Saw VI

Saw VI è lo stanco e inutile sequel di una saga che non entusiasmava nemmeno al suo primo vagito di vita. A dirigere Kevin Greutert, già montatore dei cinque precedenti capitoli delle avventure di Jigsaw, crudele e geniale orditore di trappole mortali.

E so’ sei…

Dopo la morte dell’Agente Speciale Strahm, tocca al Detective Hoffman sostituirlo nel piano di Jigsaw. L’FBI, proseguendo nelle sue indagini, costringerà però Hoffman a uscire allo scoperto e un suo passo falso metterà i federali nelle condizioni di risolvere il caso… [sinossi]

Sei film in sei anni: se qualcuno nutrisse ancora dubbi riguardo l’estetica seriale che domina, fin dal suo incipit, la saga dedicata all’enigmista Jigsaw, ai suoi adepti e alle vittime del suo crudele gioco al massacro, il dato appena menzionato dovrebbe bastare a fugare le perplessità una volta per tutte. L’appuntamento annuale con i beffardi quiz tesi a spingere alle estreme conseguenze l’attaccamento alla vita dei malcapitati finiti in trappola ha una data ben precisa (per il mercato statunitense, si intende, dove i capitoli escono regolarmente una settimana prima di Halloween: dalle nostre parti invece la distribuzione tende a piazzarli un po’ quando capita), e il pubblico si reca ad assistervi con la stessa modalità con la quale accende il televisore per seguire le evoluzioni del serial preferito.
Se qualcosa si è modificato, da un punto di vista produttivo, dal primo capitolo (Saw – L’enigmista, anno domini 2004), riguarda solo ed esclusivamente il budget a disposizione: in un crescendo continuo si è passati da un milione di dollari, cifra indicata per portare a termine Saw, agli undici necessari per terminare le riprese di questo Saw VI. La pratica sembra aver imboccato una strada oramai senza ritorno, se si considera che per Saw VII, progettato per la visione tridimensionale e atteso nelle sale oltreoceano, ça va sans dire, a fine ottobre, sono stati stanziati la bellezza di diciassette milioni di dollari. Non che la produzione si crucci di ciò, visto il consenso pressoché inalterato – per quanto calante, almeno a partire dal fatidico Saw IV, il primo dopo la dipartita di Jigsaw – e le sempre ottime vendite internazionali. A farne le spese è invece ovviamente l’impianto narrativo, anno dopo anno sempre più cervellotico quanto inconsistente per quel che concerne l’interesse in grado di risvegliare nello spettatore. E sì che il team di sceneggiatori sta facendo di tutto per mescolare le carte: in questo sesto capitolo si assiste a una girandola di eventi continua e incessante, tra piste diversificate da seguire (quella che conduce alla lotta dell’assicuratore William Easton contro l’enigmista; quella incentrata sulle peripezie del detective Hoffman; quella dell’agente Perez e delle sue indagini), dislocazioni temporali piuttosto libere che agitano gli eventi tra il presente in scena e una serie di flashback ad hoc che servono a riallacciare tutti e sei i film, e chi più ne ha più ne metta. Il caso clamoroso, e che dovrebbe palesare l’angoscioso arrampicarsi sugli specchi di Saw VI, sta proprio nell’improvviso ritorno in scena del personaggio dell’agente Lindsay Perez, che tutti avevano dato per morta ben due film fa. Forse neanche nella più scalcinata delle soap opera sarebbero stati in grado di architettare un coup de théâtre talmente raffazzonato da sfiorare il comico involontario.

A fronte di una narrazione così pretestuosa e incancrenita, c’è però da far notare come la messa in scena sia tra le migliori dell’intera saga: Kevin Greutert affronta il suo esordio dietro la macchina da presa con un entusiasmo notevole, aggirando le secche della trama grazie a un ritmo forsennato (non è certo un caso che Greutert si sia fatto le ossa montando tutti i precedenti cinque capitoli) che trasforma Saw VI letteralmente in una corsa sfrenata. Anche sotto il profilo del grand guignol non ci si può lamentare più di tanto, anche se le promesse lanciate nell’incipit del film (davvero truculento e d’impatto) vengono in gran parte smentite dal resto della pellicola: un’altra prerogativa, questa, di tutti i sei i film messi in piedi fino a oggi, e che contribuisce a pensare alle vicende dell’enigmista come a un prodotto televisivo, né più né meno. A nessuno è mai davvero interessato capire qual è il segreto di Jigsaw o quali motivazioni guidino i personaggi nel loro agire, né a maggior ragione ha presa sullo spettatore il risibile contenuto “morale” della vicenda: ciò che conta è la visione della mattanza. Come in operazioni analoghe, e tutte partorite dalle parti di Hollywood, non ha valore ciò che porta al raggiungimento dell’atto dell’omicidio, ma l’atto in sé. Un cinema puramente scopico, privo di profondità e sul quale varrebbe la pena soffermarsi solo con rapidità, per lasciar spazio a progetti che sul piano dell’orrore, del raccapriccio e del genere hanno molto più da dire.

Ma il mercato non guarda in faccia a nessuno, e così Saw VI, stanco e inutile sequel di una saga che non entusiasmava nemmeno al suo primo vagito di vita, trova spazio in ben 238 sale sparpagliate per il nostro paese, mentre i film di genere partoriti in Italia non riescono neanche a trovare la via della sala, e quando la trovano ne vengono espulsi con la velocità di una palla da cannone (vedere per credere il caso di Federico Zampaglione e del suo ottimo Shadow, andato incontro a un vero e proprio omicidio preterintezionale da parte della distribuzione e degli esercenti). Un sistema malato e privo di morale… che serva una lezione di Jigsaw?

Info
Il trailer di Saw VI.
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