Septic Man

Septic Man

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Nel terzo lungometraggio di Jesse T. Cook, Septic Man, un uomo imprigionato in una fossa settica vive le terribili mutazioni del suo fisico. Dal Ravenna Nightmare 2013 un horror affascinante e inquietante, per quanto non privo di lungaggini e perdite di ritmo.

L’uomo nella fossa

Le acque della cittadina di Collingwood, in Ontario, sono contaminate da uno sconosciuto agente patogeno. Gli abitanti vengono evacuati, tranne Jack, un operaio addetto alla depurazione assoldato da un misterioso uomo per risolvere la situazione. Ma Jack cade in una fossa settica, e il suo corpo inizia a mutare… [sinossi]

I cineasti canadesi dediti all’horror non possono inevitabilmente prescindere dall’esperienza autoriale di David Cronenberg. Non si tratta solo di una (pur comprensibile) forma di “sudditanza” nei confronti del più apprezzato e celebrato regista della nazione nordamericana, ma semmai di una naturale propensione a intessere le proprie trame narrative sul disturbante immaginario visivo cronenberghiano. Dopotutto titoli come Shivers e Rabid rappresentano un punto di svolta determinante per l’intero panorama dell’horror mondiale, momento in cui gli ectoplasmi gotici e i demoni della mente lasciano spazio alla riflessione sulla mutazione corporea come riflesso della dispersione dell’io: il segno impresso da Cronenberg sul body horror travalicherà i confini nazionali, trovando corrispondenza d’amorosi sensi tanto in occidente (Society di Brian Yuzna, Slither di James Gunn) quanto in oriente (il cinema di Shinya Tsukamoto, Organ di Kei Fujiwara) fino ad arrivare a opere contemporanee come il disturbante dittico che l’olandese Tom Six ha dedicato a The Human Centipede.

Anche il giovane Jesse Thomas Cook, giunto con Septic Man alla sua terza incursione dietro la macchina da presa dopo Scarce (2008) e Monster Brawl (2011), volge lo sguardo con insistenza dalle parti del body horror, anche se nella storia dell’addetto alla depurazione delle acque costretto a vivere in una fossa settica fino a vedere il proprio corpo contaminato in maniera irreparabile dal liquame in cui si ritrova a sguazzare, è possibile leggere i riferimenti più disparati. La traccia (labilmente) ecologica della trama, con il “male” che proviene dagli scarichi industriali, sembrerebbe ammettere perfino rimandi ai kaiju eiga, i film di mostri giganti tipici della produzione popolare nipponica, mentre la forma assunta dal derelitto Jack (che accetta l’infame incarico sperando in una chimera economica in grado di sistemare per sempre lui, la sua consorte incinta e il loro futuro figlioletto) fa venire in mente i deliranti monster-movie della Troma. Allo stesso tempo Cook sembra affascinato anche dagli slasher-movie dell’ultimo quarantennio: gli squinternati fratelli che vorrebbero morto Jack (ovvero un gigante con poco sale in zucca soggiogato dal crudele e muto Lord Auch, un segaligno che si lima i denti con un machete affamato di carne umana) escono direttamente dagli incubi della Hollywood non pacificata degli anni Settanta, un po’ Leatherface – e non manca in effetti una sega elettrica – un po’ Papa Jupiter.

In questo bailamme di rimandi la sceneggiatura di Tony Burgess (romanziere già al lavoro, con risultati assai superiori, sullo script dell’ottimo Pontypool di Bruce McDonald) finisce ben presto per girare a vuoto, stordita da un numero di personaggi e di citazioni con ogni probabilità eccessivo per un’opera al contrario che dovrebbe fare del minimalismo narrativo la propria caratteristica dominante. Le disavventure dell’uomo settico abbandonano dunque fin troppo presto la riflessione sulla mutazione corporea, relegandolo a mero effetto speciale, anche se è proprio sulla macerazione progressiva della carne – e dell’umanità – di Jack che si concentrano le intuizioni migliori del film, a partire dai suoi monologhi/dialoghi con i cadaveri che affollano la fossa in cui si ritrova ingabbiato. Il già accennato squilibrio narrativo è prodotto dalla propensione affabulatoria di un regista che non si pone alcun freno: le sequenze appaiono dunque spesso completamente scollegate tra di loro, come se si stesse assistendo a una serie infinita di storie a se stanti, connesse tra di loro solo grazie alla presenza del personaggio principale. Travolto dall’ansia spasmodica di dover abbandonare alcuni dei suoi personaggi (notevole il cast che mette insieme Jason David Brown, Robert Maillet, Tim Burd, Julian Richings e un sulfureo Stephen McHattie nella parte del sindaco), Septic Man finisce per perdere in spessore e intensità, tra passaggi assai apprezzabili e situazioni ben più ristagnanti. E, mentre le immagini che compaiono sui titoli di coda ipotizzano un sequel dalla svolta narrativa decisamente interessante, permane il dubbio che si tratti solo di un giochino a uso e consumo dell’effetto meramente scopico e della ricerca del disgusto fine a se stesso…

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Il trailer di Septic Man.

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