I, Frankenstein

I, Frankenstein

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Torna sul grande schermo la creatura nata dalla penna di Mary Shelley in I, Frankenstein diretto da Stuart Beattie e interpretato da Aaron Ekhart. La pellicola è tratta dall’omonima graphic novel di Kevin Grevioux.

Bello senz’anima

200 anni dopo la sua scioccante creazione, Adam, la creatura portata in vita dal dottor Frankenstein, vive ancora sulla terra, dove è in atto una lotta tra le forze del Bene e del Male: da un lato i demoni che vogliono conquistare la terra, dall’altro i Gargoyles che hanno giurato di proteggere l’umanità. Adam, dopo aver scoperto di possedere la chiave che potrebbe distruggere il genere umano, diventerà protagonista di questa guerra epica e spettacolare e dovrà decidere da che parte schierarsi. Con il supporto di una scienziata, unico personaggio umano della storia, Frankenstein farà i conti con la propria coscienza e comprenderà finalmente l’ essenza della sua natura. [sinossi]

Abbiamo visto uno Sherlock Holmes picchiatore e un Edgar Allan Poe investigatore; armatissimi Hansel e Gretel a caccia di streghe e una Biancaneve corazzata e tutt’altro che docile, pronta a detronizzare con le cattive la matrgina usurpatrice. Perfino un nerboruto Lincoln, che di ascia munito, se ne va in giro a far strage di vampiri. Nella commistione tra fantastico e horror, mystery e mito, fiaba e realtà distopica connaturata alla speculative fiction poteva forse mancare un personaggio iconico come Frankenstein? Certo che no. Col suo corpo assemblato – incarnazione per antonomasia- di quell’estetica postmoderna che vede nel pastiche uno dei suoi stilemi essenziali, la creatura frutto della penna di Mary Shelley e già oggetto di svariate trasposizioni cinematografiche, torna ora in vita con le fattezze di Aaron Eckhart in I, Frankestein.

Tratta dall’omonima graphic novel di Kevin Gravioux (anche autore dello script, produttore e co-inteprete) e realizzato dal team della saga Underworld per la regia dell’australiano Stuart Beattie (prolifico sceneggiatore, tra gli altri, di Collateral e Australia, e creatore dei personaggi de I pirati dei Caraibi) la pellicola si propone di riportarne in auge, attualizzandola, la figura. Il risultato è un action vecchio stile, dissimulato in un mix di urban fantasy, horror e mélo, che vede il nostro – intelligente, atletico e tutt’altro che mostruoso – costretto a offrire il proprio energico contributo alla più nobile delle cause: la salvezza dell’umanità.
Minimale e prevedibile, la narrazione si attiene allo schema archetipico del dualismo Bene/Male, lasciando ai margini le suggestioni sottese all’originale letterario (la bioetica, le implicazioni psicoanalitiche dell’irrisolto rapporto del protagonista col padre-creatore, la sua struggente condizione di reietto) per ripiegare su soluzioni più scontate ma di facile presa, su tutte il potere salvifico dell’amore. E fin qui nulla da obiettare: d’altra parte il fulcro è l’azione, coerenza impone che il resto non sia meramente accessorio, pena il rischio di stemperare quella fragorosa concitazione nella quale il film trova i suoi momenti migliori per mezzo dei combattimenti, funzionalmente coreografati ed eseguiti secondo le tecniche del kali, arte marziale filippina dal notevole impatto spettacolare.

Perché il vero limitedi I, Frankenstein, è nell’approccio del tutto impersonale di Beattie, stretto intorno a un impianto visivo privo di originalità e, soprattutto, colpevolmente datato, laddove il design anni 90 di scenografie e costumi si scontra con il dispiegamento di make up e effetti speciali non all’altezza (e spesso scadenti) finendo per stemperare le atmosfere dark goticheggianti in una dimensione patinata e posticcia. Va da sé che il ridicolo involontario sia spesso dietro l’angolo, ma il povero Eckhart, interprete duttile e fascinoso al quale sembra toccata l’improba sorte dell’attore giusto nel posto sbagliato riesce a fare comunque del suo meglio (contrariamente a Bill Nighy, che nel ruolo del villain di turno si limita sfoderare i suoi sguardi più torvi) pur nei limiti angusti di una caratterizzazione monodimensionale.
Restano, tuttavia, i meriti, non da poco, di risparmiarci ammiccamenti al target adolescenziale e un’onestà di fondo, che impedisce a I, Frankenstein di promettere più di quanto sia in grado di offrire: un mero intrattenimento adrenalinico. Peccato che ciò non basti a dissipare i dubbi sull’effettiva necessità dell’operazione.

Info
Il sito ufficiale di I, Frankenstein: ifrankensteinfilm.com
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