Guest

José Luis Guerin scrive con il suo obiettivo un taccuino di viaggio sul quale registra passaggi di spazio e di tempo, l’incrocio di sguardi e di storie, il percorso di un cineasta viaggiatore. Guest è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2010 nella sezione Orizzonti.

Il mistero Guerin

José Luis Guerin decide per un anno di non rifiutare neppure un solo invito a festival e rassegne che gli arrivano da tutto il mondo. Prende con sé un camera compatta e si mette in viaggio incontrando luoghi e persone da ospite. Da Venezia a Venezia, passando per l’Argentina, la Cina, il Perù Cuba e latri luoghi disparati, Guerin scrive con il suo obiettivo un taccuino di viaggio sul quale registra passaggi di spazio e di tempo, l’incrocio di sguardi e di storie, il percorso di un cineasta viaggiatore… [sinossi]

Il ritorno a Venezia non poteva essere più dolce. L’inizio di questa breve storia è alla Mostra del Cinema, anno 2007. José Luis Guerin è selezionato in Concorso con il suo lungometraggio di finzione En la ciudad de Sylvia. Con sé, come suo solito, il filmmaker catalano porta una piccola videocamera digitale compatta. E riprende. Non sempre, non tutto. Il cinema di Guerin si alimenta di ossessioni private, di appunti scritti, disegnati, filmati, di storie raccontate più d’una volta, di volti e di parole, poche; più d’ogni altra cosa di tempo trascorso in osservazione e in ascolto.
Guest ritaglia e incolla alcuni dei molti, troppi frammenti di un viaggio lungo un anno. Fino a quando Guerin, trecentosessantacinque giorni dopo quel primo passaggio, è di nuovo in Italia, stavolta per fare il giurato.
Già scrivere di cinema usando parole, componendo tentativi per lo più meschini di ricomporre il senso di una visione che non è mai presente, che non è mai simultanea alla scrittura, non è impresa da nulla. Figuriamoci poi dover ricostruire in un discorso conciso i mille rivoli iridescenti di un notes scritto per immagini in movimento zeppo d’idee, di volti, di suggestioni e di racconti.

Iniziamo col dire che, come ogni grande maestro, Guerin si ripete cambiando, tentando soluzioni e percorsi nuovi. Come mai nei film precedenti, l’incontro e la relazione con i personaggi scelti casualmente lungo la strada va oltre la prima ispirazione, il bozzetto, lo schizzo. Certo, ci sono i retroscena della Mostra veneziana, c’è l’incontro con il padre (putativo) Mekas e lo scambio con l’arcigna zia (parentela inventata dal sottoscritto e non scelta dall’interessato) Chantal Akerman, le inquadrature abitate da ombre e da squarci di città vuoti, pezzi di orizzonte dove il cielo schiaccia la terra: ma per una volta – la prima – sui ritratti e sulle mappe, sugli schizzi e sugli appunti hanno la meglio i volti e i corpi delle persone che Guerin incontra e registra. Non si tratta solo della ricerca di nuove illuminazioni per film futuri, di un vezzoso notes audiovisivo che tenga in sé la cronaca d’un avventura. Guest è, anche e soprattutto, un minuzioso blocco d’appunti sul quale il filmmaker annota l’andamento della sua nuova ricerca, quella in cui il regista allarga i margini dell’inquadratura, sposta se stesso in relazione alle persone che riprende per verificare qual è e cosa significa la distanza che lo distingue e separa dai suoi personaggi.
Pochi come José Luis Guerin hanno il cinema negli occhi e nella testa (oltre che nel cuore). Anche quando guarda le cose registrandone l’immagine attraverso un piccolo arnese elettronico che codifica il mondo in stringa di numeri, quel che ne viene fuori è cinema-cinema, solido, esatto, carnoso; nessuna estemporaneità, solo brillantezza dell’attimo; leggerezza tecnica non scopica; vicinanza e consonanza, mai invadenza.

Ancora da spiegare cosa renda un’accozzaglia tanto varia di registrazioni audiovisive impressionistiche un pezzo di grande cinema d’autore. Vista l’estrema evanescenza dell’oggetto dell’analisi, proviamo infine a guardargli attorno e citiamo un paio di dettagli tutt’altro che insignificanti. Primo, dettaglio tecnico: girato e montato in digitale, Guest è stato poi impresso su pellicola 35mm, bianco e nero, e così proiettato in sala. Secondo, dettaglio sul processo produttivo: dopo aver terminato le riprese e il montaggio, Guerin ha ripercorso a ritroso l’intero itinerario una seconda volta, visitando uno per uno tutti i protagonisti e guardando insieme a loro il film finito per ottenere reazioni e ricevere il permesso finale di mostrare il film al pubblico internazionale (operazione che, forse, copre da sola una buona fetta dell’intero budget).
La pittura! La pittura! dice deciso e contento a un ritrattista incontrato per le strade di Buenos Aires. E come un pittore, come un’artista d’altri tempi, il piccolo grande maestro Guerin studia senza sosta gli strumenti del proprio mestiere, li mette alla prova, ne considera i possibili impieghi, sperimentando a un tempo le condizioni giuste per il proprio lavoro. Uno studio senza sosta che si alimenta di stupore e d’illuminazioni, che cerca precisione e incidenti, che non smette di ridisegnare a ogni passo una mappa per la sua evoluzione.

Info
La scheda di Guest sul sito della Biennale.
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