La cuoca del presidente

La cuoca del presidente

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Nonostante le potenzialità di un’opera simile, La cuoca del presidente si limita a inanellare una serie di siparietti ora comici ora drammatici, con l’intento di far risaltare il personaggio di Hortense, donna forte e sincera del tutto disabituata a qualsivoglia compromesso con chicchessia. Davvero un po’ troppo poco.

Tutto fa brodo

Hortense Laborie è una cuoca rinomata che vive nel Périgord. Con sua grande sorpresa, il Presidente della Repubblica la nomina responsabile della sua cucina personale all’Eliseo. Nonostante le gelosie degli chef che operano nelle cucine principali del Palazzo, Hortense riesce a imporsi grazie al suo carattere forte e alla sua tempra. La genuinità della sua cucina sedurrà in poco tempo il Presidente, ma  quello che accade dietro le quinte, nelle stanze del potere, le creerà molti ostacoli… [sinossi]

La storia del cinema trabocca letteralmente di film incentrati su figure “laterali”, secondarie nella vita politica di questa o di quella nazione; uomini e donne semplici che hanno svolto un ruolo importante a fianco dei potenti della Terra senza che nessuno ne serbi in alcun modo la memoria. A volte si possono scoprire piccoli gioielli inaspettati, la maggior parte delle volte bisogna invece prepararsi a un profluvio di retorica e sentimenti dozzinali. A fronte di un discorso siffatto appare davvero difficile riuscire a maneggiare con la dovuta attenzione un’opera come La cuoca del presidente (adattamento non particolarmente memorabile dell’originale, e non troppo più efficace, Les saveurs du Palais, i sapori del Palazzo), ottavo lungometraggio diretto da Christian Vincent, e il primo dai tempi della dimenticabile commedia sentimentale Hotel a cinque stelle, anno domini 2006. La storia che Vincent porta sullo schermo – sua è anche la sceneggiatura, scritta a quattro mani con Etienne Comar – è ispirata alla vera vicenda di una donna che fu per due anni, dal 1988 al 1990, la cuoca personale del Presidente della Repubblica francese François Mitterand. Dieci anni dopo aver lasciato l’incarico, la donna si imbarcò in un’altra avventura ai limiti del surreale, andando a cucinare per gli operai di una stazione francese situata nell’arcipelago sub-antartico che comprende le Isole Crozet.

Ed è proprio nelle fredde lande dell’Oceano Indiano Meridionale che prende il via La cuoca del presidente: Hortense Laborie è infatti impegnata nel suo penultimo giorno di lavoro prima di prendere la via del ritorno e riconquistare la sua esistenza nell’amato Périgord, quando sull’isola arriva una piccolissima troupe televisiva australiana, composta dal cameraman e da una giornalista. Quest’ultima nota tra tutti proprio Hortense e, affascinata dai suoi modi e dai racconti degli operai, decide di renderla protagonista di un’intervista: la ragazza ignora però le strenue resistenze che la cuoca opporrà, del tutto decisa a non rendere partecipe nessuno delle memorie riguardanti il lasso di tempo durante il quale lavorò all’Eliseo. Una serie di flashback renderà noto agli spettatori del film ciò che Hortense non racconterà mai alla giornalista…

Sulla carta La cuoca del presidente aveva tutte le potenzialità per mantenere un sano equilibrio tra il desiderio di raccontare la normalità di una donna come Hortense e la necessità di far filtrare attraverso i suoi occhi e il suo lavoro in cucina le contraddizioni e i paradossi burocratici della democrazia transalpina: peccato che Vincent perda quasi da subito di vista l’obiettivo primario della pellicola. In questo modo il film abbandona i retroscena del potere francese concentrando la propria attenzione solo ed esclusivamente su Hortense e sulla sua dedizione alla causa, quella di cucinare con la massima solerzia e professionalità piatti sempre nuovi e gustosi, recuperando e adattando le ricette proprie della vita contadina francese. Non viene dunque mostrato altro se non la quotidianità di una vita passata con un unico scopo, quello di solleticare l’appetito del Presidente e dei suoi ospiti: Vincent non sembra preoccuparsi di tutto ciò che finisce inevitabilmente per rimanere fuori dal film, la vita politica e sociale, la gerarchia di potere, lo scontro di classe – seppur mai palesato – e così agendo smarrisce di fatto il bandolo della matassa.

La cuoca del presidente si limita a inanellare una serie di siparietti ora comici ora drammatici, con l’intento di far risaltare ulteriormente il personaggio di Hortense, donna forte e sincera, del tutto disabituata a qualsivoglia compromesso con chicchessia. In un profluvio di portate culinarie a dir poco ardite e (alla vista) gustose, il film scivola via senza che i personaggi vivano la benché minima trasformazione, o siano costretti a rileggere la propria vita sotto un altro punto di vista. Un percorso lineare che finisce ben presto per diventare stucchevole e ripetitivo, appesantendo ulteriormente il racconto. A salvare la barca dall’affondamento è proprio l’interpretazione di un’ottima Catherine Frot e, in proporzione minore, lo splendore di una serie di piatti di fronte ai quali sarebbe davvero difficile non lasciarsi andare a mangiate pantagrueliche. L’esatto opposto di un film esangue, quasi anoressico nella sua volontaria essenzialità narrativa. Un onesto prodotto medio di cui nessuno, di qui a poco tempo, serberà memoria, lo stesso destino di una cuoca che lavorò nel caldo protettivo di una cucina per il Presidente della Francia..

Info
La cuoca del presidente, il trailer.

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