MMXX

MMXX, vale a dire 2020 in numeri romani, è il modo in cui attraverso quattro istantanee di vita Cristi Puiu racconta la pandemia, ma ancora di più la fragilità del vivere, il tentativo disperato (e disperante) di trovare una connessione con il mondo circostante. Un’opera solo all’apparenza minore, che testimonia qualora ce ne fosse ancora bisogno il ruolo di centrale importanza che la cinematografia di Puiu occupa nella produzione europea contemporanea. Nella selezione ufficiale del festival di San Sebastián.

Oana e gli altri

Oana Pfifer, una giovane terapeuta, accoglie una paziente in casa e si impegna con lei nella stesura di un questionario. Mihai, il fratello di Oana, il giorno del suo compleanno si ritrova a fronteggiare una faccenda più grande di lui. Septimiu, il marito di Oana, mentre aspetta il risultato del tampone ascolta distrattamente una strana storia in cui è stato coinvolto qualche tempo un suo collega. Narcis Patranescu, un detective della polizia criminale, affronta una storia oscura e inquietante mentre interroga una giovane donna a un funerale. [sinossi]

Sempre libera, Baba au rhum, Norma Jean Mortenson, ВОСьМОЕ ИЮЛЯ. Questi i titoli dei quattro segmenti di cui si compone MMXX, sesto lungometraggio diretto in oltre venti anni da Cristi Puiu e primo a essere stato portato a termine dall’esplosione globale della pandemia nei primi mesi del 2020. Alla Berlinale 2020, ultimo festival europeo a essersi tenuto seguendo le linee guida pre-pandemiche (in quei giorni arrivavano le prime sconcertanti notizie da Codogno, e si iniziava a parlare di “zona rossa” per tentare di isolare le aree geografiche più colpite), fu possibile incontrare sugli schermi Malmkrog, straordinario adattamento portato a termine da Puiu partendo dai “Tre dialoghi” del filosofo russo Vladimir Sergeevič Solov’ëv; un’opera maestosa, interamente parlata in francese quasi a sottolineare il livello di cultura dei personaggi in scena. A ripensare oggi a quel film e a quel contesto festivaliero l’impressione è quella di un tempo lontanissimo, quasi sognato. In tre anni molto, se non tutto, è cambiato: la pandemia ha ridefinito il concetto di festival, per quanto quell’esperienza cerchi di muoversi sui binari più abituali possibili, ed è difficile pensare che oggi una coproduzione europea possa decidere di investire denaro non indifferente per portare in scena l’opera di un filosofo russo. Eppure il mondo rumeno e quello russo, nonché quello europeo nella sua interezza sono stati prossimi, vicini, in un continuo interscambio – di nuovo, il riferimento alla lingua francese è determinante in tal senso. Quando Septimiu, che ascolta il suo collega di ambulanza parlare di un’avventura erotico-sentimentale vissuta anni prima mentre aspetta che il tampone gli indichi se è o meno positivo al COVID, lo sente lamentarsi del suo scarso successo come attore, gli consiglia di andare a vivere a Mosca, e tentare lì la sorte.

In tre anni è davvero cambiato il mondo, anche produttivamente: lo sfarzo di Malmkrog è distante anni luce da MMXX, che si muove invece in pochissime location, con pochi interpreti, e in uno scenario in tutto e per tutto contemporaneo. C’è chi sulla base di questo dettaglio riterrà probabilmente di trovarsi di fronte a un’opera minore di Puiu, idea suffragata anche dal carattere episodico del film, ma a ben vedere si tratterebbe di una lettura errata. Se MMXX appare come la risposta a un’epoca in cui è necessario adattarsi per poter continuare a “fare cinema”, durante la visione si fa largo con nettezza la profonda visione di Puiu, la sua radicata elaborazione dell’umano e delle sue riflessioni: in quattro tasselli dialettici (per lo più duetti, pur con qualche “intrusione” di altri personaggi – ad esempio Septimiu che entra ed esce dalla scena in Baba au rhum, i cui protagonisti sono Mihai e sua sorella Oana) il regista rumeno mette in scena lo sperdimento irredimibile di un’umanità che non sa più spiegarsi all’altro ma può solo perdersi nella propria elucubrazione. È così per la paziente che Oana accoglie in casa in Sempre libera e che viene sottoposta a un test sulla personalità, che si evidenzia come totalmente egoriferita e incapace di leggere il mondo esterno; è così per Mihai, che vorrebbe solo concentrarsi sul babà al rum che ha intenzione di preparare per il suo compleanno e non si rende neanche davvero conto dei problemi che sta affrontando la sorella, con la sua migliore amica incinta all’ottavo mese e ricoverata d’urgenza da positiva al COVID; è così ovviamente per il collega di Septimiu, perso nella rievocazione della sua liason con la moglie di un mafioso.

Connettersi con il mondo esterno può significare dover aprire gli occhi sull’orrore, sul dolore, sulla tragedia, come accade a Narcis, il detective della polizia criminale che si reca a un funerale in campagna per interrogare una donna coinvolta nel traffico di organi. In questo segmento, l’unico apparentemente spurio (i personaggi dei primi tre sono strettamente collegati e imparentati tra loro), Puiu prende anche una decisione netta nel titoletto, che svicola dal riferimento alla cultura occidentale – La Traviata di Giuseppe Verdi, vero e proprio mattatore di una colonna sonora in cui nel finale trova inopinatamente spazio The King Will Come dei Wishbone Ash; un classico della pasticceria francese e napoletana; l’attrice hollywoodiana per eccellenza, vale a dire la Blonde Marilyn Monroe – per muoversi in direzione di quella russa. “ВОСьМОЕ ИЮЛЯ” significa “8 luglio”, e fa riferimento alla celebrazione nella chiesa ortodossa orientale dei santi Pietro e Fevronia di Murom, resa festa in Russia da Dmitri Medvedev nel 2008 con questa motivazione: “Una scelta del genere, ovviamente, non è casuale, perché la storia della vita dei principi Pietro e Fevronia è una storia di lealtà, devozione e vero amore, capace di sacrificarsi per il bene di una persona cara”. David – nome anagrafico di Pietro prima della scelta di vita monacale – e Fevronia sono due personaggi centrali nell’ultimo segmento, in un racconto che nulla ha dei concetti di lealtà, devozione, e vero amore. Ragionando per contrapposizione Puiu di nuovo crea un ponteggio ideale tra occidente e oriente, mondi oggi in lotta che lasciano macerie sul terreno, detriti di un passato recente come quelli che si intravvedono nell’erba del giardino che fa da collegamento tra un episodio e l’altro, e che ricorda la finitezza del vivere, la necessità di raccontarsi per liberarsi dal peso della propria coscienza, e ritrovare (forse) un brandello di umanità. La Romania spaurita dopo l’avvento del COVID era in realtà già spaesata, sperduta tra la memoria dello sguardo a Est e i collegamenti con l’occidente dati anche dall’Unione Europea: ma se compaiono qua e là ricette italiane – i saltimbocca alla romana, un fantomatico pollo “alla carbonara”, il già citato babà –, e Septimiu utilizza Invictus di Paco Rabanne, è pur sempre dall’Austria e dalla Germania che arrivano gli acquirenti degli organi dei bambini trafficati illegalmente. Una riflessione che riporta alla mente recenti film di altri due giganti della produzione rumena, Animali selvatici di Cristian Mungiu e Do Not Expect Too Much of the End of the World di Radu Jude.

Puiu alterna due approcci registici quasi antitetici: Sempre libera e Norma Jean Mortenson sono due piani sequenza di circa mezz’ora, mentre Baba au Rhum e ВОСьМОЕ ИЮЛЯ si articolano attraverso un ritmo spezzato, con un gran ricorso alla camera a mano. Di nuovo la dialettica, anche nello stile, unica possibilità – il linguaggio – per cercare di trovare un senso nel contemporaneo, e in ciò che sta accadendo. Un approccio, quest’ultimo, che fa tornare alla mente un’opera radicale come Police, Adjective di Corneliu Porumboiu, che forse non a caso come in MMXX donava a Dragoș Bucur il ruolo di ispettore di polizia. XXMM, e di nuovo il titolo si pone come elemento centrale del discorso, propone una sorta di brevi istantanee sul 2020, l’anno pandemico, il punto di svolta dell’Europa (dis)Unita. In Norma Jean Mortenson si fa a un certo punto riferimento ai “mankurt”, vale a dire in senso figurato coloro che hanno perso contatto con la loro patria etnica, dimenticando dunque di fatto la loro linea parentale: l’impressione è che questo passaggio, che potrebbe essere colto solo di sfuggita, rappresenti uno dei nuclei fondativi della speculazione di Cristi Puiu, che regala il suo ennesimo imperdibile film. Congratulazioni a San Sebastián che l’ha scelto nella selezione ufficiale, ma avrebbe meritato una platea più vasta come quella di Cannes, o di Venezia.

Info
MMXX sul sito di San Sebastian.

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