Italy in a Day. Un giorno da italiani

Italy in a Day. Un giorno da italiani

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Gabriele Salvatores presenta fuori concorso Italy in a Day, primo “social movie” del cinema italiano. Progetto sperimentale ripreso da un omologo di Kevin McDonald e prodotto da Ridley Scott, ma assai deludente e superficiale. Uno spot pubblicitario per la vita e le sue meraviglie, in forma di banalità.

Il mondo non si è fermato mai un momento

Italy in a Day è l’edizione italiana, curata da Gabriele Salvatores, di un progetto di Ridley Scott: è stato chiesto agli italiani di inviare dei video realizzati con qualsiasi mezzo (telecamere, smartphones, fotocamere) da girare durante le 24 ore del 26 ottobre 2013. Desideri, sogni, paure, riflessioni, qualsiasi cosa considerata importante che accadeva quel giorno o anche, semplicemente, quello che si vedeva dalla finestra di casa. [sinossi]

Un esperimento già fatto e che potrebbe essere ripetuto in ogni dove. Una nuova idea di “social movie”, realizzato col contributo dei filmati originali di anonimi cittadini, rimontato e postprodotto da un autore. Ridley Scott aveva già prodotto il Life in a Day di Kevin McDonald nel 2011; adesso proprio il buon Ridley ha sostenuto la realizzazione di una versione italiana del medesimo progetto. Una giornata italiana, il 26 ottobre 2013, documentata da migliaia di filmati realizzati dalla gente e successivamente sottoposti alla selezione e al montaggio audio/video di Gabriele Salvatores. Da sempre interessato alla sperimentazione, Salvatores si è prestato stavolta a qualcosa di completamente nuovo almeno per il nostro panorama nazionale, e ha ricevuto qualcosa come circa 44.000 filmati di utenti online.
Per capire lo spirito di questa operazione niente è più illuminante di alcune parole dello stesso Salvatores: “Sono la persona a cui migliaia di persone hanno inviato il loro messaggio nella bottiglia. Era necessario il rispetto, l’attenzione da parte mia. Ma anche la consapevolezza del mio ruolo. Raccontare la mia storia, ma tramite le parole di altri. Oggi, sommersi da ogni tipo di immagini, non è forse il montaggio il vero racconto, la vera anima del film?”. Ok, fin qui ci siamo. Se un autore decide di realizzare un’opera collettiva tramite contributi eterogenei di migliaia di persone, ovviamente il lavoro dell’autore si traduce in un’enorme opera di montaggio. Ma non esiste un solo montaggio, ne esistono potenzialmente infiniti. E soprattutto l’invasività dell’autore tramite montaggio e musica in operazioni simili finisce spesso per remare contro, per apparire come una sorta di “violenza” e tradimento perpetrato dall’autore sui materiali grezzi raccolti.

Italy in a Day è soprattutto un film di Gabriele Salvatores, sopra ogni cosa. Delle decine di autori che l’hanno composto non resta la minima traccia autoriale. La selezione condotta sui materiali ricevuti è infatti piegata a una volontà enorme e unilaterale, che vuol mirare ad ambiziosissimi contenuti in una sorta di dimensione digitale, in cui tutto si può collegare o scollegare a tutto. Il racconto della globalità attuale, sia pure limitata al nostro Paese. Di più, Salvatores sembra volersi collocare in un sentimento cinematografico molto diffuso negli ultimi anni, quello del film-mondo, ovvero il racconto del mondo intero e delle sue infinite relazioni che tenta di sostituirsi al mondo stesso.
Dagli ultimi imperfetti o deludenti Malick al bel Vivas las Antipodas! Di Viktor Kossakovskij (2011), scorre come un fiume più o meno sotterraneo una diffusa tensione al racconto oltre i confini dell’umano, collocato in un punto di vista oltre le possibilità dell’uomo. Salvatores però scimmiotta certe tendenze un po’ goffamente, adagiandosi in uno stile frammentato e pubblicitario che spesso tradisce il pesante intervento in post-produzione sui materiali originali. In Italy in a Day ritroviamo tutto quel che ci aspetteremmo; la crisi economica, l’accenno alla mafia, Casal di Principe e i suoi movimenti popolari, la coppia gay con bambino a carico, e via dicendo. Un tripudio del radical chic, operato chirurgicamente su una quantità enorme di materiale che è stato certosinamente selezionato in funzione di un preciso, didascalicissimo scopo.

Italy in a Day finisce per apparire così un esorbitante spot per la vita, in cui si ambisce a rasentare riflessioni universali sull’esistenza e la continuità dell’essere. In tal senso sono da interpretare tutte le insistenze sui bambini, protagonisti indiscussi di molti social video in cui orgogliosi genitori ne mostrano le gesta. Un materiale potenzialmente da “Paperissima” piegato da Salvatores a una celebrazione pubblicitaria della vita, del suo fluire e del suo eterno rinnovarsi. Purtroppo a Salvatores accade troppo spesso di avere buone intuizioni che però non sembrano mai sostenute da un vero e adeguato retroterra. E tutto finisce per apparire orecchiato, centoni di filosofia spicciola rimessi in bella scrittura tramite la giustificazione ideologica della sperimentazione. Certo non si può rimproverare a un film di non essere ciò che non è, ma d’altra parte questa lettura così sospesa e cosmica del nostro Paese solleva comunque qualche dubbio su tutto ciò che è stato scartato da Salvatores in fase di montaggio. Manca infatti tutta l’Italia più scomoda, quella davvero misera o semplicemente deprecabile nel suo egoismo. Per un prodotto nato nella logica e nei tempi di youtube e facebook magari erano auspicabili soluzioni più sporche, irregolari, che conservassero davvero nel loro profondo la concezione digitale del mondo che abbiamo inaugurato da un paio di decenni e che trova una delle sue massime espressioni proprio nell’attuale proliferazione di immagini personali. Immagini che quasi mai però mostrano la linda qualità di Italy in a Day. Se sperimentazione ha da essere, allora si vada fino in fondo.

Info
La scheda di Italy in a Day sul sito della Biennale
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