con tanto di spericolati inseguimenti, scazzottate, esplosioni e l’immancabile seducente scienziata. Il ritmo (troppo) blando di Incredibile viaggio verso l’ignoto si è trasformato con Corsa a Witch Mountain in un pirotecnico giro di giostra, narrativamente scollato e visivamente anonimo. Qualche simpatica battuta, l’apprezzabile autoironia di Johnson e la povera AnnaSophia Robb, che persino nel poco riuscito I segni del male (2007) aveva un ruolo ben più interessante, costretta a ripetere le stesse battute e a sgranare gli splendidi occhioni: tutto il resto, a partire dall’improbabile confronto finale tra “The Rock” e una sottospecie di Predator targato Disney, si posiziona persino sotto il fiacco capitolo originale. Non era facile.

Corsa a Witch Mountain sottolinea in maniera preoccupante la mediocrità di buona parte delle produzioni targate Disney (nel settore animazione è servita, con ottimi risultati, la “cura Lasseter”), contraddistinte da una cronica mancanza di idee in fase produttiva e di scrittura [1]. Pur considerando quelle che potevano essere le potenzialità di un’ennesima versione tratta dal dittico cartaceo Escape to witch mountain(1968) e Return from the witch mountain (1978) di Alexander Key, ci è veramente difficile non rimarcare la nostalgia per la Disney d’antan, per quel periodo d’oro in cui sperimentazione, elevato livello artistico e inventiva andavano a braccetto.

Molto meglio, rimanendo nel territorio dell’avventura fantasy/fantascientifica per ragazzi, recuperare il recente Ember – Il mistero della città di luce (2008) di Gil Kenan o, in versione tridimensionale, Viaggio al centro della Terra 3D (2008) di Eric Brevig.

Note
1. Si veda, per un costruttivo confronto, il lavoro di scrittura di Hayao Miyazaki per la serie Conan il ragazzo del futuro (1978), tratta da un altro romanzo di Alexander Key, l’interessante The incredible tide (1970).
Info
Il trailer ufficiale di Corsa a Witch Mountain.
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