La Sapienza
di Eugène Green
Il cinema di Eugène Green si perpetua, eternamente uguale a se stesso. La conferma viene anche da La Sapienza, il suo ultimo film presentato in concorso a Locarno e selezionato al TFF 2014.
L’ultimo dei caldei
A 50 anni, l’architetto di origini svizzere Alexandre Schmidt ha ormai alle spalle una brillante carriera, ma comincia a nutrire dei dubbi sul senso del proprio lavoro. La moglie Aliénor, dal canto suo, è abitata dalle stesse inquietudini circa il proprio mestiere di specialista del comportamento nei contesti sociali svantaggiati. I due coniugi, tuttavia, sono divisi da un muro di silenzio. Alexandre, che da sempre desidera scrivere un testo sull’architetto barocco Francesco Borromini, decide di partire per un viaggio in Ticino e poi a Roma, e Aliénor sceglie di accompagnarlo. A Stresa, dove trascorre qualche giorno, la coppia fa la conoscenza di due adolescenti, fratello e sorella. Lui sta per iniziare a studiare architettura mentre la ragazza soffre di una strana malattia nervosa. Aliénor decide di trattenersi per prendersi cura della ragazza e di regalare un viaggio di studio al ragazzo, che Alexandre si vedrà costretto a portare con sé a Roma… [sinossi]
Nel corso di questi giorni di Festival a Locarno, tra una presenza in sala e un caffè, non è rado imbattersi in accreditati impegnati a discutere de La Sapienza, il nuovo film diretto da Eugène Green e ospitato all’interno del concorso ufficiale della kermesse ticinese. Solitamente non si tratta di uno spunto dialettico tra opposte fazioni di pensiero, ma di una distruzione di chirurgica precisione del cinema del regista parigino, spesso etichettato come inessenziale, superfluo, falso, pregno di un intellettualismo fine a se stesso.
Green non è dopotutto un regista con cui è facile confrontarsi: spesso accompagnati da una messa in scena ispida e volutamente elitaria, i suoi parti creativi ondeggiano sempre in bilico sul crinale che divide la disquisizione dotta dal semplice sensazionalismo intellettuale. Letto in quest’ottica La Sapienza potrebbe addirittura ambire a ricoprire il ruolo di manifesto programmatico della poetica di Green: nella storia della crisi di coppia che investe Alexandre e Aliénor, affrontata attraverso la divisione fisica e mentale (lei rimane a Stresa per poter guarire attraverso chiacchierate in francese una ragazza malata di “spossatezza”, lui parte alla volta di Roma con il fratello della giovane, per dialogare in italiano sull’architettura del Borromini), si nasconde in effetti a ben vedere il senso ultimo del suo cinema, la lettura di un sentimento letta attraverso la lente deformante dell’arte.
Non si può negare che La Sapienza indugi con troppa facilità su schematismi e scarti comici francamente poco difendibili – il siparietto con il turista australiano a Roma è scritto in maniera a dir poco deplorevole, sfondando il muro del bozzettismo più becero e razzista – e appare evidente come Green insegua senza poter ambire neanche lontanamente al raggiungimento della meta ipotesi di messa in scena e di visione su cui ha costruito la propria statura autoriale Manoel de Oliveira, eppure l’impressione è che nascosta tra le varie debolezze de La Sapienza vi sia anche il germe di un cinema ben più sincero, appassionato e interessante.
Fermarsi all’immobilismo degli interpreti – dichiarata forma di straniamento che funziona solo con gli attori in grado di reggerne l’impianto, come Fabrizio Rongione – o alla ben poco sottile sovrapposizione tra le vicessitudini umane del Borromini e quelle del protagonista impedisce forse di riconoscere i pur visibili meriti di un’opera imperfetta ma assai meno disastrosa di quanto voglia la vulgata generale. La sequenza in cui compare lo stesso Green nel ruolo dell’ultimo dei caldei è, per esempio, una piccola gemma schizoide e impazzita, densa di significato e di umano pathos; allo stesso tempo sarebbe ingiusto glissare sull’autoironia che pervade l’intera narrazione, e sulla felice intuzione di alcuni dialoghi.
Dopotutto il cinema di Eugène Green si perpetua eternamente uguale a se stesso, tra affermazioni apodittiche (“gli spazi non sono altro che vuoti, che bisogna riempire di luce, e di gente”), citazioni colte e scivolate di cattivo gusto. Certo è che La Sapienza non è il nadir del suo cinema, anche se questa non può essere considerata una consolazione…
Info
La Sapienza sul sito del Festival di Locarno.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: La Sapienza
- Paese/Anno: Francia, Italia | 2014
- Regia: Eugène Green
- Sceneggiatura: Eugène Green
- Fotografia: Raphael O'Byrne
- Montaggio: Valérie Loiseleux
- Interpreti: Arianna Nastro, Christelle Prot, Clément Cogitore, Elisabeth Pelon, Eugène Green, Fabrizio Rongione, Gilles Tonnelé, Hervé Compagne, Irene Fittabile, Jon Firman, Ludovico Succio, Maria Chiara Malta, Mario Bois, Michele Franco, Nathalie Chazeau, Sabine Ponte, Sébastien Borghi, Sébastien Laudenbach
- Colonna sonora: La sarraz, MACT Productions
- Durata: 107'