Last Summer

Un’opera prima che viaggia su una flebile trama mistery, incastonata in un Kammerspiel marinaresco che imbarca acqua. Tutto questo è Last Summer di Leonardo Guerra Seràgnoli. Al Festival di Roma nella sezione Prospettive Italia.

Per quest’anno non cambiare, stessa barca stesso mare

Una giovane donna giapponese ha quattro giorni per dire addio al figlio di sei anni, di cui ha perso la custodia, a bordo dello yacht della facoltosa famiglia occidentale dell’ex-marito. Sola con l’equipaggio, che ha il mandato di sorvegliarla a vista, la donna affronta la sfida di ritrovare un legame col bambino prima di doversene separare per molti anni. [sinossi]

Se cinematograficamente parlando il titolo Last Summer vi ricorda qualcosa, sappiate che non si tratta né del coming-of-age di Frank Perry del 1969, tantomeno del Rom-Drama post-adolescenziale del 2013 di Mark Thiedeman, bensì dell’opera prima di Leonardo Guerra Seràgnoli, recente produzione nostrana presentata nella sezione Prospettive Italia alla nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma e nelle sale a partire dal 30 ottobre con Bolero. Il regista romano, formatosi registicamente tra gli Stati Uniti e Londra, passa alla lunga distanza dopo una proficua gavetta in quella breve che l’ha visto impegnato in una serie di cortometraggi, ma il risultato non è altrettanto incoraggiante.

Seràgnoli firma un dramma psicologico che viaggia drammaturgicamente su una flebile e incerta trama mistery che resta cristallizzata e involuta. Sorta di Kammerspiel marinaresco che non fa altro che imbarcare acqua, Last Summer si presenta allo spettatore come una partita a scacchi giocata sul filo dei nervi e del sospetto, che coinvolge una madre, suo figlio e l’equipaggio di uno yacht. Una partita condotta con il piede pigiato dal primo all’ultimo fotogramma utile sul pedale del freno, con una graduale decelerazione nel ritmo della narrazione che dilata in maniera eccessiva i tempi del racconto, rendendo la fruizione particolarmente faticosa. Ne scaturisce una tensione latente che se da una parte accumula suspense, creando attesa, dall’altra allontana lo spettatore che con lo scorrere dei minuti inizia a maturare una perdita di interesse nei confronti degli eventi e dei personaggi coinvolti.

Con un palleggio continuo tra l’in e l’out, tra l’interno e l’esterno della costosa imbarcazione, il regista destruttura lo spazio asettico e alienante, lo scompone in tanti micro-ambienti dove vanno in scena gli intrighi sotterranei del plot. Ed è proprio questa gestione dello spazio e il rigore formale che si materializza attraverso una geometrica composizione del quadro, a offrire i pochi spunti interessanti dell’intera operazione. Ciò non basta però a tenere a galla una barca che con tutto il suo carico non può fare altro che affondare sotto il peso di un’operazione nata sotto una buona stella, vista la partecipazione in fase di scrittura di una firma prestigiosa come quella di Banana Yoshimoto, ma che si rivela purtroppo nient’altro che una stella cadente.

Info
Il trailer del film su Youtube
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