Oh, My Buddha!

Oh, My Buddha!

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Oh, My Buddha!, secondo lungometraggio da regista per il poliedrico Tomorowo Taguchi, è un divertente excursus sul Giappone degli anni ’70 che vede nelle canzoni di Bob Dylan il simbolo possibile di una rinascita. Al Far East Film Festival di Udine.

The times they are a-changin’

Jun frequenta un liceo buddhista; insieme a due compagni di scuola inizia a essere ossessionato dal programma di una vacanza su un’isola nota per il suo “sesso libero”. Quando il terzetto finalmente raggiunge l’isola si ritrova invece in un normalissimo ostello della gioventù gestito da un hippie gentile e accogliente che si fa chiamare Hige Godzilla (Godzilla barbuto), e fa la conoscenza con l’avvenente Olive, di cui Jun si innamora… [sinossi]

Tomorowo Taguchi vanta una personalità artistica davvero preponderante: scrittore, disegnatore di fumetti porno, musicista, attore dalla presenza costante nelle fila della cosiddetta New Wave giapponese dei primi anni Novanta. Il passaggio dietro la mdp appariva quasi uno step obbligato per un personaggio così integrato nel panorama culturale nipponico: Oh, My Buddha! è il secondo lungometraggio a recare in calce la firma di Taguchi dopo Iden & Tity, il suo esordio alla regia che segue le vicende di un gruppo rock indipendente. Oh, My Buddha! si inserisce con convinzione nel firmamento dei seishun eiga giapponesi, declinando con spigliatezza l’adolescenza di Jun, studente in un liceo buddhista, alle prese con le tempeste ormonali e il desiderio di esplorare il mondo del sesso. Per questo insieme ai suoi amici pianifica una vacanza in un isola nota per la pratica del “sesso libero”: l’oggetto dei loro desideri estivi sembra essere incarnato da Olive, dolce e rilassata ospite del loro stesso ostello. Divertente excursus sul Giappone degli anni ’70, il film affronta la narrazione con fluidità, aiutato da un piacevole sentiero musicale che si interseca allo sviluppo delle vicende: Bob Dylan infatti – mito del giovane Jun – rappresenta il “profeta” dell’amore cui si rifanno i protagonisti, suggestionati dalle frammentarie notizie che gli arrivano dai media sull’Occidente mentre anche il Sol Levante ha ormai iniziato ad assorbire e sviluppare l’esperienza filosofica ed esistenziale degli hippy. Il personaggio di Jun si libera dai legami temporali e restituisce al grande schermo il ritratto “universalizzato” di un adolescente ordinario, che malgrado la passione per la musica e le aspirazioni da cantautore sembrerebbe destinato a una vita scolastica lontana dai riflettori della popolarità: un diciassettenne goffo, timidissimo, incapace di relazionarsi con le ragazze. 

Piacevole coming-of-age comedy, Oh, My Buddha! non si limita a riprodurre i classici caratteri del genere, elaborando una consapevole rilettura della gioventù in chiave lievemente ironica ma mai beffarda: la comicità che permea l’intera pellicola infatti non viene suggerita con insistenza attraverso lo sfruttamento di biechi cliché ma si sviluppa spontaneamente grazie alla divertita rappresentazione degli eventi e dei personaggi. Taguchi è abile nel restituire al grande schermo la spontaneità e l’ingenuità dei protagonisti, dando vita a un ritratto dei teenager disinvolto e vivace: pur vantando una gradevole leggerezza vagamente venata da un tocco nostalgico, Oh, My Buddha! non manca di sottolineare il legame con il filone dei seishun eiga che rappresentano una considerevole fetta del mercato produttivo cinematografico nipponico. Una fra le più palesi citazioni interne è quella che nel finale ripropone la sequenza di un concerto studentesco che sembra ripercorrere fedelmente le orme del clamoroso Linda Linda Linda di Nobuhiro Yamashita, a sua volta presentato nel corso dell’ottava edizione del Far East Film: gli innumerevoli cenni alla filmografia di genere dedicata ai teenager che ricorrono nel film di Taguchi concorrono alla creazione di una struttura stabile utile per lo sviluppo della pellicola. Amore, amicizia, sesso, questioni generazionali: Oh, My Buddha!, tratto da un romanzo di Jun Miura, non si dedica esclusivamente all’incursione nell’universo adolescenziale ma realizza un pregevole quadro degli anni Settanta vissuti attraverso il filtro dell’esperienza tradizionale giapponese. Il percorso di formazione dei protagonisti quindi corre parallelamente al binario di integrazione culturale nipponica, dove il confronto fra tradizionalismo e nuove filosofie si fa sempre più serrato: i giovani studenti degli istituti di impostazione religiosa sostituirebbero volentieri i canti sacri con forsennati ritmi rock, mentre l’idealizzazione di alcuni modelli di vita occidentale sembra prendere il sopravvento (l’esempio principe all’interno del film è senza dubbio il luogo comune legato al “sesso libero” svedese).

Miti generazionali, mood sottilmente malinconico per stemperare la comicità involontaria dei protagonisti e una vicenda narrata con originalità attraverso gli occhi di tre teenager sono gli ingredienti fondanti della ricetta vincente di Oh, My Buddha!, ennesimo esempio di un cinema d’intrattenimento (dedicato anche e soprattutto ai giovani) che declina l’adolescenza con garbo e spontaneità, senza artificiose smanie autoriali o rovinose cadute di stile: i sostenitori dell’espressione cinematografica legata all’espansione culturale della “generazione-Moccia” (e di tutti quei prodotti che ricalcano il successo mediatico dello scrittore/regista romano) dovrebbero imparare a mettere in discussione i loro canoni interpretativi della realtà, mettendosi a confronto con i teenage movie targati Japan. Oh, My Buddha! canta le gioie, le speranze e i dispiaceri della gioventù con semplicità e linearità, con lo stesso approccio naturale con il quale un ragazzino con velleità musicali si approccia alla propria chitarra, cercando di fare colpo sull’oggetto del proprio desiderio.

Info
Il trailer di Oh, My Buddha!.

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