Bangkok Dangerous. Il codice dell’assassino

Bangkok Dangerous. Il codice dell’assassino

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Richman apporta una notevole dose di adrenalina, inserendo nello script di Bangkok Dangerous sequenze d’azione dal forte impatto visivo che i Pang trasformano in coreografie e scontri a fuoco di ottima fattura. Il loro stile sporco esalta al massimo la dinamicità prorompente che caratterizza le scene più riuscite, dove è impossibile non scorgere una serie di citazioni e omaggi a maestri come John Woo e Johnnie To.

È uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare!

Joe, un killer professionista, vola in Thailandia, per discutere su degli inacarichi che gli sono stati proposti: deve uccidere alcuni nemici di un boss. A complicare le cose, più che le difficoltà insite nel mestiere di Joe, sarà una donna, della quale lo spietato killer si innamora perdutamente… [sinossi]

Sembra ormai consuetudine per i produttori hollywoodiani pescare a piene mani dalle prolifiche cinematografie orientali, pellicole cult e potenzialmente esportabili, per dare vita a remake più o meno riusciti in lingua inglese. La filmografia in tal senso è già abbastanza ricca di titoli che spaziano dal celebrato horror nipponico all’action-thriller sudcoreano e thailandese, passando per il cappa e spada cinese e il noir hongkonghese. E se questo non bastasse, quegli stessi produttori hanno cominciato a rivolgersi sempre di più a registi e attori orientali per interpretare e dirigere film negli Sati Uniti. In questo modo importanti esponenti del cinema asiatico si sono riversati in quello a stelle strisce, portando con loro un bagaglio non indifferente di esperienza, professionalità, tecnica e talento. Così i vari John Woo, Tsui Hark, Ang Lee, Jackie Chan, Bruce Lee, Chow Yun-Fat, Jet Li, Andy Lau, Corey Yuen e I fratelli Pang, hanno finito con l’influenzare notevolmente il modo di fare e concepire il cinema americano e non solo. I gemelli Danny e Oxide Pang sono gli ultimi a essere sbarcarti in quel di Hollywood, prima con l’horror metafisico The Messengers e adesso con il remake in lingua inglese del loro primo grande successo, il noir Bangkok Dangerous, che nel lontano 1999 valse loro il prestigioso International Critics Award al Festival di Toronto. Le pellicole firmate dai Pang non sono tra l’altro nuove a rifacimenti occidentali, basta pensare infatti alla serie tratta dal loro avvincente thriller sovrannaturale  The Eye.

Con Bangkok Dangerous – Il codice dell’assassino, i due gemelli riportano sul grande schermo quello che per molti addetti ai lavori rappresenta un autentico cult difficilmente clonabile. Si trattava di un sorprendente thriller dalle atmosfere dark su un killer sordomuto alle prese con una serie di efferate esecuzioni. Tensione, ritmo incalzante, un buon parco attori a disposizione e una scrittura solida, hanno permesso all’opera seconda dei Pang di catturare l’attenzione degli addetti ai lavori e del pubblico. Riuscire quindi a bissare il successo dell’originale, attraverso un processo rischioso di attualizzazione e riscrittura, che non comportasse uno snaturamento, rappresentava la vera sfida da superare per lo sceneggiatore Jason Richman e per i due registi hongkonghesi.  Il remake a stelle e strisce, conserva intatti molti degli elementi chiave della matrice originale, a cominciare dal plot e dalle atmosfere. Bangkok resta la vera protagonista del film dei Pang, una via di mezzo tra una cloaca che fagocita tutti e tutto e un ventre materno capace di custodire tradizioni e cultura popolare. La confusione della metropoli si scontra spesso con il silenzio dei luoghi sacri e dei villaggi, dando vita a un affascinante contrasto tra la natura pacifica della Thailandia e le azioni efferate di uno spietato killer che attraversa la città lasciando dietro di sé una scia di sangue e piombo come nel Collateral di Michael Mann, con il quale il remake americano di Bangkok Dangerous ha non pochi punti di contatto (Il killer, la lista dei bersagli da eliminare, la prevalenza di scene notturne, il co-protagonista che si trova a dovere aiutare il killer a commettere degli omicidi). Il tutto è merito delle scelte scenografiche, di una fotografia notturna da applausi e soprattutto del modo in cui i due registi hanno deciso di mostrare un Paese quasi inedito, lontano dai cliché e dal pregiudizio che trasuda il più delle volte dall’immaginario comune. Quella mostrata in Bangkok Dangerous non è una città senza speranza, come viene dipinta spesso nelle pellicole firmate ad esempio da Prachya Pinkaew (Ong Bak, Chocolat…), luogo di perdizione e violenza, ma una dimensione dove il bene e il male cercano un equilibrio.

Lo script firmato da Richman cerca di esaltare al massimo le potenzialità narrative già presenti nell’originale, apportando però delle modifiche strutturali sui personaggi e sul loro sviluppo drammaturgico. Il killer interpretato da Nicolas Cage (che qui offre una discreta prova rispetto a scivoloni come il recente Ghost Rider), infatti, non è sordo e proviene dagli Stati Uniti, esattamente il contrario del personaggio del film del 1999. A essere sord è invece la farmacista locale di cui si innamora il protagonista. Le dinamiche di coppia e i momenti dialogici tra i due, caratterizzati da una incomunicabilità ancora più forte, dovuta alla non conoscenza da parte del protagonista del thailandese e della lingua dei segni, danno vita ai momenti più intensi e intimi del film. Richman a sua volta apporta una notevole dose di adrenalina, inserendo nel suo script sequenze d’azione dal forte impatto visivo, che i Pang trasformano in coreografie e scontri a fuoco di ottima fattura. Il loro  stile sporco esalta al massimo la dinamicità prorompente che caratterizza le scene più riuscite, dall’omicidio del boss sul fiume al coinvolgente epilogo, dove è impossibile non scorgere una serie di citazioni e omaggi a maestri come John Woo (il killer che spara con due pistole contemporaneamente) e Johnnie To. A non convincere totalmente è proprio questa netta separazione drammaturgica tra l’azione e la riflessione statica, che non consente al remake di eguagliare l’uniformità e la coesione narrativa dell’originale. Coesione che invece caratterizza le pellicole firmate dal già citato Johnnie To.
Lo script dunque rappresenta allo stesso tempo il punto di forza e l’anello debole dell’intera operazione: se da un lato la semplicità del plot consente una facile fruizione al pubblico, al quale vengono serviti su un piatto d’argento tutti i snodi chiave della vicenda, dall’altro il potenziale drammaturgico della storia e lo spessore dei singoli personaggi perdono gradualmente consistenza. Nonostante tutto, Bangkok Dangerous resta comunque un prodotto di intrattenimento più che sufficiente, adatto a chi ha bisogno di una buona dose di piombo e adrenalina per tirarsi un po’ su.

Info
Il trailer di Bangkok Dangerous.
Bangkok Dangerous sul canale Film su YouTube.
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