Night and Day

Night and Day

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Un piccolo film – pur nella sua durata elefantiaca – che descrive l’umanità e le sue debolezze senza pretese particolari, ma con l’occhio lungo di chi sa di aver già ampiamente maneggiato la materia in passato. Night and Day non farà altro che rafforzare ulteriormente i raffronti tra il cinema di Hong Sangsoo e quello di Eric Rohmer: ma non a tutti è concesso di uscire dal campo nemico indenne.

Parigi val bene un esilio

Bam Gua Nat (questo il titolo originale, soppiantato a livello internazionale da Night and Day), ottavo lungometraggio del quarantottenne Hong Sangsoo, segna indiscutibilmente un punto di arrivo all’interno della filmografia del regista di Seul. Il suo cinema è da sempre accostato al nome di Eric Rohmer: conducono a questo apparentamento lo stile adottato, la scrittura dei dialoghi, il mood imperante e, soprattutto, il senso filosofico della vita e dell’umano progredire che le sue pellicole trasmettono. Con Night and Day Hong compie finalmente il passaggio definitivo e arriva ad ambientare un suo film a Parigi, nel cuore di quella Francia alla quale ha sempre di fatto guardato come a una patria artistica ideale. La storia che mette in piedi ha il fascino del provvisorio e del minimale che da sempre gli viene riconosciuto: un quarantenne, pittore di successo a Seul, fugge dalla Corea per paura di venire arrestato dopo essere stato scoperto a fumare marijuana, ubriaco. Si rifugia dunque a Parigi, dove entra ben presto in contatto con la multiforme comunità coreana (sud e nord qui convivono senza particolari problemi di sorta): si innamora, frequenta donne diverse, gira in maniera incessante musei e atelier, si muove per la città cercando, in maniera quasi sempre fallimentare, una sua postura per poi tornare a pensare all’adorata moglie lasciata a Seul.

Non c’è molto altro da aggiungere da un punto di vista sinottico alla sottile trama messa in piedi da Hong: il suo è un cinema che non ha bisogno di nulla per funzionare, anzi, a volte sembra sia paradossalmente vero il contrario. Quando è costretto a confrontarsi con situazioni troppo dettagliate, il suo sguardo tende a farsi meno lucido, meno profondo, meno poeticamente coerente: questo si avverte qua e là anche durante Night and Day, per fortuna solo in maniera leggera e sporadica. Altrove nel film la messa in scena arriva invece veramente a sfiorare il sublime, sia quando si sofferma in maniera aneddotica su dettagli non essenziali (il protagonista, bloccato su un marciapiede dalle riprese di un film, salva un passerotto caduto dal nido), sia quando invece affronta di petto gli snodi fondamentali della trama (la splendida sequenza della gita a Deauville in compagnia della ragazza di cui si è invaghito e che dopo tanto penare lo ricambia, destinata a concludersi in camera da letto, o il memorabile litigio con il coreano del nord durante una festa a casa di amici): si avverte in questi casi l’urgenza di un cinema elegante e delicato, mai intenzionato a guardarsi allo specchio ma semmai più interessato al contesto nel quale sta agendo il suo protagonista.

E la Parigi fotografata da Hong è una città al medesimo tempo meravigliosa e anonima, grandiosa e minimale, multiculturale e monocentrica. Un oceano nel quale il povero pittore si trova sballottato, senza scialuppa di salvataggio di sorta: l’unica soluzione è il ritorno a casa, dalla amatissima moglie, solo per scoprire che anche in Corea, nella patria venerata, i sogni possono coglierti di sorpresa.
Un piccolo film – pur nella sua durata elefantiaca – che descrive l’umanità e le sue debolezze senza pretese particolari, ma con l’occhio lungo di chi sa di aver già ampiamente maneggiato la materia in passato. Night and Day non farà altro che rafforzare ulteriormente i raffronti tra il cinema di Hong Sangsoo e quello di Eric Rohmer: ma non a tutti è concesso di uscire dal campo “nemico” indenne.

Info
Il trailer originale di Night and Day.
La scheda di Night and Day sul sito della Berlinale.
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