No tenemos miedo

No tenemos miedo

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Presentato nella sezione Riflessi della Festa del Cinema di Roma 2021, e patrocinato da Amnesty International, No tenemos miedo di Manuele Franceschini è un salutare esempio di cinema barricadero, che rende più chiare le motivazioni alla base di una protesta popolare strumentalizzata da più parti. Presto in sala, distribuito da Lucky Red.

La democrazia fallace è una dittatura mascherata

Non è per i 30 pesos. È per i 30 anni”. 18 ottobre 2019, Santiago del Cile. L’aumento del prezzo del trasporto pubblico scatena una ribellione inaspettata. Ad esplodere è la rabbia popolare, che affonda le radici in decenni di malcontento, conseguenza di un selvaggio sistema neoliberale che ha privato la gente dei servizi più essenziali, in un Paese mai tornato ad una vera democrazia a trent’anni dalla fine della dittatura di Pinochet. Sin dai primi giorni della ribellione si comincia a sentir parlare di una nuova leggenda urbana, la Primera Linea, un servizio d’ordine spontaneo che difende i manifestanti. Scene di protesta e guerriglia urbana attraversano le strade e le piazze del paese. Il popolo affolla la celebre Plaza Italia, la zona zero delle manifestazioni cilene, ribattezzata ormai Plaza de la Dignidad. La repressione della polizia cilena è brutale. [sinossi]

A volte, la classica goccia che fa traboccare il vaso può funzionare da scintilla per la catalizzazione di proteste che da tempo covano sotto la cenere. È il caso dell’aumento del prezzo dei mezzi pubblici stanziato in Cile dal governo presieduto da Sebastián Piñera nell’ottobre del 2019: la risposta popolare, ormai due anni orsono, è stata immediata, partecipata, e ha coinvolto soprattutto i più giovani, esausti di subire le decisioni di un governo ultraliberista che, pezzo dopo pezzo, sta svendendo il Paese alle multinazionali. Nei primi minuti del lavoro di Manuele Franceschini, No tenemos miedo (Non abbiamo paura), il presidente cileno dichiara, in un’intervista televisiva, che gli aiuti alla popolazione non saranno messi in atto aumentando la spesa pubblica ma favorendo gli investimenti privati in ogni comparto, in primis quello dell’istruzione. Lo Stato, in pratica, mette nero su bianco il fatto di non ritenere il diritto allo studio come inalienabile, rendendolo di fatto un privilegio per i più abbienti. Il vero punto, insomma, che porta migliaia di giovani a scendere in piazza, organizzati, bardati come in una guerra (di fatto lo diventerà), animati da uno spirito solidaristico che il Paese, dopo la violenta deposizione del governo Allende nel settembre del 1973, non ha più recuperato. La popolazione, almeno è quel che si comprende dalla scelta compiuta sui materiali, appoggia le proteste per la maggior parte, rigettando sdegnosamente la accuse di vandalismo che i media governativi riversano sui manifestanti. Davanti a tutti il gruppo Primera Linea, composto da giovani, organizzati, impegnati a controbattere alle violenze poliziesche con mezzi di fortuna ma ingegnosi.

Il film si compone di tre blocchi ben definiti: nel primo, grazie ad un largo uso di estratti televisivi, si delinea la situazione generale, con una serie di interviste a vari esponenti governativi impegnati ad annunciare candidamente l’accelerazione in senso neoliberista delle politiche sociali. La cesura, rappresentata come già detto dall’aumento del biglietto per i mezzi pubblici, ci porta al secondo segmento, con un montaggio composto sia da riprese “embedded” che di media tradizionali degli scontri che, partendo da Plaza de Armas, presto infiammano vari quartieri della capitale. Seguiamo soprattutto la Primera Linea, movimento con un proprio manifesto programmatico e un humus culturale condiviso, che si compone di canti di protesta, celebrazione di compagni deceduti elevati al rango di martiri della battaglia (il ritrovamento del cadavere di un ragazzo che galleggia sulle acque del Mapocho, il fiume che attraversa Santiago, è uno dei momenti più intensi dell’opera), riconoscimento delle istanze mapuche (il ceppo indigeno originario di queste terre vessato, come in ogni parte del continente, fin dall’insediamento dei conquistadores invasori) all’interno della protesta. Contrapposizione frontale, organizzazione paramilitare atta a contrastare le intemperanze dell’esercito, rinnegazione della paura (come da titolo) all’insegna del “meglio morire che vivere in un Paese iniquo e senza speranza”. Nella terza parte c’è il brusco contatto con l’attualità, l’arrivo del Covid che, anche in Cile, chiude le persone in casa e ferma le proteste. La coscienza politica dei membri di Primera Linea è salda, e i ragazzi non rimangono vittima dell’antiautoritarismo senza logica che sta infiammando le rivendicazioni anti green-pass da questa parte dell’oceano: tutto si ferma, in attesa che il problema passi. Non si combatte contro i deboli, i fragili, le vittime indifese di una malattia che può illudere sì i giovani sulla sua effettiva gravità, ma solo quelli senza un minimo di visione collettiva e privi d’istinto di autoconservazione di specie. Franceschini presenta questa reazione come generalizzata nel movimento, vogliamo sperare lo sia davvero.

Sul piano stilistico, quindi, le scelte operate sono funzionali e favoriscono la chiarezza nell’esposizione dei fatti e della loro cronologia. Certo, non si compie nessuno sforzo in più, s’indaga un solo punto di vista, si tacciono le cause storiche della situazione odierna, ma probabilmente non c’era il tempo né era il caso. Si chiude sulla promessa di ritornare in strada a pandemia passata, dopo una serie di dichiarazioni d’intenti pronunciare da membri del movimento costretti tra le mura di casa, spesso in forma anonima e a volto coperto. Il nuovo termine di paragone per prodotti di questo genere è di sicuro Inside the Red Brick Wall, trionfatore del romano Festival di Villa Medici e realizzato dal collettivo Hong Kong Documentary Filmakers nel corso del 2020, un resoconto puntuale dall’interno dell’occupazione del Politecnico di Hong Kong durante le proteste contro il governo cinese: qui non siamo di certo a quei livelli, ma il film, prodotto da Istituto Luce e Lucky Red e anche distribuito da quest’ultima, rafforza il rapporto tra Italia e Cile già sottolineato dal recente Santiago, Italia di Moretti. Il consiglio è di accorrere in sala quando uscirà, sperando in un congruo numero di copie.

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No tenemos miedo sul sito di Filmitalia.

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