La belle endormie

La belle endormie

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La dimostrazione che la Breillat possiede la rara capacità, alla De Oliveira, di rappresentare il sentimento e i suoi più acerbi umori attraverso lancinanti tableaux vivants in cui perdersi irrimediabilmente. La belle endormie è stato presentato nella sezione Orizzonti di Venezia 2010.

La sottile crudeltà delle fiabe

In un Castello da qualche parte in un passato lontano. La fata Carabosse taglia il cordone ombelicale di una neonata, una bambina di nome Anastasia. 3 giovani fate sorgono all’improvviso, le guance rosse per quanto hanno corso…Troppo tardi, dice Carabosse, all’età di 16 anni la ragazza si trafiggerà la mano e morirà. Le giovani fate scoppiano a piangere! Il loro ritardo non può avere questa conseguenza! Ora bisogna scongiurare questo malefico presagio…Al massimo possono predire che invece di morire Anastasia dormirà per 100 anni…. [sinossi]

Che autrice, Catherine Breillat! Ora maga di illusioni, di viaggi delle mente, di stupide paranoie e di incubi adolescenziali, prima semplice cinema viscerale, da continuo ed elettrico scambio di corpi, di liquidi, di sangue che si rapprende sullo schermo. Comunque sia, non c’è dubbio alcuno sull’appartenenza di questa sua ultima opera La belle endormie (e di quella precedente Barbe Bleu) nel percorso autoriale della regista stessa: appare chiarissimo che questi ultimi due siano tasselli volti a indagare, come molto spesso avvenuto nella sua carriera (casi emblematici sono L’adolescente e A mia sorella), l’età di passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza.

Dopo i corpi dunque le fiabe in un meraviglioso viaggio filmico che la regista francese di Romance e Pornocrazia ha intrapreso già con la sua precedente opera, il magnifico Barbe Bleu presentato al Festival di Berlino nel 2009: anche qui, come Barbablù – tratto da una figura popolare realmente esistita (Gilles de Rais, compagno d’armi di Giovanna d’Arco e tristemente celebre come assassino di giovani ragazze) che aveva già ispirato un racconto di George Bataille – la Breillat si lascia trasportare da una fiaba resa celebre nella versione di Charles Perrault, La bella addormentata nel bosco. Ma anche qui, come nel suo film precedente, non si tratta di una semplice trasposizione della fiaba al cinema: la magia che si sviluppa dalla storia fiabesca si intreccia in maniera indissolubile con la realtà, puntando l’interesse su quello strano fenomeno d’immedesimazione che può coglierti in tenera età una volta entrati a contatto col fantastico (Barbe Bleu) oppure sull’incapacità del bambino di riconoscersi in quanto tale, e soprattutto di non riconoscere in quale mondo si trova.

La sostanziale differenza tra le due pellicole fiabesche è tutta qui: nella prima la fiaba era una storia che due bambine si raccontano, invece ne La belle endormie è la bambina protagonista stessa che, non comprendendo ancora in che mondo si trovi, ne realizza e ne popola uno con la sua fantasia. Ecco perché la piccola protagonista del film appare sempre fuori tempo, quasi fosse appunto in procinto di un qualcosa di importante, o di fondamentale (nascere, probabilmente…). Ecco allora che La bella addormentata nel bosco diventa il luogo di una nascita, una venuta al mondo che parte dalla cenere e da un amore, che con la propria forza rivoluzionaria, ha il potere di mandarti in un’altra dimensione. Il dolce e tenero universo sospeso della Breillat, qui forse meno sicuro che nella sua precedente opera come fosse alle prese con un discorso più ingombrante (la vita) rispetto a prima, attinge a piene mani anche da un’altra favola, La regina delle nevi del danese Hans Christian Andersen, adattando qui e là alcune delle sue (sette) sezioni in cui è composta. Non proprio un miscuglio riuscitissimo, eppure è la dimostrazione che la Breillat possiede la rara capacità, alla De Oliveira per intenderci, di rappresentare il sentimento e i suoi più acerbi umori attraverso lancinanti tableaux vivants in cui perdersi irrimediabilmente…

Info
Il trailer de La belle endormie.

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