Chantrapas

Chantrapas

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Il ritorno di Otar Iosseliani dietro la macchina da presa dopo un lungo periodo d’assenza. Chantrapas mette in scena la storia di un ragazzo con il sogno di fare il regista, tra la Georgia e la Francia, secondo una sottile e auto-ironica linea autobiografica.

Favola degli esclusi

Nicolas è un artista, un regista che vuole soltanto esprimere se stesso e che tutti desiderano ridurre al silenzio. Quando comincia il suo lavoro in Georgia, gli “ideologi” sono convinti di farlo tacere, preoccupati dal fatto che egli non segua le regole stabilite. Di fronte alla loro determinazione, Nicolas lascia la sua patria per la Francia – il paese della libertà e della democrazia. Ma lo “stato di grazia” non durerà a lungo… [sinossi]

Una favola autobiografica divisa tra la Georgia e Parigi, tra il presente e il passato, dove, però, nulla è davvero definitivo. Così si può sintetizzare Chantrapas, film con cui Otar Iosseliani torna dietro la macchina da presa dopo un lungo periodo di assenza. Il racconto certo non entra nel merito della sua esperienza personale, ma la storia di un giovane  regista e della sua ostinata passione non può fare a meno di un certo sottile autobiografismo. Nicolas è un ragazzino appassionato di fotografia che trascorre molto tempo con i suoi due amici a girovagare, fotografare e poi, a sviluppare i suoi scatti. Da adulto la sua passione, che nel frattempo si è indirizzata al cinema, diventerà il centro della sua vita, dove coinvolgere gli amici di sempre e la famiglia, che lo asseconda e lo supporta senza condizioni. Diverso il discorso per la censura, che, invece, lo perseguita e lo costringe alla fuga in Francia per poter portare avanti l’ambizione di non cedere a compromessi. “Per fortuna io ho potuto fare tutto quello che volevo in Unione Sovietica – dice Iosseliani – anche se i miei film sono stati proibiti”. Per questo il regista parla di “ritratto collettivo di cineasti” che coinvolge Paradjanov, Tarkovski, Panfilov, in contrapposizione a quei cineasti vicini al regime.

L’inizio è un regalo inaspettato. Su uno schermo passano le immagini di un film sconosciuto, cortometraggio inedito realizzato da Iosseliani nel 1959, che non è mai stato mostrato in pubblico e ci riporta subito ai colori di un cinema intramontabile e denso di poesia. La costruzione temporale è ellittica e frammentata. Le regole della progressione sono dettate dalla memoria che mescola i tempi e sovrappone gli stili. I ragazzini diventano adulti, ma ci sono personaggi che non cambiano mai, nonostante l’andirivieni temporale, e donano al film la sua leggerezza e l’invenzione surreale e lieve che da sempre contraddistingue il regista. Segno rintracciabile fin nel titolo Chantrapas, parola russa mutuata a sua volta dall’espressione francese “Chantera pas”, quando, alla fine del diciannovesimo secolo le famiglie aristocratiche di San Pietroburgo mandavano i propri figli a lezione di canto. I maestri italiani avevano l’abitudine di usare due parole per selezionare gli allievi: “Chantera” per indicare i bambini dotati e “Chantera pas” per quelli senza possibilità musicali. Quest’ultimo termine sarebbe poi entrato nella lingua di tutti i giorni per indicare i buoni a nulla e quindi gli esclusi.

E Nicolas è uno splendido escluso, capace, però, come diceva già Iosseliani, di volgere a proprio favore il fallimento e riportare la sua storia in un altro paese, quasi uguale, ma aggiungendo dettagli raffinati a una Parigi fatta di cliché e di magnifiche visioni. Qui sta il talento del regista georgiano, la capacità di osservare la realtà e di restituircela nella sua forma più emozionante. Questo fanno anche gli occhi del protagonista, fatto cadere in acqua da una misteriosa sirena in un lago francese e poi trascinato da lei per sempre nelle profondità di un altro lago, in Georgia, quando ormai il gioco del cinema è diventato radicale e ha completamente divorato la vita.

Info
Il trailer di Chantrapas.
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