The We and the I

The We and the I

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Gondry stipa una scolaresca di liceali del Bronx in un autobus e realizza con The We and the I un film sull’esperienza umana di questi giovani adulti capace allo stesso tempo di divertire e straziare per la sua profonda sincerità.

Get on the Bus

È la fine dell’anno. Gli alunni di un liceo del Bronx salgono sullo stesso autobus per l’ultimo tragitto insieme prima delle vacanze estive. Il gruppo di adolescenti vocianti ed esuberanti, con i suoi bulli, le sue vittime e i suoi amori, si evolve e si trasforma mano a mano che il bus si va svuotando. Le relazioni si fanno dunque più intime e iniziano a rivelarsi le sfaccettature della personalità dei ragazzi… [sinossi]

Esistono una serie di imperscrutabili misteri che avvolgono The We and the I, sesto lungometraggio di finzione diretto da Michel Gondry. Il primo riguarda la sua strana collocazione all’interno del palinsesto dell’ultimo Festival di Cannes, dove il film è stato ospitato all’interno della Quinzaine des réalisateurs, sezione in cui ha trovato asilo anche il cileno Pablo Larraín con la sua ultima creatura, No. Appare incomprensibile come un’operazione essenziale, sinceramente emozionante e cinematograficamente consapevole come quella portata a termine da Gondry non abbia ricevuto dalla sua patria di appartenenza la gratificazione di concorrere per la Palma d’Oro: che si sia trattato di una piccola rivalsa nei confronti di un regista che ha preferito attraversare l’oceano Atlantico per sfidare le regole di Hollywood e dintorni? Chissà…
Quel che è certo è che The We and the I, fiammeggiante incursione nell’universo adolescenziale statunitense, avrebbe meritato di essere inserito nel concorso ufficiale della Croisette, non fosse altro per il livello tutt’altro che soddisfacente della pattuglia a stelle e strisce, eccezion fatta per Wes Anderson e (in parte) Andrew Dominik.

Il secondo mistero, meno arduo da sviscerare ma in ogni caso sorprendente, riguarda invece l’ostilità con cui finora il film di Gondry è stato accolto al termine delle sue proiezioni ufficiali: una freddezza mista a sconcerto, probabilmente soprattutto dovuta alle aspettative che la maggior parte del pubblico riversa automaticamente sui parti creativi del regista di The Green Hornet. È come se il cinema di Gondry fosse oramai cristallizzato in maniera esclusiva per la massa in Eternal Sunshine of the Spotless Mind – volgarmente conosciuto in Italia con il ben più prosaico titolo Se mi lasci ti cancello – splendente gioiello post-romantico che giocava con la prassi indie per stravolgerla dall’interno e asservirla al proprio volere.
Il percorso autoriale di Gondry, così ricco e sfaccettato da permettersi di flirtare anche con superhero in stereoscopia senza per questo abbandonare la propria indole eversiva, rimane ancora un oggetto misterioso per una buona fetta di pubblico, anche quello più cinefilo e bene intenzionato.

Dispiace davvero che a finire sulla graticola debba essere The We and the I, con il quale il geniale regista francese irrompe nel Bronx trasportando sullo schermo non una sola storia, ma un’intera scolaresca di storie! Già, perché a interpretare i protagonisti del film Gondry ha scelto gli studenti di un liceo del Bronx: quindi li ha stipati all’interno di un autobus e ha iniziato a indagare su di loro, sulle relazioni interpersonali che vengono a crearsi durante l’adolescenza e sul microcosmo delle nuove generazioni newyorchesi. Un universo proletario, agli occhi del quale anche la middle-class appare come un sogno (incubo?) pressoché inarrivabile, composto da minoranze etniche o supposte tali, e che vive di regole del tutto personali. Le regole di un’età indefinibile e continuamente in fieri, in cui anche la più sincera amicizia o l’amore meno corruttibile possono crollare nel giro di appena alcune fermate di autobus: la sincerità con cui Gondry lavora sull’esperienza umana di questi giovani adulti diverte e strazia allo stesso tempo, e la naturale empatia sprigionata dall’esercito di non attori scelti per la bisogna – in pratica ognuno dei ragazzi interpreta sé stesso, o giù di lì – spazza via qualsiasi possibile dubbio sul senso dell’operazione.

Da un punto di vista strettamente cinematografico, lo sguardo di Gondry sembra indugiare sulla new wave newyorchese degli anni Ottanta, quel cinema pulsante e fieramente anti-establishment che vide in Jonathan Demme, Spike Lee e Susan Seidelman alcuni dei cantori più mirabili. Senza mai cedere il fianco al demone della retorica, Gondry riesce a raccontare un’umanità stratificata e travolgente (oltre che travolta a sua volta da un mondo tonitruante e chiassoso) e allo stesso tempo a fissare sullo schermo un’istantanea brillante della Grande Mela, o per lo meno di una porzione di essa: con alle spalle un budget a dir poco esiguo che non gli impedisce comunque di abbandonarsi a svisate puramente surreali e folli, come il sogno a occhi aperti di Big Raymond, con la sua allucinazione di yacht in locali notturni d’alto bordo. E anche la reiterazione ai limiti della catatonia del video che i ragazzi si passano via cellulare sul bus (con il loro compagno di scuola Elijah che scivola sul burro entrando in una stanza, e che rappresenta a suo modo una sottotraccia della trama del film) racconta senza bisogno di alcuna esasperazione la generazione attuale e il suo spasmodico bisogno di comunicare.
Un piccolo gioiello di pura invenzione narrativa che non disdegna la realtà: la speranza è che non venga disertata la sua distribuzione nelle sale italiane, come finora sembra profilarsi all’orizzonte. Sarebbe davvero criminoso.

Info
Il trailer di The We and the I su Youtube.
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