Desktop

Il nuovo cortometraggio del regista veneto Michele Pastrello, Desktop, racconta una storia di solitudini metropolitane e di immersione nella natura. Al Fantafestival 2014.

Tra frammenti di tecniche

Un uomo e una donna. Lui si muove attraverso paesaggi innevati, lei vive in un appartamento moderno e pratica yoga. Eppure qualcosa li unisce… [sinossi]

Nonostante da quasi dieci anni il suo nome circoli con insistenza tra coloro che, per passione o per lavoro, si occupano di cinema indipendente, declinato in particolare in direzione dell’horror e del thriller, Michele Pastrello continua a essere una figura sfuggente nel panorama italiano. Forse per la sua scelta di dirigere le proprie opere lontano dal frastuono “centralizzato” di Roma – il che lo accomuna, pur con le dovute differenze, all’esperienza autoriale del friulano Lorenzo Bianchini –, o forse per quel ghetto snobbato in cui vengono solitamente stipati tutti i film che non possono ambire a rientrare nella categoria del “lungometraggio”, fatto sta che Pastrello meriterebbe un’attenzione assai maggiore di quella che gli è stata fino a oggi concessa dalla maggior parte della critica.
Sin dagli esordi con Nella mia mente era stato possibile cogliere l’ambizione di Pastrello, ben distante dalla pura e semplice messa in scena dei codici dell’orrore: il vero orrore nel cinema del giovane regista veneto non è mai (o non solo) racchiuso in ciò che viene mostrato, ma piuttosto deve essere rintracciato nel non detto, nel non visto, nel non tangibile. È l’orrore di vivere, ultima analisi possibile per uno sguardo così umanista e intriso di pessimismo; una verità che si avverte con forza in lavori complessi e stratificati quali 32, Ultracorpo e Inhumane Resources, spigolose incursioni nel “mostruoso quotidiano”.

Non si distanzia da queste speculazioni, per quanto non sia possibile apparentarlo in nessun modo al genere, neanche Desktop, ultimo cortometraggio di Pastrello che sarà visibile online nei prossimi giorni per poi essere ospitato, tra un paio di settimane, durante le giornate del capitolino Fantafestival, giunto quest’anno alla trentaquattresima edizione. Desktop è il primo lavoro di Pastrello a distanziarsi decisamente dal genere, se si fa eccezione per l’esperimento Nuvole, bizzarra opera seconda che non ha avuto seguito nella ricerca estetica e narrativa del regista. A cogliere di sorpresa lo spettatore già introdotto al cinema di Pastrello è la durata: Desktop non si erge al di sopra dei quattro minuti, muovendosi in netta controtendenza rispetto alle opere precedenti, che sfondavano senza troppe preoccupazioni il muro dei venti minuti. Pastrello, dimostrando una volta di più la propria indole autoriale, si è sempre concesso i propri tempi, senza costringere il racconto in fogge e strutture predefinite che finissero inevitabilmente per soffocarlo.
Se Desktop sterza di colpo, avvicinandosi a un concetto di cortometraggio più canonico, non è però per una insana voglia di normalizzarsi, ma perché il nucleo attorno al quale ruota (o meglio, dal quale nasce) la storia narrata non ha bisogno di ulteriore tempo per esprimere la propria forza.

Il mondo in cui si dipana la vicenda di Desktop è lo stesso in cui sgorgavano le pulsioni erotiche, fascistoidi e omicide di Ultracorpo, o in cui si svolgeva il gioco al massacro di Inhumane Resources, o in cui ancora (come in 32) il corpo della terra/donna veniva svilito, stuprato, macellato. È il mondo in cui vige come unica regola quella dell’homo homini lupus, disillusa regola plautina che ben si adatta a una contemporaneità mostruosa, avida, in cui l’umanità ha scelto scientemente di privarsi della propria umanità.
Parla di questo anche Desktop, contrapponendo con sapiente forza pittorica due solitudini, quella di un uomo all’avventura in un paesaggio naturale innevato e quella di una donna alle prese con la sua quotidianità metropolitana: un gioco di opposti (uomo/donna, natura/civiltà umana, pace/angoscia) che può forse peccare di eccessiva semplicità ma che Pastrello dimostra di saper gestire con una maturità stilistica che conferma le sue doti dietro la camera. Come sempre nel suo cinema, mai particolarmente propenso all’utilizzo della parola, è la ricerca fotografica a svolgere un ruolo non solo estetico, ma anche profondamente umorale ed etico, come conferma l’eccellente lavoro portato a termine in prima persona da Pastrello insieme a Daniele Serio e Mattia Gri. Sarebbe davvero delittuoso se si perdesse l’ennesima occasione per (ri)conoscere il cinema di Michele Pastrello, in attesa che arrivi per lui l’occasione di confrontarsi anche con altre durate e altri formati. Ma questi sono dettagli, così come il colpo di scena finale, perfettamente in linea con il tipo di cortometraggio che il regista ha deciso di affrontare. Ma se pensate che Desktop rappresenti la normalizzazione di un cinema altrove ben più personale e fuori dai canoni, basteranno le ultime immagini (proprio dopo il colpo di scena) per smentirvi.

Info
Il sito internet di Michele Pastrello, regista di Desktop.
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