Sherlock Holmes – Gioco di ombre

Sherlock Holmes – Gioco di ombre

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Un’overdose di ralenti, frastornanti flashforward e flashback dilatati in puro stile Guy Ritchie, per Sherlock Holmes – Gioco di ombre, il secondo capitolo dedicato al personaggio creato da Sir Arthur Conan Doyle diretto, come il precedente, dal regista britannico.

La mossa sbagliata

Sherlock Holmes è sempre stato il più astuto di tutti. Almeno fino ad oggi. Una nuova acuta mente criminale, il Professor Moriarty, con una intelligenza pari a quella di Holmes e con una predisposizione al male e una totale assenza di coscienza, potrebbe mettere in grande difficoltà il rinomato detective… [sinossi]

Non ci sfiora minimamente l’idea di arrenderci alla riscrittura in salsa blockbuster del celebre personaggio creato da Sir Arthur Conan Doyle: un restyling in perfetto stile Guy Ritchie, una sorta di incrocio tra il pugile tzigano di Snatch – lo strappo (2000) e un qualsiasi personaggio interpretato da Rupert Everett. Il sistematico svuotamento di senso di questo post-moderno Sherlock Holmes, simulacro del brillante investigatore ottocentesco, è la perfetta sintesi della parabola discendente di molto (tanto, troppo!) cinema commerciale, soprattutto hollywoodiano. L’azione, dilatata/enfatizzata/moltiplicata dagli immancabili e invadenti ralenti, è ovviamente la parola d’ordine e la cifra stilistica di Sherlock Holmes – Gioco di ombre (Sherlock Holmes: A Game of Shadows), inevitabile sequel della prima avventura, firmata sempre da Ritchie e datata 2009. Seguendo diligentemente le regole auree dei sequel, gli sceneggiatori Michele e Kieran Mulroney [1] hanno infarcito il secondo capitolo di sequenze action, elemento che dovrebbe garantire l’apprezzamento del grande pubblico: si veda, come esempio lampante, la scazzottata iniziale, un quattro contro uno con abuso di bullet time.

Bisogna però riconoscere a questo seguito [2], oltre alla conferma dell’elevatissimo livello tecnico, la scelta impeccabile degli attori e una maggiore cura dei dialoghi, virati decisamente verso la commedia. È assai felice, infatti, la scelta di affidare al corpulento e sagace Stephen Fry il ruolo del bizzarro Mycroft Holmes, così come convince l’infido Moriarty di Jared Harris, mentre i fulminanti scambi di battute tra la strana coppia Holmes-Watson risollevano spesso le sorti della pellicola. Ma a pesare come un macigno è l’overdose, nel ritmo e nelle quantità, delle sequenze action: Sherlock Holmes – Gioco di ombre è un film senza soste, è un indagine che procede a calci e pugni, è una versione trandy e dandy di Piedone lo sbirro, girata come se l’ispettore Rizzo fosse il Neo dei fratelli Wachowski. A parte il già citato incipit pugilistico, l’acrobatica e complessa sequenza col sicario cosacco, i frastornanti flashforward e i flashback dilatati, è emblematico l’interminabile ralenti della fuga tra i boschi, un piccolo prodigio tecnico, con esplosioni di cui possiamo ammirare ogni singolo pixel: l’abbacinante e complessa plasticità della sequenza è la ciliegina su una torta senza sapore, è il gioco di accumulo di una spettacolarità arida, quasi inutile. L’abbagliante confezione di Gioco di ombre, come il continuo cambio di location, fino al suggestivo castello in cima alle Alpi, è uno sterile sfoggio visivo, una sovrastruttura spettacolare e disordinatamente avventurosa che non riesce a mascherare l’approssimazione dell’intreccio. E l’intreccio, in un’indagine di Sherlock Holmes, dovrebbe essere la base di partenza. Troppa action e poca detection

La sfida a distanza tra Holmes e il professor Moriarty dovrebbe essere una partita a scacchi, un susseguirsi di intuizioni e ragionamenti, ma persino il vis-à-vis tra i due geni dell’intrigo si trasforma in un sfoggio di arti marziali, in una dimostrazione muscolare piuttosto che mentale. Del personaggio di Conan Doyle finiamo per ammirare più i pettorali e gli addominali, temendo che possa eliminare l’acerrimo rivale a colpi di pedoni in faccia. Altro che arrocco o prise en passant. Per i nostalgici segnaliamo l’uscita in dvd del prezioso cofanetto Sherlock Holmes – Classic Film Collection, targato Sinister Film/CGHV: quattordici lungometraggi, da Il mastino dei Baskerville (1939) a Terrore nella notte (1946). Una valida alternativa al rimbombante Sherlock del nuovo millennio.

Note
1. I coniugi Mulroney hanno scritto e diretto il poco memorabile Paper Man (2009).
2. Alla Warner sono già al lavoro per la terza avventura. La sceneggiatura è stata affidata a Drew Pearce (Iron Man 3).
Info
La pagina dedicata a Sherlock Holmes – Gioco di ombre sul sito della Warner Bros.
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