Unbeatable (2013) di Dante Lam - Recensione

Il cineasta hongkonghese Dante Lam si cimenta con successo col genere sportivo, mescolando melodramma e arti marziali miste (MMA). Unbeatable è tra i film presentati al Far East Film Festival 2014 di Udine.

Questa mano può essere ferro…

Ching Fai fugge da Hong Kong quando i suoi creditori iniziano a stargli alle costole; Siqi è costretto a lavorare come manovale a giornata dopo che suo padre ha dilapidato il patrimonio di famiglia in speculazioni immobiliari; Gwen è diventata psicolabile dopo una grave tragedia familiare. Grazie al suo vecchio amico Tai-sui, Ching Fai trova lavoro come aiuto allenatore in una palestra del posto e subaffitta una camera nello stesso appartamento in cui vive Gwen con la figlia decenne, Dani. Nel frattempo, Siqi decide di partecipare a un torneo di arti marziali miste di alto profilo per incoraggiare il padre a rimettersi in piedi. Con soli due mesi di tempo, Siqi inizia ad allenarsi nella palestra di Ching Fai e, quando viene a conoscenza del passato da pugile di Fai, gli chiede di diventare il suo allenatore… [sinossi]

È preziosa la doppia presenza di Dante Lam al Far East Film Festival 2014 di Udine. Del cineasta hongkonghese, oramai lontano dai tempi difficili di Storm Rider – Clash of Evils (2008), abbiamo potuto ammirare il melodramma sportivo Unbeatable (2013) e il cupo thriller That Demon Within (2014). Paradiso e inferno, riscatto e dannazione. Due prodotti di genere sorretti da un’ottima confezione, da interpretazioni e volti intensi e da una messa in scena che, soprattutto nel caso di Unbeatable, vivacizza anche gli snodi narrativi più schematici e prevedibili.

Non era facile coniugare accese tinte melò e l’inevitabile retorica del genere sportivo senza affondare in ettolitri di melassa. In questo senso, il grande pregio di Unbeatable è di saper dosare con sottrazioni e smaccati eccessi le varie componenti del racconto, tra allenamenti e combattimenti, rapporti personali e drammatici incidenti. È nella crudezza degli incontri, nel dolore fisico, nelle rovinose e anche fatali cadute che il film di Lam trova la sua ancora di salvezza, il peso che controbilancia le sottotrame sentimentali. La spalla continuamente lussata di Feccia Fai (Nick Cheung), ex-campione appesantito dagli anni e dagli errori, è la chiave di volta di un film sportivo che abbiamo già visto centinaia di volte, ma che Lam declina con alcune fertili variazioni, smussando con l’ironia e cercando di mantenere intatta, anche nelle situazioni meno probabili, una sorta di verosimiglianza sopra le righe – non a caso, i destini dei personaggi sono definitivamente chiariti mentre scorrono i titoli di testa, in un post-finale che permette di lanciare a briglie sciolte la narrazione.

Più delle singole storie (l’ex-campione, il giovane combattente, la madre psicolabile), è interessante il quadro generale, anche di Macao, e lo spessore e la credibilità che Lam riesce a infondere al rapporto tra il ring e la vita, facendo risaltare la forza di volontà come componente fondamentale del successo sportivo. Temi indubbiamente non nuovi, ma sono alchimia e ritmo a funzionare a dovere, grazie anche alla versatilità delle arti marziali miste (MMA), più vivaci rispetto al pugilato, e alla performance attoriale di Nick Cheung [2]. Singolare, infine, l’utilizzo di The Sound of Silence, funzionale nella versione strumentale e assai meno convincente nella cover di Ania Dąbrowska.