The Program

The Program

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The Program è un anti-biopic dinamico coi pregi e i difetti del biopic: esaustivo e baciato da una grande prova d’attore, quanto superficiale e sbrigativo nel cogliere tutte le asperità.

Fast & Furious

La salita e la discesa di Lance Armstrong, ciclista americano arrivato in Europa alla fine degli anni Novanta con una struttura fisica inadatta a scalare i lunghi pendii del Tour de France ma una determinazione assoluta a vincere a ogni costo. Dopo aver superato la sofferenza e la paura di un cancro ai testicoli, Armstrong torna in poco tempo a correre e a vincere grazie a un programma basato su un regolare trattamento di trasfusioni di epo e testosterone e su un intero castello di bugie ai media e al ciclismo internazionale… [sinossi]

“Siamo noi gli autori della storia della nostra vita”. La frase, pronunciata da Lance Armstrong durante il discorso conclusivo di un evento della sua fondazione per la ricerca sul cancro, arriva a metà film, quando il ciclista americano ha vinto i suoi primi Tour ed è per il mondo intero un simbolo di rinascita e resilienza. Per lo spettatore di The Program, a quel punto, Armstrong è già un affabulatore diabolico: uno sportivo potente quanto deviato che ha capito che tutti abbiamo bisogno di sentirci raccontare, in particolare quando non possiamo scriverla noi stessi, una storia di traguardi sportivi e di riscatto. Un narratore che sa che la credenza è una parte fondamentale di una storia: unico catalizzatore capace di attivare tutti gli aspetti motivazionali e il carattere epico del racconto. La storia che Armstrong ha raccontato al mondo intero e in particolare ai milioni di sostenitori dei suoi successi e della sua grande iniziativa benefica era una parabola esemplare fin quando l’esplosione tardiva dello scandalo legato ad anni di raggiro sistematico dei controlli antidoping non l’ha trasformata nella sua nemesi avvilente. È fra queste due storie potenziali (l’epica edificante e il dramma disilluso) che si gioca il senso di un film come The Program. Come ci ricordano alcune battute messe in bocca ai personaggi del film (“Chi farà la tua parte, Matt Damon?”), se fosse stato girato solo tre anni fa sarebbe stato il tipico film di redenzione sportiva esaltato dall’immaginario dell’American Way of Life. Invece, è un progetto finito nelle mani di due autori britannici affascinati dal lato oscuro delle favole auree. La coppia Stephen Frears e John Hodge non punta a muoversi fra i tornanti di queste due tipologie di storie e a destreggiarsi sui sentieri dell’ambiguità, ma decide di correre veloce lungo il rettilineo della biografia sordida. Lo sceneggiatore di Trainspotting e The Beach mette da parte le sue conoscenze sugli addicted e sugli effetti psicologici delle droghe per concentrarsi su una collezione di aneddoti accelerati, che tengono un passo rapido anche nelle salite dei momenti più conflittuali o introspettivi.

Il regista di Eroe per caso e The Queen asseconda questa marcia serrata con uno stile dinamico e spettacolare, veloce e pop anche nella scelta dei brani musicali d’accompagnamento. Il risultato è un anti-biopic che ha tutti i pregi e i difetti del biopic: un racconto sintetico, esaustivo e baciato da una grande prova d’attore (straordinario Ben Foster), quanto superficiale e sbrigativo nel cogliere le asperità di una celebrità dannata. The Program contiene almeno tre o quattro soggetti potenziali: lo sportivo malato nel corpo e nella testa; il rapporto viziato da un medico-superuomo (Michele Ferrari); il sistema di dissimulazione quasi scientifica; il rapporto conflittuale con il giornalista scettico (David Walsh). Ognuno di questi resta invece solo un insieme di sensazioni che fungono da stimolante continuo senza trovare la vetta, come in una staffetta che punta ad arrivare prima possibile al traguardo. Ma soprattutto, manca l’aspetto davvero mitopoietico di Armstrong in quanto personaggio cinematografico e non sportivo mitomane. Quell’aspetto che tiene in considerazione che più un film è temporalmente vicino agli eventi che racconta e più il protagonista controverso necessita un tentativo di quadratura del cerchio: la rappresentazione di un personaggio completo, capace di essere davvero “autore della storia della sua vita”.

Info
Il trailer di The Program.
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