Lobo e Cão

Lobo e Cão

di

Approda al cinema di finzione la filmmaker portoghese, finora autrice di documentari, Cláudia Varejão, con Lobo e Cão, presentato alle veneziane Giornate degli Autori. Nel suo sguardo sulla comunità arcobaleno della sperduta isola di São Miguel, parte anomala di un mondo che preserva le sue tradizioni, la stessa differenza tra fiction e cinema del reale appare estremamente labile. E paradossalmente proprio nella messinscena la filmmaker diventa a tratti didascalica.

Porque te vas

Ana è nata su un’isola. È la seconda di tre figli e, insieme ai fratelli, vive con la madre e la nonna. Crescendo, comprende che alle ragazze e ai ragazzi sono assegnati compiti diversi. Luís, il suo migliore amico, ama indossare abiti da donna e da uomo. E Ana lo ammira. Dal Canada arriva Cloé e, con lei, una ventata di gioventù. E così, con la sua amica, Ana si imbarca per oltrepassare l’orizzonte e per scoprire quella linea che separa il “lupo” dal “cane” e che le potrebbe rivelare quale mare navigare. [sinossi]

Si è discusso molto durante la 79 Mostra di Venezia, circa il film di finzione di Frederick Wiseman dal titolo Un couple. Assistiamo ora, sempre durante la mostra ma alle Giornate degli Autori, a un’altra metamorfosi del genere, quella della regista portoghese Cláudia Varejão che presenta Lobo e Cão, salutato come suo primo film di finzione, film ambientato in un contesto insulare, a São Miguel nell’arcipelago delle Azzorre. A differenza di Wiseman, che mette alcuni precisi segnali nel film per differenziarlo dalla sua produzione di cinema del reale, per la filmmaker portoghese la differenza tra messinscena e documentario risulta estremamente labile, il suo sguardo rimane osservazionale nello spazio che dà, per esempio, alle tante processioni, alle manifestazioni del folklore che ancora sopravvivono in quel mondo sperduto, come se in un documentario antropologico o etnografico. Manifestazioni cui partecipano comunque anche i membri della comunità LGBT dell’isola, o di una più generica collettività arcobaleno di giovani alternativi. E può succedere che qualche anziano li osteggi. Fanno parte di quel mondo, e allo stesso tempo se ne sentono intrappolati. Cláudia Varejão usa la musica sacra, di Bach, per accompagnare le loro feste, disinibite e licenziose, dove sfoggiano look alternativi e stravaganti. Un contrappunto ironico o la sottolineatura della teorica non inconciliabilità di quei due mondi? Mentre la parte finale che va verso la catarsi è accompagnata dalle note della canzone spagnola anni Settanta Porque te vas, come un inno alla liberazione, già nella colonna sonora di Cría cuervos di Carlos Saura. Film quest’ultimo che vedeva la presenza iconica di Ana Torrent bambina, già ne Lo spirito dell’alveare, in entrambi i film sempre con il suo vero nome, Ana. E si chiama Ana anche la protagonista di Lobo e Cão.

Dopo il documentario Ama-San, sulle tradizionali pescatrici nipponiche, Cláudia Varejão conferma il suo interesse per una dimensione fluida, per un amniotico substrato acquatico che pervade la sua poetica. Subito sottolineato all’inizio di Lobo e Cão, quando si delineano i vari personaggi, buona parte dei quali impegnata in attività legate al mare. La ragazza che lavora su una nave di whale watching, il ragazzo che distribuisce il pescato nelle casse, lo stesso traffico clandestino di droga per via marittima. L’acqua presiede al sacro e al profano, al battesimo, e nell’acqua avviene anche quel bacio decisivo tra le due ragazze, il loro coming-of-age nei termini della propria consapevolezza di genere. L’acqua delimita anche il concetto stesso di isola. Siamo nel mezzo dell’Atlantico, nell’arcipelago delle Azzorre. Quella situazione di isolamento che è vissuta come una prigionia per i giovani personaggi. Ma la condizione di prigione è anche quella binaria, come si dice nel film, quella eterogenea dove i componenti sono diversi e complementari, che esclude quella omogenea. Il che ci riporta al precedente film di Varejão sulla varietà delle combinazioni binarie, Amor fati.

Già in Amor fati, nel suo stile osservazionale e senza voce off, la regista utilizzava un brano di un documentario televisivo, quello visto dal falconiere, uno di quelli didattici con abbondanza di commento parlato, ovvero l’antitesi dell’approccio stesso della regista al reale. Ora, in un film di fiction, torna a usare il documentario stile National Geographic, con fini didascalici che si accumulano all’inizio del film. Si sente l’audio di questo doc naturalistico che parla delle specie vegetali endemiche che darwinianamente si evolvono nelle isole, in assenza di scambi genetici con l’esterno, generando forme autoctone uniche, “i fiori più robusti del mondo” sostiene questo documentario. Nel film sarà un elemento dall’esterno, la ragazza che arriva dal Canada, a innescare una dinamica evolutiva, nel permettere ad Ana la piena espressione, e la liberazione, della sua natura intima e autentica. Varejão gioca su un voluto eccesso didascalico iniziale, che risulta pesante, a partire da quella voce off, atona come un annuncio registrato da altoparlante, con il tono quindi dell’ufficialità, che illustra una delle metafore del film, ovvero quella che riguarda una parte della corteccia cerebrale detta insula. Un organo così chiamato proprio per essere anatomicamente diverso dalla parte circostante, che è il luogo deputato all’emotività e all’auto-consapevolezza, a quella essenza autentica degli individui che possono esprimere o reprimere all’interno della condizione sociale di appartenenza. La voce diventerà poi quella di un vero altoparlante, sull’imbarcazione di whale watching per turisti, dove lavora Ana, che illustra le peculiarità dell’isola e della fauna di cetacei. L’altra metafora è quella che dà il titolo al film, il cane e il lupo, introdotta in una scena a scuola dove i ragazzi indossano maschere di animali. Il cane e il lupo ovvero i due poli opposti della personalità di un individuo, tra l’addomesticamento nella società o il seguire la propria natura selvatica, i propri istinti. Una dicotomia su cui si giocano i giovani personaggi del film ma che è anche quella di Cláudia Varejão che finisce per seguire il proprio istinto di cineasta osservazionale sul reale piuttosto che addomesticarsi completamente alla finzione.

Info
Lobo e Cão sul sito delle Giornate degli Autori.

  • lobo-e-cao-2022-claudia-varejao-01.jpg
  • lobo-e-cao-2022-claudia-varejao-02.jpg
  • lobo-e-cao-2022-claudia-varejao-03.jpg
  • lobo-e-cao-2022-claudia-varejao-04.jpg

Articoli correlati

Array
  • Venezia 2022

    Venezia 2022 – Minuto per minuto

    Venezia 2022 riapre le sale al 100% della capienza, ma dopo due anni di pandemia deve fare i conti con una guerra a poco più di mille chilometri di distanza, tutto questo mentre l'Italia è nel pieno della campagna elettorale. Riuscirà il cinema a catalizzare l'attenzione anche di chi non è addetto ai lavori? Lo scopriremo presto...
  • Festival

    Venezia 2022

    Venezia 2022, settantanovesima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, riapre le sale al 100% della capienza; un ritorno alla normalità, offuscato però almeno in parte dalla guerra che infuria a poco più di mille chilometri dal Lido, dalla crisi energetica, e anche dall'approssimarsi delle elezioni politiche.
  • Festival

    Il programma delle Giornate degli Autori 2022

    Le Giornate degli Autori 2022, sezione autonoma della Mostra di Venezia, festeggiano i diciannove anni con un programma che conferma la linea dettata dalla direttrice Gaia Furrer, al terzo anno di lavoro. Le Giornate degli Autori proseguono un'indagine sull'identità che non è mai dimentica del fare cinema.
  • Festival

    Venezia 2022 – Presentazione

    È stato presentato il programma di Venezia 2022, settantanovesima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica che si svolge nell'anno in cui si festeggia anche il novantennale della prima edizione: Alberto Barbera conferma e forse in parte perfino radicalizza la sua linea editoriale.
  • Rotterdam 2021

    amor fati recensioneAmor fati

    di Presentato al 50 International Film Festival Rotterdam, dopo l'anteprima a Visions du Réel, Amor Fati è la nuova opera della filmmaker del reale Cláudia Varejão, incentrata sul concetto di gemellanza, di storie di esistenze che trovano nella coppia la propria essenza.
  • Firenze 2016

    Ama-San

    di Presentato in concorso al Festival dei Popoli, Ama-San è un documentario su quelle pescatrici giapponesi che hanno lasciato un segno forte nella letteratura e nella pittura. Dove sono e come vivono le ultime superstiti di una tradizione millenaria?