The Jericho Mile

The Jericho Mile

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Due anni prima dell’esordio cinematografico con Strade violente, Mann realizza una pellicola sportivo-carceraria di rara potenza emotiva, capace di lasciarsi alle spalle i limiti produttivi, narrativi ed estetici del piccolo schermo. The Jericho Mile è tra i titoli della retrospettiva sulla New Hollywood del Torino Film Festival 2014.

Corri uomo corri

Nel penitenziario di Folsom, in California, un giovane ergastolano parricida si esercita nella corsa. I dirigenti si accorgono che è veloce, molto veloce, e che potrebbe piazzarsi per le selezioni olimpiche della gara dei 1500 metri. L’allenamento comincia, tra scontri tra gang, violenze, prevaricazioni… [sinossi]

La corsa, un po’ come il volo, regala istanti di libertà assoluta. La corsa è come un attimo di sospensione, il passaggio in una realtà altra. Libertà, dignità, riscatto. L’allenamento nei boschi di Bobby Sands in Hunger, i rabbiosi cento metri di Harold Abrahams, l’eleganza tra gli ostacoli di Lord Andrew Lindsay e l’incrollabile tenacia di Eric Liddell in Momenti di Gloria, la corsa nei campi di Gioventù amore e rabbia, l’inarrestabile atletismo dei nativi americani Jim Thorpe (Pelle di rame) e Billy Mills (Running Brave): l’atletica è uno sport di estrema eleganza, evocativo, metaforico, che nei gesti tecnici sembra rivelare l’essenza dei personaggi.
È nella falcata inarrestabile da locomotiva umana che possiamo cogliere la rabbia e la forza d’animo di Larry “Rain” Murphy (Peter Strauss), ergastolano dal talento nascosto, diamante grezzo che meriterebbe un altro palcoscenico e un altro destino. Ma The Jericho Mile, in Italia col titolo meno incisivo La corsa di Jericho, non si accontenta del ritratto del singolo, riuscendo a mettere in scena con efficace realismo l’ambiente carcerario, le dinamiche interne ed esterne, le ipocrisie di chi dovrebbe tutelare il lungo e doloroso processo di recupero. Una pellicola in perfetto equilibrio tra genere sportivo e carcerario. Un film capace di lasciarsi alle spalle i limiti produttivi, narrativi ed estetici del piccolo schermo.
Due anni prima dell’esordio cinematografico con Strade violente, Mann realizza una pellicola di rara potenza emotiva, smarcandosi dall’apatia di molte produzioni televisive, dalle trappole del formato 4:3. Partendo da un montaggio serrato e dall’utilizzo magistrale di una versione strumentale di Sympathy for the Devil dei Rolling Stones, il futuro regista di Manhunter – Frammenti di un omicidio e Collateral riesce a gestire gli spazi claustrofobici del carcere e le distese idealmente infinite del campo di allenamento di Murphy, dando corpo e spessore a ogni personaggio, a ogni ingranaggio del sistema penitenziario.

Uno dei cardini di The Jericho Mile è l’utilizzo di Sympathy for the Devil, brano trascinante che sembra sempre a un passo dalla detonazione liberatoria. Ma è una detonazione che non arriverà mai, quasi a sottolineare l’impossibilità del sogno olimpico o quantomeno di una vita normale. Dal montaggio della macrosequenza d’apertura fino alla trascinante corsa finale, risuonano le note dei Rolling Stones, anticipando, in una prospettiva decisamente rovesciata, le musiche di Vangelis per Momenti di gloria.
Una sequenza ci riconduce al film di Hugh Hudson, come se le due pellicole fossero speculari. Se Abrahams e il raffinato Lindsay sfidano il tempo e l’immortalità nel piazzale dell’elitario Trinity College di Cambridge, nel certame di Caius, sostenuti dagli incitamenti dei compagni di studi, Murphy si misura nel cortile del carcere con degli atleti venuti dal mondo esterno, mentre le bande rivali della prigione per una volta si uniscono in un grido comune. Non ci sono 188 passi o 12 rintocchi in The Jericho Mile, non ci sono medaglie o storie esemplari, eppure ogni giro di pista corso da Murphy tracima umanità, talento, coraggio. Larry “Rain” Murphy è il campione invisibile, è la leggenda che non sarà mai tramandata.

Nel decennio di Steve Prefontaine [1], l’atletica e soprattutto il fondo e mezzofondo trovano ampi spazi nel cinema statunitense e anglosassone. Del 1979, ad esempio, è Running – Il vincitore di Steven Hilliard Stern. Ma The Jericho Mile, come detto, intercetta anche il microcosmo carcerario, osservando con attenzione le dinamiche e le tensioni tra le bande e le etnie. Il 1979, ad esempio, è anche l’anno de I guerrieri della notte. Sono i fantastici anni Settanta, giunti oramai a un passo dalla fine, dal generale disimpegno dell’era reaganiana. Teniamoci stretta la New Hollywood.

Note
1. A Steve Prefontaine (1951 – 1975) sono dedicate due pellicole: Prefontaine (1997) di Steve James e Without Limits (1998) di Robert Towne. Mezzofondista di grandi speranze, Prefontaine partecipò appena ventunenne ai 5000 metri alle Olimpiadi di Monaco di Baviera, chiudendo la gara a un passo dal podio. Rimane nella storia dell’atletica la sua spregiudicata e aggressiva condotta di gara: facendosi beffe di qualsiasi tattica, l’atleta a stelle e strisce cercò di tenere la testa del gruppo fin dai primi metri. Il destino gli impedì la possibile rivincita ai giochi di Montréal: morì in un incidente automobilistico nella primavera del 1975.
Info
La scheda di The Jericho Mile sul sito del TFF2014.
La sequenza iniziale di The Jericho Mile.
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