Il profeta

Il profeta

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In dvd per CG Home Video uno dei tanti film realizzati dalla coppia Vittorio Gassman-Dino Risi, su sceneggiatura di Ettore Scola e Ruggero Maccari. Un Risi minore, che piega elementi costitutivi della sua commedia a una conclamata logica di sfruttamento industriale.

Pietro Breccia ha da tempo deciso di abbandonare la civiltà e diventare un eremita, lasciandosi alle spalle tutte le contraddizioni ed ipocrisie della vita moderna e del consumismo. Da anni vive solo sul Monte Soratte, nei pressi di Roma, ma un giorno la sua tranquillità viene interrotta dall’arrivo di una troupe televisiva che fiuta lo scoop. Da quel momento non c’è più pace per il povero Pietro, che viene anche costretto a scendere a Roma, poichè l’improvvisa notorietà lo ha messo di fronte ad anni di mancato pagamento delle tasse durante il suo eremitaggio. [sinossi]

Dino Risi è stato probabilmente il nostro miglior narratore cinematografico del boom economico anni Sessanta. Graffiante, aggressivo, e nelle sue opere migliori capace di mantenere nei suoi personaggi un filo di umanità in grossa difficoltà, combattuta tra una vita sempre più superficiale, stracolma di status symbol e la tensione a una diversa dimensione spirituale. La fortuna de Il sorpasso risiedeva in questo, nel contrasto tra l’esuberanza di Bruno Cortona (che pure conservava venature molto amare) e l’introversione di Roberto Mariani. In forme prettamente comiche (I mostri) o di commedia sociale (Il sorpasso, Il Gaucho, l’episodio contenuto in I complessi, L’ombrellone, Il tigre) in qualche modo lo sguardo lucido e arrabbiato su un panorama antropologico nazionale in profonda e rapidissima trasformazione è diventato il marchio di fabbrica inconfondibile di Dino Risi e dei suoi fedeli sceneggiatori Ettore Scola e Ruggero Maccari.
Nel volgere di pochi anni, quel tipo di approccio al reale si è tramutato non solo in una costante stilistico-narrativa a rischio di maniera, ma anche in materia industriale immediatamente monetizzabile, nell’ordine di un’iteratività produttiva sempre più stilizzata, nei casi peggiori scarnificata.

E’ quel che succede un po’ in Il profeta (1968), riproposto in dvd da CG Home Video, opera che giunge per ultima in una cavalcata decennale che si è svolta idealmente tutta a bordo della Lancia Aurelia de Il sorpasso. Da quella macchina Dino Risi non è più sceso per tutti gli anni Sessanta, e qualche volta ci è salito di nuovo anche nei decenni successivi. Il sodalizio con Vittorio Gassman, la sfrontatezza consumistica dei suoi personaggi tracotanti, il vagare su e giù per un paese in trasformazione, costituiscono una sorta di unico percorso, che quasi sempre prende la forma del viaggio, dello spostamento, dello smarcarsi dalle proprie certezze acquisite tramite il confronto con l’ignoto/nuovo. Il profeta affonda decisamente nel tessuto del suo tempo, e non tanto per la vicenda narrata, ma anche per lo stile, per gli elementi figurativi, per l’estetica. La Lancia Aurelia di Dino Risi viaggia per l’Italia e ne registra i mutamenti anche sul piano delle mode audiovisive. Così Il profeta inizia su titoli di testa animati, coloratissimi e sgargianti, commentati da un motivetto di Armando Trovajoli, esso stesso marca insostituibile della musica italiana per film di quegli anni. Sono gli anni dell’esplosione pop in tutto il mondo, che assume tratti specifici anche per la nostra cultura e il nostro cinema.
Nei titoli di testa animati di molto cinema anni Sessanta italiano è facile ravvisare somiglianze con la nascente cultura di “Carosello” e con la sua estetica. Dino Risi ne coglie la sostanza e innerva tutto il suo film di quei colori, di quella fotografia tutta a colori primari, senza ombre e contrasti cromatici. Ne è prova anche la scelta degli abbigliamenti, che da un lato si sintonizzano sulla materia narrata (la vicenda è strettamente connessa ai cambiamenti sociali della fine degli anni Sessanta in chiave satirica), dall’altro rispondono a mode visive del tempo. Basti vedere la tunica esibita da Gassman nel prefinale: un monumento al cattivo gusto d’epoca. Ma anche tutto l’armamentario esibito da Ann-Margret, e da molte figure femminili nella lunga sequenza del ricevimento a casa dell’industriale.

Il profeta è il racconto esile esile di un travet che ha abbandonato lavoro e famiglia per fuggire in isolamento sulle montagne dalla società dei consumi. Richiamato a Roma per un processo giudiziario, finisce lentamente e inesorabilmente riassorbito dal sistema, passando in primo luogo tramite la cassa di risonanza dei mass-media e della società dello spettacolo. E’ la sua eccentricità a colpire la televisione, i giornali, e a essere piegata alle logiche dell’esibizione spettacolare della diversità. Sicuramente un soggetto profetico di nome e di fatto, dal momento che nella parabola esemplare di Pietro Breccia è immediato rintracciare logiche ben oliate della nostra televisione odierna: una costante esibizione di freak, nani e ballerine riassorbiti nella logica dello stupore borghese. Anche ne Il profeta si ritrovano costanti della poetica risiana, a cominciare dalla struttura frammentata ed episodica, che però stavolta sembra spesso trascinarsi stancamente da una parentesi all’altra in evidente crisi di idee. Lo stesso Dino Risi non rievocava volentieri questo film, e se ne capiscono le ragioni. Appartiene in tutto a una sorta di cristallizzazione industriale di una maniera vincente di fare cinema, prosciugata nei suoi elementi fondanti e riproposta con minore ispirazione.
Un attore istrionico che invade ogni spazio narrativo, uno spunto ai limiti della barzelletta per irridere di nuovo la nuova società dei consumi, una coppia collaudata di sceneggiatori, un regista affermato, un produttore che ha sempre badato al sodo (Mario Cecchi Gori): elementi-cardine di un cinema italiano che poteva permettersi di ragionare in termini prettamente manageriali. Il pubblico sarebbe corso a prescindere, attirato da Gassman, a cui tra l’altro veniva affiancata da Risi per la seconda volta consecutiva (dopo Il tigre) una smagliante Ann-Margret. Probabilmente i buoni risultati del primo film avevano dato vita a un secondo film “a traino”. Come accadeva spesso nei prodotti di vaglia di quegli anni a sfruttamento massivo in chiave industriale, scritti e realizzati rapidamente, Il profeta è così capace di assemblare ottimi momenti a rovinosi scivoloni.

Basti pensare al bel momento in prefinale quando Pietro scopre come è stato rimanipolato dalla televisione in fase di montaggio uno dei suoi gesti eclatanti e non-allineati. Pietro sale in cima a un palazzo antico per protesta e i pompieri lo traggono in salvo; tramite il montaggio il pompiere passa a Pietro un’enorme scatola di pasta, prodotta da uno degli industriali che hanno vivacizzato i propri salotti e ricevimenti tramite la presenza del “profeta”. Poco dopo, il mutamento di Pietro è sottolineato da una finezza di scrittura. Arrivato a Roma percorrendo 40 chilometri a piedi, Pietro sul finale, deciso a tornare sulle montagne, s’informa sul prezzo dell’autobus. Ma a fronte di brani in cui le ottime qualità di Risi, Scola e Maccari riemergono salde e indistruttibili, troviamo anche momenti molto infelici e stonati, decisamente poco divertenti. La parentesi nella comunità degli hippy, e la lunga sequenza del ricevimento a casa dell’industriale tradiscono un gusto per la macchietta superficiale e fine a se stessa, a cui probabilmente non giova il passar del tempo, che ci restituisce una comicità rapidamente invecchiata. Ridotta ai suoi minimi termini per scopi industriali, la lettura risiana della commedia all’italiana finisce anzi per rivelare la sua natura per lo più goliardica, anti-ideologica a prescindere e per questo un po’ qualunquistica. Il profeta Pietro Breccia somiglia molto alla commedia che lo racconta. Si è ritirato sulle montagne, ma secondo una protesta reazionaria. Non rifiuta infatti soltanto la deprecabile società dei consumi, bensì tutto ciò che è eccentrico, diverso, fuori dalle righe. Schifa gli hippy e tenta di ricondurli alle proprie famiglie, e sembra sostanzialmente cercare il più classico degli amori romantici. Come la commedia che lo contiene, per l’appunto: che irride tutto e tutti senza fare un discorso, senza riflessioni o “idee del mondo”, seguendo una spinta goliardica e infantile. Non tutta la commedia all’italiana è stata così, e nemmeno tutto il cinema di Dino Risi. All’estremo opposto, basta pensare cosa è stato capace di fare, pur lavorando spesso su materiali narrativi molto simili e con la stessa coppia di sceneggiatori, un autore come Antonio Pietrangeli.

Info
Il dvd non contiene extra.
La scheda di Il profeta sul sito della CG Home Video.
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