Appena apro gli occhi

Appena apro gli occhi

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Presentato al FCAAAL di Milano, e già passato alle Giornate degli Autori veneziane, Appena apro gli occhi, opera prima della giovane regista Leyla Bouzid, è uno spaccato della Tunisi prima della Rivoluzione dei Gelsomini, una società dai costumi morigerati, dove vige un clima di oppressione e dove le vite sono spiate e controllate.

Prima della Rivoluzione dei Gelsomini

La storia è ambientata a Tunisi, nell’estate 2010, pochi mesi prima della Rivoluzione. La diciottenne Farah si è appena diplomata e la sua famiglia vorrebbe iscriverla alla facoltà di Medicina. Lei non la pensa allo stesso modo. Canta in un gruppo politico rock. Vuole essere una cittadina attiva e impegnata in difesa delle libertà civili, ma vuole anche divertirsi, scoprire l’amore e vivere la città di notte. [sinossi]

Uno spaccato sociale dove vigono, come prevedibile, costumi morali e sessuali più morigerati di quelli delle società occidentali. Così è inizialmente Appena apro gli occhi, presentato al FCAAAL di Milano, prima di colorarsi di tinte fosche. La Tunisi raccontata dalla regista Leyla Bouzid attraverso gli occhi della giovane protagonista Farah, presumibilmente un’estensione della stessa Bouzid, non è dissimile dalle società occidentali di qualche decennio fa, degli anni Sessanta o Settanta. Un gruppo musicale di giovani capelloni si ritrova in un locale, dove si esibisce. Un mondo autentico, in apparenza, di ragazzi ingenui convinti di poter cambiare il mondo, un ambiente di cultura giovanile underground, alternativa.
Tra questi spicca la figura di Farah, ragazza solare, la solista del gruppo. Studentessa modello, dolce, generosa: capace di accompagnare a casa l’amico ubriaco. Le sue canzoni, che intervallano spesso il film e ne rappresentano dei momenti musicali alti, trattano temi sociali, rappresentano i mali del paese. “Appena apro gli occhi vedo…” è il refrain di una sua canzone, e quello che vede sono le piaghe della società tunisina, ivi compreso il problema dell’emigrazione, di gente disperata che fugge in un mare pronto a inghiottirla.
Farah è fidanzata con un altro membro della band, dalla capigliatura rasta. La loro storia è tenuta all’oscuro alla madre di lei con cui vive, donna chiusa, borghese bacchettona. Che non capisce l’importanza per la figlia di quella passione per la musica, vuole vietarle di frequentare quegli amici che considera cattive compagnie, impedirle di partecipare al concerto importante. Vuole che Farah si iscriva a Medicina mentre lei vorrebbe invece studiare Musicologia, inconcepibile per la madre. Farah vorrebbe conquistare la libertà di esplorare il mondo con i suoi occhi di adolescente, coadiuvata in ciò dalla domestica di casa, sua coetanea e amica, che la spalleggia nelle liti con la madre.

Il conflitto generazionale, la conquista dell’indipendenza e dell’emancipazione femminili: sono cose che sono passate anche nelle nostre società e che si sono già viste. Ma Appena apro gli occhi prenderà presto un’altra piega. Farah per questa sua attività musicale e politica viene “attenzionata” dalle autorità. Emerge pian piano una sottile angoscia e inquietudine in quella Tunisi che avevamo considerato sinora semplicemente come un po’ arretrata rispetto ai nostri standard. Emerge un clima di sospetti reciproci, un mondo di delatori, dove si può essere spiati e intercettati, dove non ci si può fidare di nessuno. Un mondo corrotto come si vede nella scena in cui la madre elargisce una mazzetta al poliziotto per avere ciò che le serve. Anche le dinamiche del gruppo di ragazzi naïf cominciano a incancrenirsi. Nascono tensioni e si scopre come anche al loro interno sia in vigore una mentalità maschilista. Tutto degenera e si arriverà anche alle torture. La situazione sarà così ribaltata: la madre non agiva per moralismo ma per tener fuori la figlia dai rischi cui sarebbe andata incontro.

Appena apro gli occhi è un film che funziona sulla visione, come dice il titolo stesso che è anche la canzone di Farah. Gli occhi sono quelli dell’esplorazione della vita – vedi la scena in cui Farah fissa il corpo nudo del suo fidanzato dopo il loro primo rapporto – ma anche quelli che permettono di vedere oltre le apparenze. Ma gli occhi sono anche quelli che ti spiano, dei bambini che osservano di nascosto Farah e il compagno che si appartano nei vicoletti stretti della Tunisi vecchia. Un voyeurismo che è anche quello di uno stato pervasivo, che ti controlla, che non ti lascia per un istante.
Buona prova alla sua prima regia per Leyla Bouzid, figlia d’arte, del cineasta Nouri Bouzid. Appena apro gli occhi è un lavoro onesto e sincero, uno sguardo al femminile attraverso l’empatia che si crea con la ragazza protagonista, un documento di un mondo sull’orlo del collasso.

Info
La scheda di Appena apro gli occhi sul sito del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina.
Il trailer di Appena apro gli occhi su Youtube.
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