The Second Game

The Second Game

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In The Second Game Corneliu Porumboiu rivede insieme al padre, all’epoca arbitro di serie A, il sentito derby Steaua-Dinamo del 1988, con il padre del regista in campo con la giacchetta nera. Nella sezione Forum alla Berlinale 2014.

Il derby innevato

Una storia a prima vista fin troppo semplice: il regista e suo padre guardano insieme una partita di calcio del 1988, che il padre ha arbitrato, con il loro commento che accompagna le immagini televisive originali in tempo reale. Le due squadre più forti della Romania, Steaua e Dinamo, si affrontano su un campo reso pesante da un’abbondante nevicata… [sinossi]

Può una partita di calcio rappresentare qualcosa di più universale del semplice scontro fisico tra ventidue giocatori impegnati a rincorrere e gestire una palla? Può la stessa partita elevarsi a visione di puro cinema, tra le più interessanti di una selezione alla Berlinale che continua a lasciare ben più di un dubbio anche ora che la fine del festival si sta approssimando? Può infine una partita di calcio di ventisei anni fa raccontare anche qualcosa di un paese e di un’epoca storica che sembrano essersi volatilizzati come neve al sole, magari la stessa neve che rese quasi impraticabile il campo dello Stadionul Dinamo?
A tutte queste domande risponde in maniera affermativa The Second Game (Al doilea joc il titolo originale), nuova creatura cinematografica partorita dalla fervida mente di Corneliu Porumboiu, forse il più ambizioso e maturo regista della “nuova onda” del cinema rumeno. I motivi che spingono Porumboiu a confrontarsi direttamente con un Dinamo-Steaua del 1988 sono personali: quel giorno, ad affrontare insieme le intemperie di una nevicata copiosa che rese il prato ai limiti dell’impraticabilità vi era infatti l’arbitro Adrian Porumboiu, padre del regista che visse una carriera di alto livello nella Liga I rumena, l’equivalente della serie A nostrana.

L’operazione condotta da Corneliu Porumboiu è a dir poco originale: sullo schermo passano le immagini integrali della partita, mentre fuori campo le voci di padre e figlio le commentano, ragionando tanto sullo sviluppo della contesa quanto sulle evoluzioni storiche e politiche di una nazione come la Romania che rispetto a ventisei anni fa è cambiata in maniera radicale. Nel 1988 infatti al potere c’era ancora Nicolae Ceaușescu, il muro di Berlino era ancora in piedi e il Patto di Varsavia, nonostante le crepe tutt’altro che invisibili, non era ancora sul punto di sgretolarsi. La Steaua e la Dinamo, le due principali squadre di calcio di Bucarest (insieme mettono in bacheca 42 titoli di campione di Romania e 34 coppe nazionali), erano all’epoca del regime di Ceaușescu rispettivamente in mano all’esercito e alla polizia segreta, a dimostrazione di quanto lo sport rappresentasse solo una delle forme di controllo del potere centralizzato.
Durante i novanta minuti, combattuti più da un punto di vista fisico che tecnico, date le proibitive condizioni ambientali (il padre di Porumboiu sentenzia che ciò avrebbe dovuto favorire nettamente la Dinamo, considerato il buon numero di fuoriclasse presenti nella Steaua), padre e figlio hanno modo di dialogare, creando un contrasto spesso straniante con le immagini che prendono vita sullo schermo.
Immagini che a loro volta parlano di un’epoca lontana, con la qualità da vhs martoriato da eccessive (re)visioni e tattiche di gioco oramai bandite dai campi di calcio di tutto il mondo (il rinvio dal fondo affidato allo stopper e la possibilità per il portiere di raccogliere con le mani i retropassaggi dei compagni, anche quelli effettuati con i piedi, tanto per fare un paio di esempi): The Second Game apre il fianco, infatti, a un’inevitabile riflessione sulla visione, sul senso che questa acquista al di là del tempo.

Come afferma sempre il padre del regista, a chi può interessare una partita di ventisei anni fa? Chi può provare anche la minima emozione nel seguire le fasi di gioco di ventidue calciatori resi oramai anonimi in un universo (come quello sportivo) in continua mutazione? Persino geni puri del calcio come Gheorghe Hagi appaiono solo come uno dei tanti in campo, impegnati più a riuscire a rimanere in piedi che a costruire trame di gioco. Bizzarro esempio di cinema che nega quasi tutte le basi dello stesso – a partire dalle immagini di una ripresa televisiva –, The Second Game è un oggetto misterioso e affascinante, evocativo e divertente, unico e impossibile da replicare. Proprio come una partita di pallone…

Info
La scheda di The Second Game sul catalogo della Berlinale.
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