Astrópía

Delicato e divertente, Astrópía riesce a raccontare con toni leggeri l’importanza dell’amicizia e della socializzazione, anche attraverso il gioco, i fumetti, l’animazione, il cinema, il modellismo e il collezionismo. I nerd descritti da Gudmundsson solo superficialmente rappresentano un mondo a parte, ma a ben guardare rispecchiano tutti coloro che cercano nell’altro un amico, un appoggio, un compagno.

Il meraviglioso mondo delle fumetterie

Una ragazza dell’alta società deve improvvisamente cavarsela da sola quando il suo fidanzato finisce in prigione. Un negozio di fumetti cambierà la sua vita… [sinossi]

Tra le pieghe del Festival del Film di Roma, spulciando nella poco sponsorizzata sezione riservata al mercato (un po’ piccina, a dire il vero), ci si poteva imbattere in qualcosa di buono. Ottime impressioni ha destato il lungometraggio islandese Astrópía, diretto dall’esordiente Gunnar B. Gudmundsson, classe 1972. Sia detto subito che il lungometraggio del simpatico Gudmundsson è una pellicola dal budget basso e col chiaro intento di essere il classico film per tutti, ma con un sguardo a tratti sorprendente sul variopinto universo dei frequentatori delle fumetterie, dai patiti di cinema, d’animazione e non, fino ai più accaniti fan del fantasy, in tutte le sue possibili declinazioni, in primis i giochi di ruolo.

Nella messa in scena multicolore di Gudmundsson, che a più riprese strizza l’occhio al mondo dei comics, emerge poi quasi inattesa una presa di posizione sul cinema e, più precisamente sul cinema d’animazione giapponese, coraggiosa, netta e ampiamente condivisibile. Attraverso le parole del bizzarro esperto di cinema della fumetteria, centro nevralgico del lungometraggio, Gudmundsson definisce con estrema chiarezza i veri confini dell’animazione, rendendo omaggio a pellicole come Tonari no Totoro e Akira e ai maestri del Sol Levante: Miyazaki, Oshii, Ōtomo e via discorrendo. Animazione troppo spesso ignorata, a vantaggio di prodotti in computer grafica sfornati in serie – e qui siamo noi a citare i vari Madagascar, Happy Feet e compagnia. Una presa di posizione che non si ferma nemmeno di fronte alle contorte logiche distributive: Astrópía, denunciando anche certe forme di boicottaggio (film acquistati e poi volontariamente mal distribuiti: il bersaglio è l’accordo Disney-Studio Ghibli, interpretato in maniera alquanto bizzarra dalla Casa del Topo), assume i toni di un vero e proprio manifesto politico-cinematografico. Lucido e sorprendente.

Delicato e divertente, il lungometraggio d’esordio di Gudmundsson riesce a raccontare con toni leggeri l’importanza dell’amicizia e della socializzazione, anche attraverso il gioco, i fumetti, l’animazione, il cinema, il modellismo e il collezionismo. I nerd descritti dal regista islandese solo superficialmente rappresentano un mondo a parte, ma a ben guardare rispecchiano tutti coloro che cercano nell’altro un amico, un appoggio, un compagno. Astrópía mette in scena in maniera divertente e divertita i giochi di ruolo, non come fuga dalla realtà, ma come sana via per rilassarsi e stringere legami anche duraturi. Forte anche di alcune gag fulminanti (i film horror suggeriti al bimbo di sei anni sono uno spasso: «E poi c’è Cujo… ti piacciono i cani, vero?»), Astrópía è un piccolo lungometraggio che ha il grande merito di infondere una contagiosa allegria.
Cinema ai confini del mondo rispetto al nostro circuito distributivo. Speriamo vivamente che riesca ad avere un po’ di visibilità, almeno in home video.

Info
Il trailer di Astrópía.
La scheda di Astrópía Icelandicfilms.
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