Neon Bull

Neon Bull

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Presentato a Orizzonti a Venezia, Neon Bull è il secondo lungometraggio di finzione del regista brasiliano Gabriel Mascaro. Una fotografia antropologica del nord-est del Brasile, di uno stato di transizione tra un mondo rurale che celebra la sua mascolinità nei rodei Vaquejada, e il settore tessile in via di sviluppo. Ma il regista cade in triviali cliché.

L’ultimo buscadero

Iremar e la sua strampalata famiglia viaggiano attraverso il nord-est del Brasile trasportando con carri bestiame i tori delle Vaquejadas, un tipico rodeo brasiliano. Ma il settore tessile in espansione ha dato a Iremar nuove idee e la sua testa è piena di sogni di cartamodelli da ritagliare e stoffe raffinate. [sinossi]

“Tra gli uomini volgari, tra le urla, fischi e spari”: così cantava Donatella Rettore nella sua canzone Rodeo. I cliché di un ambiente machista, di un far west popolato da rudi cowboy, un mondo muscolare che celebra la sua forza, la sua potenza nei rodei, nel misurarsi con tori e cavalli imbufaliti, nel domare gli animali, nell’addomesticare la natura, etica ultima questa delle terre di frontiera o celebrazione di una fase eroica di conquista. È un qualcosa che si ripete antropologicamente dal selvaggio west degli Stati Uniti – quintessenza dell’ideologia del Western e come tale messa in scena anche da Sam Peckinpah nel suo L’ultimo Buscadero – al mondo delle Vaquejadas brasiliane ritratto dal giovane regista Gabriel Mascaro in Boi Neon (Neon Bll). Rispetto al grande cineasta, pur con tutta l’energia caustica che possedeva, e alla sua glorificazione di quel mondo virile che trovava il suo simbolo in Steve McQueen con la sua vita spericolata, Gabriel Mascaro descrive un quadro più fisico, più legato ai corpi dei mandriani e dei loro animali, cavalli, tori, ai rapporti tra sessi che si creano in un simile contesto, a una fisiologia di uomini e tori, alla contaminazione, allo sporco (quello che noi consideriamo tale), al sommergere in una palta, fatta di feci e sperma, anche metaforica i suoi personaggi. Personaggi che compongono una famiglia allargata, nomade e a suo modo circense, che si sposta di luogo in luogo con il suo carico di bestie da esibizione.

Sarebbe in teoria quella estetica di una vita contadina che tanto fa ribrezzo ai nostri occhi, ma che era perfettamente naturale in quel contesto: gli escrementi del cavallo lanciati sul gerarca fascista in Novecento di Bernardo Bertolucci rappresentano questa dimensione rurale, a suo modo poetica. Ma viene il dubbio che Gabriel Mascaro, consapevole di quell’audience da festival che cui è destinato Neon Bull, giochi cinicamente sui confini del non mostrabile, su provocazioni intellettuali fini a se stesse, su sprofondamenti progressivi nell’abiezione. E così abbiamo situazioni calcate, sopra le righe, pecorecce, degne dei film di Pierino e della pornografia più estrema, da Marina e la sua bestia, millantate come cinema intellettuale. L’erezione del cavallo in bella mostra e la successiva inondazione di sperma sulla faccia del mandriano che non ha fatto in tempo a raccogliere il seme dell’animale in una bottiglia, per artigianali inseminazioni artificiali; la scena di sesso ‘pregnant’ nel finale, girata in modo estremamente patinato; la bambina (che con involontaria ironia per la lingua italiana si chiama Cacà) che affonda nel letame; la donna che si depila il pube; Iremar che orina in bella mostra. La vera fisicità rurale è nei momenti più in stile documentario – Mascaro ha una lunga carriera di documentarista –, risultato dell’osservazione del regista del mondo dei vaccari. La vera empatia, la simbiosi tra uomo e animale è quella, pur dura e violenta, della marchiatura a fuoco, degli animali messi in fila e convogliati.

Più interessante sarebbe stato sviluppare il contrasto tra gli ideali di virilità di quel mondo e il suo anelito a quello della moda, agli antipodi, raffinato e governato da cliché opposti, di sarti, stilisti effemminati, il confronto tra due antropologie, tra due stereotipi. La trasformazione di un territorio, da agricolo a tessile, viene meglio fotografata visivamente da Mascaro nell’immagine multicolorata di una discarica di scarti tessili e manichini, trionfo cromatico su uno sfondo naturale brullo, di un far west brasiliano siccitoso. Una discarica che paradossalmente svolge un abbellimento estetico del paesaggio decretandone così la sua trasformazione. Iremar, singolare figura di mandriano che vorrebbe diventare stilista di moda, è un personaggio decisamente interessante. Reso come un confronto tra sensualità. All’inizio lo vediamo chiedere alla sua assistente Galega, danzatrice e conduttrice di camion, di abbassare quasi al limite inguinale i calzoncini. Solo per necessità di prenderle le misure.
Nel mondo del nord-est brasiliano, caro al Cinema Novo, Mascaro mette in scena conflitti atavici, brutalità e raffinatezza, vita tradizionale e modernità, bestialità e civiltà, insinuando che non sarà facile scrollarsi di dosso la componente animalesca. Ma tra vaccari e stilisti, Mascaro appartiene, così come il suo pubblico festivaliero, inevitabilmente al mondo dei secondi, per quanto si sforzi di affondare in quello dei primi che finisce inevitabilmente a guardare con distacco e altezzosità.

Info
Neon Bull, la scheda sull’Internet Movie Database.
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