Longa noite

Longa noite

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Film d’apertura di Doclisboa ’19, Longa noite di Eloy Enciso, già in concorso a Locarno, rievoca gli anni bui, la lunga notte della Spagna, della guerra civile e della dittatura franchista, con uno stile di straniamento straubiano, e con la presenza predominante della natura aspra di un territorio estremo come quello della Galizia.

Lettere della resistenza

Dopo la guerra civile, Anxo torna al suo paese nella campagna galiziana. Vinti e vincitori lo accolgono con preoccupazione, vedendo in lui la sfida a intraprendere un viaggio tra ricordi soffocati. [sinossi]

La Galizia è la parte più estrema della Spagna, con quella sua natura aspra che confluisce nel mare, con quella lingua, il gallego, molto vicina al portoghese, con la sua, epsteiniana, finis terrae, considerata dagli antichi romani come l’estremità del mondo. Possiamo fare su questa regione la stessa riflessione che Lav Diaz fa della provincia filippina di Ilocos Norte, nell’unico suo film recente a colori, Norte, the End of History: una terra di grande e pittoresca bellezza che però è stata origine del male, del peccato originale del paese per aver dato i natali al dittatore Ferdinand Marcos. Così la Galizia è la terra d’origine di Francisco Franco, che ha tenuto sotto il suo giogo la Spagna anche lui per decenni. Il regista Eloy Enciso ambienta nella, anche sua Galizia, la lunga notte del ’39, l’inizio di quel sonno della democrazia che è stata la dittatura del Generalísimo.

Due vagabondi, o homeless, un uomo e una donna, si incontrano sui gradini di un palazzo, si raccontano le loro vite; prima di essere caduti in quella condizione, lui faceva il fabbro. Mangiano del pane sui gradini e dai loro volti il regista stacca a inquadrare quel cibo. L’inizio è programmatico per Longa noite, il film di apertura di Doclisboa ’19, dopo la prima al concorso di Locarno. Lo stile di recitazione improntato allo straniamento brechtiano, la fissità delle inquadrature, la rigidità dei personaggi richiamano evidentemente alla forma dei film degli Straub-Huillet, mentre le composizioni a tableau vivant, sempre con personaggi che non sembrano dotati di movimento, fanno pensare allo stile di Roy Andersson. E poi c’è la scena, lunga, in cui i franchisti giocano a carte, seduti attorno a un tavolo, inquadrati uno per uno in primo piano, con stacchi rari sulle carte sul tavolo, che può ricordare la lunga conversazione sulla nave di Un film parlato di De Oliveira. Eloy Enciso rielabora questa forma per mettere in scena, come un recital, come una declamazione teatrale, le voci della resistenza, dei prigionieri, delle vittime, delle lettere dei condannati a morte con le loro ultima volontà, ma anche dei falangisti, le memorie, i diari della guerra civile, assumendo che il dopoguerra, la fase iniziale della dittatura, abbia dato un’impronta fortissima alla storia del paese, percepibile ancora oggi. Voci che si straniano al punto da diventare indipendenti, aleggiare nell’aria, svincolarsi che da chi le pronuncia o le ha pronunciate, nelle voci off della terza e ultima parte. La narrazione è comunque orale, dalla voce dei personaggi nella casa di campagna, per esempio, scaturiscono le scene della guerra, mai visualizzate.

Anxo arriva in paese, su un autobus, dove ode vari discorsi, dialoghi tra ricchi e poveri. C’è chi elogia la vita semplice, di campagna, c’è chi parla delle persone semplici che rappresentano la vera anima del mondo. Poi ci sono i muratori che si interrogano sulla loro opera, sugli edifici che stanno costruendo, come un carcere, e sul loro utilizzo, sulla loro eventuale responsabilità in caso questo sia negativo. E poi i franchisti che giocano a carte, che pure discutono su ricchezza e povertà, sulle differenze sociali. La natura prende il sopravvento, così come la notte, dalla seconda parte per trionfare nella terza. Anxo è nella stalla a parlare con una mucca; i personaggi navigano su una barca, nel fiume, tra i riverberi delle onde, e arrivano in una baita, sempre ieratici, raccolgono bacche nel bosco, camminano sulla neve in campo lunghissimo, passeggiano nel bosco, o passano per scogli e formazioni rocciose. Nella terza parte il paesaggio, percorso da quegli echi, da quelle voci che aleggiano nell’aria, e da quelle anime vagabonde, predomina, un paesaggio aspro e selvaggio, herzoghiano (ancora come non pensare in un ideale percorso di referenze a Cuore di vetro, con quelle persone in stato catatonico). Eloy Enciso, al suo terzo film di finzione, costruisce un’opera notturna per rappresentare le tenebre che hanno avvolto il suo paese.

Info
La scheda di Longa noite sul sito di Doclisboa.

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