Much Loved

Much Loved

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Mettendo in scena la condizione di desolazione e solitudine di un gruppo di prostitute a Marrakech, il regista franco-marocchino Nabil Ayouch realizza con Much Loved un dramma didascalico che però – grazie alle sue protagoniste – non è privo di una certa umanità.

La necessità dell’osceno

Randa, Noha, Soukaina e Hlima passano le loro notti a prostituirsi per una lunga serie di clienti, in particolare sauditi di stanza in Marocco. Le quattro, ciascuna con i propri problemi personali, cercano di farsi forza a vicenda. [sinossi]

Siamo in un periodo storico in cui è ormai quasi impossibile discernere quanto di autentico e quanto invece di artificioso provenga da una certa cinematografia. Vale a dire che il processo di globalizzazione, invece di contribuire ad arricchire le diverse culture, finisce per livellarle creando così una confusione in cui tutti i gatti sono bigi. È inutile in questa sede mettersi a ricordare le parole profetiche di Pasolini, ché ci porterebbero fuori strada, ma ci pare che questo discorso possa ben servire da introduzione a un film come Much Loved, diretto dal regista franco-marocchino Nabil Ayouch.
Mettendo infatti in scena la vita di tre prostitute (cui poi se ne aggiunge una quarta, tra l’altro incinta) che vengono sfruttate da una pletora di uomini (in particolare dai ricchi sauditi), nonché maltrattate e isolate dai rispettivi familiari, Ayouch cade inevitabilmente nel cliché e nel didascalico ricostruendo una Marrakech irreale e poco credibile, sprezzantemente anti-documentaristica e piuttosto fotografata in modo morbido e avvolgente, sinuoso e un po’ vizioso, così come vuole l’imprinting orientalista inventato dall’Occidente.

Si aggiunge, a questo mondo fotograficamente ovattato, un certo gusto per lo scandalo e per l’umiliazione delle povere donne in questione, che vengono picchiate, isolate, escluse, e che – a tratti – cercano volutamente di sfogarsi con delle oscenità verbali per épater la bourgeoisie. E, tutto questo, di nuovo, è tipicamente occidentale: si giudica, infatti, negativamente una società maschilista come quella del mondo arabo contemporaneo e si scelgono come cartina di tornasole le donne e, in particolare, quelle donne che svolgono il ruolo più umiliante possibile.
Ecco che allora lo scandalo cercato e pensato e fortissimamente voluto è arrivato. Il film infatti non potrà circolare nelle sale marocchine e gli autori sono già sotto processo per via di alcune clip che sono state caricate illegalmente su Youtube.

Ma – e qui torniamo al discorso della globalizzazione – da quale parte vogliamo metterci? Da quella di chi accusa il film di essere banalmente ricattatorio e anche voyeuristico – perché, sadicamente, ci mostra il dolore di queste donne – oppure da quella di chi sceglie di sostenere comunque un’operazione siffatta, perché in fin dei conti lo scandalo è spesso uno strumento necessario per scuotere le coscienze? Si pensi allo scandalo di Salò, sempre per restare a Pasolini, o a quello di Ultimo tango a Parigi. Certo, rispetto a Much Loved c’è un abisso e quello che ci sentiamo di rimproverare al regista è di non essere andato fino in fondo, di aver voluto infiocchettare il suo film come un prodotto levigato pronto per essere esportato nel resto del mondo.

Eppure, se Much Loved si salva, non è tanto per il suo voler urlare e mostrare oscenità, quanto nel riuscire – in extremis – a rifuggire dal didascalismo grazie a un gruppo di attrici convincenti e grazie a un profondo com-patire delle quattro protagoniste. E, allora, queste donne – per quanto punite, per quanto oltraggiate – mantengono una loro dignità, una loro forza e una loro naturale indipendenza. E, quindi, alla fine di Much Loved, non possiamo fare a meno di ammirarle e di ammirare – in maniera universale – l’eterna capacità di resistenza del mondo femminile.

Info
Il sito di Much Loved.
Il trailer di Much Loved su Youtube.
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