Cicogne in missione

Cicogne in missione

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Evanescente quanto innocuo, Cicogne in missione soffre in parte dei suoi (dichiarati) limiti di concezione, ma anche di una sceneggiatura che non si preoccupa della coerenza e della credibilità del suo universo. Alla Festa del Cinema di Roma in Alice nella città.

Storie volatili

Dopo aver cessato la tradizionale attività di trasporto dei neonati, le cicogne hanno messo su un’agenzia di consegne postali, la Cornerstore. La cicogna Junior, tra le più produttive dell’azienda, sta per ricevere una meritata promozione: unico ostacolo tra lei e l’agognato traguardo, l’allontanamento di Tulip, una ragazza rimasta a vivere con i volatili da quando, diciotto anni fa, una cicogna rifiutò di consegnarla alla sua famiglia…[sinossi]

Giunto nelle sale a ridosso dei due “pezzi da novanta” d’animazione di questo inizio stagione (Alla ricerca di Dory e Pets) Cicogne in missione sembra adeguarsi, fin dalla trama, a quello che sempre più si configura come un format preconfezionato per buona parte del panorama dell’animazione digitale. Un insieme di cliché che, con minime variazioni, ha accompagnato il filone dai primi anni 2000 ad oggi, e che sembra semplicemente, di volta in volta, dosare diversamente i suoi ingredienti a seconda delle esigenze.
Nel caso del film di Nicholas Stoller e Doug Sweetland (fresco, il primo, delle schermaglie familiari in live action di Cattivi vicini 2) il mix scelto è quello di un prodotto pensato principalmente per un pubblico di giovanissimi: blandito, quest’ultimo, dai dialoghi, dalla semplificata fattura delle gag, da una costruzione narrativa che, più che sulla strutturazione di un racconto coerente e articolato, punta, quali precondizioni essenziali, alla velocità e al ritmo serrato. Se, in molti prodotti analoghi, ai genitori in sala si strizza l’occhio attraverso le citazioni a cult più o meno recenti, qui gli ammiccamenti (e ciò è un bene) sono più indiretti: esplicitati attraverso la fattura tecnologica dell’avventura, oltre alla comparsa di qualche singolo, limitato riferimento a questo o quell’aspetto della cultura pop (un esempio è quello alle arti marziali).

Sia quel che sia, l’esilità dello spunto da cui muove Cicogne in missione (un universo fantastico in cui le cicogne, dopo aver abbandonato la tradizionale mansione di trasporto dei bambini, hanno costruito un’azienda di consegne postali) è dichiarato e trasparente. L’esilità, tuttavia, si trasferisce qui nello sviluppo del soggetto, che non si preoccupa più di tanto di mantenersi coerente all’universo costruito, tiene insieme in modo difettoso l’ancoraggio alla realtà (necessario per mettere in scena le sue gag) e le sue basi fantastiche, e sorvola senza troppi problemi sulla costruzione e la coerenza dei personaggi.
Difficile trovare credibili una coppia di genitori agenti immobiliari che, dopo le insistenze del petulante figlioletto, decide di sventrare la propria casa per accogliere l’ipotetico nuovo venuto; ancor più difficile accettare la rapidità con cui si sviluppa l’amicizia tra l’adolescente umana e il volatile al centro della storia. Sembra che, in tutti i passaggi in cui il film avrebbe la possibilità di inserire un dialogo in più, per precisare e approfondire il carattere dei personaggi (e le loro reciproche relazioni) si opti invece per l’introduzione di una sequenza d’azione o di una gag. Il risultato è la sensazione di un prodotto affrettato, caratterizzato da uno sviluppo narrativo lineare quanto, nei fatti, risaputo e superficiale.

Va detto che, anche rispetto ai più standardizzati prodotti Dreamworks (vengono in mente Turbo e il recente Home – A casa) e persino se messo a confronto col recentissimo, stanco quarto episodio del franchise de L’era glaciale, il film di Stoller e Sweetland ha un target ancor più dichiaratamente infantile; un approccio che il soggetto, in ogni suo personaggio, dialogo o passaggio narrativo, non cerca mai di nascondere. Tuttavia, i limiti di questo evanescente, innocuo prodotto animato, non sono legati soltanto alla sua concezione: al contrario, si tratta (anche) di limiti di “confezione”, di una scarsa capacità da parte dello script di (ri)narrare una storia che, pur nel suo carattere stereotipato, poteva essere meglio trasformata in racconto cinematografico. Così, l’avventura inizia, evolve e finisce presto, correndo rapida tra l’immaginaria torre sede della Cornerstore (agenzia di consegne “volatili”), i ghiacci del nord popolati di lupi presto proni al desiderio di paternità, e una metropoli americana fin troppo palesemente sede di alienazione. I quantitativi di melassa, va detto, restano entro i livelli di guardia, mentre la prevedibilità dell’intreccio non disturba la fattura dell’intrattenimento.

Se il livello tecnico di questo Cicogne in missione resta mediamente buono (anche nell’apprezzabile costruzione figurativa, nel finale, dell’interno del palazzo), se il ritmo resta sufficientemente sostenuto, ciò che manca è la capacità di costruire una storia che sia, internamente, credibile e coerente. Risultato, quest’ultimo, in parte di una precisa scelta di approccio, in parte di limiti intrinseci alla sceneggiatura. Ciò che ne risulta è (solo) un nuovo, inconsistente prodotto dell’animazione più di consumo, che poche tracce lascerà probabilmente di sé negli anni a venire.

Info
Il trailer di Cicogne in missione su Youtube.
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