Le spie della porta accanto

Le spie della porta accanto

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Le spie della porta accanto si è rivelato come il flop dei flop per Greg Mottola, che pure dirige una commedia d’azione magari non troppo ispirata ma certo non disastrosa, e con un cast in forma capitanato da Isla Fisher e Zach Galifianakis. Un gioco sul genere forse prevedibile ma che guarda comunque nella direzione giusta.

Le regole del buon vicinato

Una tranquilla coppia, che ha appena mandato in campeggio i due amati figli, scopre che non sarà facile stare al passo dei “Joneses” – i loro incredibili, bellissimi e super sofisticati nuovi vicini -, specilamente quando scoprirà che Mr. e Mrs Jones sono degli agenti segreti… [sinossi]

Le spie della porta accanto arriva in Italia in sordina, quasi disconosciuto dalla stessa 20th Century Fox che lo distribuisce senza particolare enfasi: non ci sono cartelloni per strada, il trailer non passa con grande frequenza, non c’è stata praticamente attività stampa a supporto del film. Il motivo è fin troppo evidente, e riguarda il clamoroso insuccesso commerciale oltreoceano. I dati dopotutto sono impietosi, e parlano di neanche 30 milioni di dollari di guadagno a fronte di una spesa di produzione che ha superato i 40 milioni. A nulla è valso un cast che metteva insieme Zach Galifianakis (la trilogia di Una notte da leoni, ma anche altre commedie di successo commerciale quali A cena con un cretino, Parto col folle e Candidato a sorpresa), Isla Fisher (2 single a nozze), Jon Hamm, vale a dire il Don Draper di Mad Men, e la modella israeliana Gal Gadot, Wonder Woman nel DC Extended Universe.
Il problema principale di un film come Le spie della porta accanto è che non incontra più, con ogni probabilità, i gusti del pubblico statunitense: il riferimento alla spy story, con tutto il corto circuito di genere che mette in moto, non va di moda ultimamente. Così anche il gioco speculare tra le due coppie, quella sempre in tiro composta da Hamm e Gadot, più alti più eleganti più belli, e quella dei modesti e ordinari Galifianakis e Fisher, sembra guardare a ritmi e timbriche che furoreggiavano tra gli anni Novanta e i primi Duemila, ma ora si sono rarefatti.

Desueto è forse l’aggettivo che meglio coglie l’essenza de Le spie della porta accanto, e riesce in qualche modo a trovare una collocazione definitiva (forse) anche al suo regista. Greg Mottola avrebbe meritato con ogni probabilità assai più fortuna nel corso della sua carriera: The Daytrippers, nel 1996, restò un caso isolato. Dopo l’ottimo successo televisivo di Arrested Development l’impressione era quella di un regista finalmente destinato a una riscoperta, e così testimoniarono Superbad, Adventureland e Paul, diretti in quattro anni nel bel mezzo della Apatow-Factory. Poi di nuovo il silenzio sul grande schermo, interrotto da Keeping Up with the Joneses – questo il titolo originale del film.
Mottola si dimostra una volta di più regista tutt’altro che dozzinale, e Le spie della porta accanto può far leva su una messa in scena professionale, e che non disdegna alcune soluzioni interessanti, cercando in tutti i modi di evitare di accomodarsi nella prassi. Se la sceneggiatura di Michael LeSieur fa leva soprattutto sulle dinamiche interne alle due coppie (i placidi borghesi che sognano situazioni meno standardizzate e i due agenti segreti che al contrario non disdegnerebbero un rientro nella “norma”), senza volare mai particolarmente in alto, sembra di riconoscere la mano di Mottola nella descrizione della classe media: una vita priva di reali interessi, dove per viaggiare basta andare nel centro commerciale più vicino e simulare un’esperienza reale, mentre a casa ad attendere ci sono il giardino con l’erba tagliata di fresco, le staccionate e i vicini. Sempre sorridenti, sempre falsi.

Qui, nel concetto di falsità e di reale, Mottola avvita un film che per il resto non meriterebbe (e non merita) particolari menzioni; nella crisi mai esaurita della coppia borghese, e nella accettazione di un mondo che fa della bugia l’asse portante della sua quotidianità, Le spie della porta accanto trova una sua ragion d’essere, per quanto minima.
Non lascerà traccia di sé, con ogni probabilità, un film simile, ma sarebbe ingiusto relegarlo al ruolo ingrato di “fiasco”: il suo problema è quello di non osare mai veramente, di non tentare lo scarto, di non uscire mai dalla medietà, ombreggiata da quel già visto che allontana lo spettatore. Dovrebbe assomigliare forse di più ai suoi protagonisti, ed evadere davvero una volta per tutte. Mottola ci prova, ma riesce solo a tratti nell’impresa. In quei brevi tratti Le spie della porta accanto dimostra il suo potenziale, in gran parte inespresso.

Info
Il trailer de Le spie della porta accanto.
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